«I nostri utenti pur di uscire dai centri collettivi andrebbero anche ad abitare nei sottoscala». Sono probabilmente queste le parole che fanno capire più di altre le condizioni in cui i richiedenti l'asilo ammessi provvisoriamente in Svizzera si trovano quando sono alla ricerca di un appartamento dove alloggiare. In Ticino, come anche in altri cantoni, le recenti attribuzioni di nuovi rifugiati ha creato un vero e proprio problema di gestione e assistenza dei richiedenti l'asilo. È pieno il centro di registrazione e procedura di Chiasso, come lo sono anche i centri collettivi di Paradiso e Cadro della Croce Rossa. La situazione è talmente critica che il dipartimento di Eveline Widmer-Schlumpf ha dovuto riconoscere all'inizio di questo mese un rimborso speciale ai cantoni che si trovano a dover far fronte a spese supplementari ammettendo al contempo di non essere stato in grado di organizzare nuovi alloggi. Fra i cantoni in difficoltà sicuramente anche il Ticino, che si trova con l'acqua alla gola dopo la chiusura del centro di Lugano-Besso della Croce Rossa e le difficoltà dell'associazione Soccorso operaio svizzero Ticino (Sos Ticino) di reperire appartamenti e soprattutto immobiliari disposte ad affittare a stranieri. Il Cantone sta infatti vagliando da una parte l'idea di aprire un nuovo centro collettivo – per ora sono due i siti individuati sia a sud sia a nord del Ceneri, come ci conferma in pagina Martino Rossi, capo della Divisione dell'azione sociale e famiglie – e dall'altra preme su Sos Ticino affinché allarghi a breve le possibilità di alloggio in appartamenti. Una possibilità che farebbe risparmiare denaro al Cantone, in quanto gli appartamenti risultano molto meno cari rispetto ai centri collettivi, ma che si scontra con le difficoltà oggettive di reperire alloggi per stranieri. «Molte immobiliari non ne vogliono sapere di affittare a richiedenti l'asilo e alcune di loro sfruttano la situazione senza ritegno», ci spiegano in pagina alcuni operatori di Sos Ticino che per andare incontro all'utenza ammettono di dover scendere spesso a compromessi indigesti. All'associazione il Cantone ha inoltre recentemente chiesto di farsi garante di fronte alle immobiliari per risolvere il problema dell'aumento dei bisogni di alloggio. Scaricando così le proprie responsabilità? In pagina un reportage fra le difficoltà degli operatori, dei richiedenti che hanno la fortuna di essere stati provvisoriamente ammessi (un provvisorio che può durare anni) e le risposte delle autorità cantonali.


