Lavoro

La sala è straripante, il clima (ci sia concesso il termine) è sull’incazzato andante. A occhio, circa centocinquanta persone che hanno deciso di fermarsi dopo una giornata di cantiere per conoscere il loro futuro auspicato dal padronato. Presenti operai giovani e anziani in ugual misura, tutti con una caratteristica comune: sono gessatori. Nonostante l’evoluzione tecnica, resta un mestiere fisicamente logorante, la cui opera è fondamentale nell’arte edile odierna.


Nella sala colma, i sindacalisti devono urlare affinché tutti possano ascoltare la “proposta” padronale del rinnovo del contratto collettivo cantonale, in scadenza a fine anno. La ricetta padronale per mantenere il profitto nella guerra dei prezzi da loro scatenata è semplice: abbassare le paghe e peggiorare le condizioni di lavoro dei dipendenti. Non è originale né innovativa. La praticano da tempo. Una su tutte, giocando al ribasso nelle qualifiche degli operai. Oggi metà dei 1.500 lavoratori attivi nel ramo sono classificati nella categoria più bassa, quella di manovale, cioè un lavoratore senza alcuna esperienza professionale. Solo qualche anno fa, sei per la precisione, i manovali erano meno di un terzo. Assumendo personale con esperienza che garantisce una buona produttività pagandolo come un manovale consente all’azienda di “risparmiare” tra i 15.000 e i 20.000 franchi per un solo dipendente ogni anno. Moltiplicatelo per settecento manovali, avrete una stima del lucro padronale. Evidentemente non gli basta. Per contrastare il dumping delle classificazioni, i vertici dell’associazione padronale del gesso propongono di introdurre una categoria inferiore al manovale, il garzone. 600 franchi di paga in meno rispetto al manovale. «Quindi invece di manovale mi metteranno garzone» commenta uno dei presenti in sala. «E ti tocca continuare a fare il gessatore» gli fa eco un secondo, provocando una risata amara nella sala.  


L’introduzione di una classe salariale inferiore al manovale va decisamente in controtendenza rispetto ad altri rami dell’edilizia secondaria. Piastrelle, vetrai o posa pavimenti sono settori in cui i partner contrattuali hanno deciso di abolire la categoria del manovale perché coscienti che era diventata uno strumento di dumping. Nel gesso, invece, il padronato propone non di abolirla, ma raddoppiarla.


Quella del “garzone” è solo una delle trovate dell’Associazione ticinese mastri gessatori e plafonatori (Atmgp) contenuta nella proposta di rinnovo del Ccl. Le più “fantasiose” – del tipo la riduzione del 10% dei salari a tutti – sono state abbandonate. Per poi riapparire sotto altre forme, vedi l’indennità trasferta. Nel contratto attuale gli operai hanno diritto a 1,40 l’ora per il pasto, mediamente poco più di una decina di franchi giornalieri. Inoltre il tempo di trasferta dalla sede dell’impresa al cantiere dovrebbe essere retribuito. L’associazione padronale propone di abolire l’indennità pranzo e di pagare la trasferta solo quando la distanza tra sede e cantiere supera i 50 chilometri. Per fare un esempio, il dipendente della Cpr di Giancarlo Bonifaccio, presidente dell’associazione di categoria che viaggerà un’ora da Barbengo al cantiere di Locarno non avrà diritto a nessun rimborso perché percorre 45 chilometri per arrivare. Con la proposta padronale, il dipendente si vedrebbe sparire di colpo dalla sua busta paga circa 200 franchi d’indennità pasto e il pagamento del tempo di trasferta. Una decurtazione che supera il 5 per cento circa.
Per tornare alla sala straripante, il dovere di cronaca impone sia riferita la decisione assembleare. La proposta padronale «è respinta e rimandata al mittente per espresso» come ha riassunto uno degli operai presenti.


Nei giorni successivi i vertici dell’associazione padronale hanno formalmente disdetto il contratto collettivo di lavoro. Ciò consente alle organizzazioni sindacali di poter organizzare giornate di mobilitazione. In questi giorni i funzionari sindacali stanno visitando tutti i cantieri per consultare i gessatori su quali misure adottare, dopo averli informati della disdetta del Ccl. Una disdetta padronale che fa ancor più arrabbiare gli operai, perché il vuoto contrattuale potrebbe far saltare il prepensionamento a 62 anni nel giro di pochi mesi. In quel caso, gli operai, oltre a perdere il diritto a tre anni di pensione anticipata, perderebbero tutto quanto hanno finora versato nel fondo prepensionamento.


L’assenza di un Ccl avrà delle conseguenze anche per le imprese locali. Senza regole, prevarrà la “legge della giungla”, trasformando il settore in terra di conquista da Far West. A pagarne il prezzo non saranno solo gli operai, ma le stesse ditte ticinesi, che pagheranno un caro prezzo.

Pubblicato il 

06.10.16