Razzismo, differenze culturali e speculazione

«Dividerei gli appartamenti in tre categorie. Quelli veramente in ordine dove le immobiliari che li gestiscono sono serie e non guardano al colore della pelle. Ci sono poi gli appartamenti non belli, ma almeno decorosi e infine quelli in cui la situazione di decenza è stata persa da un pezzo e chi li gestisce cerca di lucrare più che può ben sapendo che si tratta di richiedenti l'asilo. Purtroppo non sono casi isolati».
Massimo, operatore di Soccorso operaio svizzero Ticino, non riesce a trattenere l'indignazione quando parla di alcuni appartamenti che ha recentemente visitato a Lugano e Chiasso. Massimo è il "tuttofare" del servizio appartamenti di Sos Ticino, lo accompagniamo in uno dei suoi giri quotidiani. «Questo – ci dice mentre sta preparando un verbale di entrata in cui riporta le condizioni dei locali – è un appartamento decoroso. Vedi, almeno ci sono gli elettrodomestici basilari e il bagno è decente. I ragazzi che lo occupano l'hanno ridipinto di loro iniziativa. Mi è successo recentemente di aver dovuto organizzare una cucina e ricostruirla per un appartamento, perché neanche quella c'era. E l'immobiliare non ha voluto spendere neanche un centesimo… ».
I locali dell'appartamento dove siamo stati accolti sono spartani, il mobilio è davvero modesto. Gli spazi sono condivisi fra tre richiedenti l'asilo che sono stati provvisoriamente ammessi in Svizzera e che prima sono passati dai centri di permanenza collettivi. L'assistenza riconosce loro al massimo 350 franchi a testa per l'alloggio, spese incluse. Trovare un monolocale a queste condizioni è praticamente impossibile.
«Massimo potresti per favore aiutarci a mettere a posto il lavello, perde acqua e non sappiamo come fare – dice uno dei ragazzi –. Noi qua non stiamo male, ma non sappiamo sempre come fare le cose. A chi dobbiamo parlare e come chiedere le cose. Io non sto bene e la mia stanza è molto piccola, mi potete aiutare?». Massimo cerca di spiegare con molto tatto agli utenti le difficoltà nel reperire alloggi e che a loro è comunque andata già bene rispetto ad altri.
A Pregassona esistono situazioni ben peggiori: un'immobiliare ha addirittura diviso le due lavanderie, una solo per i richiedenti l'asilo, l'altra per i locatari non stranieri. I problemi sono nelle condizioni dei locali alla consegna, ma anche nelle pretese di rimborso per danni non sempre giustificate che alcune immobiliari avanzano al momento in cui il contratto è concluso.
«Purtroppo ci sono situazioni dove davvero noi del Sos dobbiamo fare buon viso a cattivo gioco. Se alziamo la voce, e siamo davvero tentati di farlo, rischiamo di non avere neppure questi appartamenti. Ci sono alcune immobiliari che conoscono molto bene la situazione e che sanno quanto possono chiedere ai richiedenti. Su alcuni lavori che chiediamo di fare come sostituzioni di elettrodomestici non più funzionanti, vengono fatti apposta lavori intorno ai 200 franchi. Cifra che corrisponde alla franchigia che deve pagare l'inquilino. Vivere nel degrado non aiuta queste persone a sentirsi meglio e a cercare di integrarsi al meglio nel modo di vivere di questo paese».

Negli uffici del Soccorso operaio svizzero Ticino (Sos Ticino) non c'è tregua, è un via vai di utenti. I due operatori ci mostrano sullo schermo la lista delle persone che possono lasciare i due centri della Croce Rossa di Paradiso e Cadro e che Sos Ticino dovrebbe collocare in appartamento. Si tratta di 250 persone ammesse provvisoriamente, per un bisogno totale di circa 100 appartamenti. Tutto ciò è dovuto alla recente impennata di richieste di asilo e alla conseguente attribuzione delle persone sulla cui domanda le autorità hanno deciso di entrare in materia o la cui procedura si è allungata oltre ai due mesi previsti dalla nuova legge sull'asilo. Una legge che avrebbe dovuto abbreviare i tempi di decisione appunto in quei 60 giorni massimi di permanenza nei centri di registrazione e procedura, ma che si rivela finora fallimentare.
«Glielo dico onestamente: ci sono degli appartamenti fra quelli offerti ai nostri utenti in cui io non andrei ad abitare – ci dice Rosaria, una delle operatrici di Sos Ticino che da anni si occupa della problematica –. Purtroppo dobbiamo chiudere gli occhi perché molte immobiliari non ne vogliono sapere di affittare ai richiedenti l'asilo». Marco, un altro operatore di Sos, ci spiega che in passato ci sono stati effettivamente dei problemi con alcuni loro utenti: «Abbiamo avuto dei casi, specialmente quando sono finite le guerre nei Balcani, di persone rimpatriate con la prospettiva di una casa completamente vuota che si sono portate via cose come le assi delle toilette o le prese elettriche. Purtroppo dopo queste esperienze alcune immobiliari hanno chiuso con i richiedenti l'asilo. Non possiamo far finta che tutto va sempre per il meglio, però chiudere la porta in faccia a tutti a causa di un pregiudizio mi sembra scorretto. C'è un contratto di locazione, ci sono dei diritti e dei doveri che valgono per tutti». I due operatori ci raccontano anche di differenze culturali, come ad esempio la cultura del pane fatto in casa da parte di alcuni richiedenti: «I vecchi forni non reggono un uso intensivo. Quando salta l'elettrodomestico sono discussioni infinite. In realtà il problema è che molte cucine sono vecchie e gli elettrodomestici andrebbero sostituiti».
Quale soluzione per risolvere la diffidenza verso gli stranieri e trovare un alloggio dignitoso per chi ha diritto a uscire dai centri collettivi? «Alcune immobiliari si sono dette disposte ad affittare appartamenti se il contratto viene firmato da Sos Ticino, forse è una via che dovremmo valutare attentamente». Un'eventualità che però l'associazione ha per il momento respinto in quanto il Cantone scaricherebbe così – eventualità che Martino Rossi nega nell'intervista sotto – rischi e responsabilità su Sos Ticino. La prospettiva di un nuovo centro collettivo non fa altro purtroppo che aumentare il pericolo di emarginazione di queste persone ammesse provvisoriamente, una procedura tanto provvisoria che può durare anni...


Il Cantone si farebbe garante

Martino Rossi, l'aumento del numero di attribuzioni di richiedenti 
l'asilo con ammissione provvisoria al Canton Ticino e la volontà della Croce Rossa (Crs) di ridurre il proprio impegno nei centri collettivi sta 
creando dei problemi in merito all'alloggio di queste persone. Quali sono le vie che vuole percorrere il Cantone per risolvere questa 
situazione?
Non mi risulta che la Crs voglia ridurre il suo impegno, anzi: lo vorrebbe svolgere meglio e, quindi, mette il Cantone un po' sotto pressione per completare l'effettivo dei suoi collaboratori operativi nei centri, la cui gestione non è delle più facili e che, oggi, sono saturi.
Assieme alla Crs stiamo individuando una possibilità di allestire un terzo centro d'accoglienza, oltre ai due rimasti, quello di Paradiso (120 posti) e quello di Cadro (50 posti). A questo scopo abbiamo già visitato due immobili nel Sopraceneri e due nel Sottoceneri, e vagliamo anche altre possibilità.



A Sos Ticino è stato chiesto di impegnarsi per creare un parco 
alloggi per questi utenti e farsi garante di fronte alle immobiliari. 
Il Cantone sta cercando di scaricare la propria responsabilità su Sos? 
Non spetta alle autorità trovare una soluzione?
Sos Ticino svolge un eccellente lavoro di reperimento di appartamenti e monolocali, ma incontra diverse difficoltà: mercato dell'alloggio molto teso, scarsità di appartamenti a buon mercato, diffidenza di alcuni amministratori verso la locazione diretta a persone soggette alla legge sull'asilo. Per ovviare all'ultimo punto, abbiamo chiesto a Sos di valutare la possibilità di affittare a suo nome un certo numero di appartamenti, da sublocare a richiedenti l'asilo, ammessi provvisori e rifugiati, di cui Sos assicura l'accompagnamento sociale. Naturalmente, il Cantone offrirebbe garanzie di copertura dei costi d'affitto per i (brevi) periodi in cui gli appartamenti rimanessero vuoti. Questo tranquillizzerebbe sia gli amministratori, sia Sos.
È più costoso alloggiare i richiedenti provvisoriamente ammessi in 
centri collettivi come quelli della Croce Rossa o in appartamenti?
I Centri collettivi sono più onerosi, perché implicano grandi spese di sorveglianza continua e di sicurezza.


Sos Ticino e i suoi operatori si trovano in grosse difficoltà nel 
reperire appartamenti per questo tipo di utenza. Poche immobiliari sono disposte ad affittare appartamenti ai richiedenti l'asilo e 
alcune di esse approfittano della situazione offrendo locali poco 
dignitosi. Il Cantone non può giocare alcun ruolo per risolvere questa 
situazione? In fondo si tratta di soldi pubblici mal spesi...

Da decenni il Cantone gestisce l'accoglienza dei richiedenti l'asilo tramite due mandati di prestazione: alla Crs per la gestione dei centri collettivi e a Sos per il servizio di reperimento di appartamenti, la loro assegnazione ai richiedenti l'asilo, la consulenza e l'accompagnamento sociale di questi ultimi. Questa collaborazione non è per nulla messa in discussione oggi, né da Crs, né da Sos, né dal Cantone.

Pubblicato il 

21.11.08

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