Diario di classe

Con il rischio di ripetere cose in parte già dette in questa rubrica, nella settimana in cui si riaprono le porte delle scuole in Ticino, spero possa essere utile una piccola riflessione sul ruolo dei docenti nell’acquisizione del sapere, in tutte le sue accezioni, da parte dei nostri allievi e delle nostre allieve.
Il tema è evidentemente complesso e meriterebbe uno spazio decisamente maggiore di quello che questa rubrica può ospitare.


Mi limiterò quindi a proporre alcune riflessioni sul contesto sociale, culturale, politico e di società in cui ci muoviamo come docenti, insieme ai nostri allievi.
Ritengo questo contesto tra i più difficili che si siano proposti da molti anni, perché il nostro tempo, paradossalmente e nonostante la tecnologia a disposizione, non sembra affatto predisporre la società ad una crescita del sapere, anzi!


Stiamo infatti diventando sempre più una società contraddittoria alle sue radici, in cui la capacità di progettare e produrre tecnologie sempre più complesse, sofisticate e di altissimo livello, in cui i continui passi avanti in molti campi del sapere convivono e corrono paralleli all’improvvisazione, al pressappochismo, alla scomparsa della responsabilità sociale e ambientale e del concetto di bene comune, al dilettantismo, alla superficialità imperante tra alcuni di coloro che, nelle democrazie, conducono le sorti politiche e sociali dei paesi o si propongono e vengono riconosciuti come modelli di società.
È come se la nostra società fosse spaccata in due mondi differenti, con logiche, regole, approcci completamente diversi tra loro.
E questa antitetica differenza che divide in modo netto tra loro la serietà, le regole del sapere, la competenza, il rigore, la logica presente nel mondo della ricerca, della conoscenza e di alcuni campi produttivi dall’improvvisazione, superficialità, irresponsabilità, approssimazione, vacuità di parte del mondo della politica e del contesto sociale, sta rendendo quest’epoca un tempo davvero difficile e complicato in cui insegnare.


Perché se da un lato è giusto e importantissimo portare la realtà dentro la scuola, dall’altro, nella scuola da qualche anno e in modo crescente, si devono spesso negare le regole che valgono nella realtà (o meglio in parte di essa) e proporre/imporre regole, modalità di funzionamento, di approccio e di acquisizione delle conoscenze completamente diverse. Regole che oltre tutto, grazie all’informazione/disinformazione proposta su molti media, sono ben presenti nelle case e nella quotidianità dei nostri allievi.
E vi garantisco che “far entrare” nel profondo dei giovani in formazione la consapevolezza che il loro futuro dipenderà in larga misura solo dalla serietà, dalle competenze che sapranno acquisire e mettere in campo e dal rigore del loro agire e non certo dalla fortuna e dall’improvvisazione, è spesso parecchio difficile!
Il grande rischio infatti è che le nostre ragazze e i nostri ragazzi vivano la scuola come una realtà avulsa e artificiale in cui fanno spesso fatica a riconoscersi.


E allora cosa ne facciamo nella scuola della realtà in cui loro vivono una fetta importante del loro tempo?
La dobbiamo contrastare o dobbiamo insegnar loro a leggerla e viverla con criticità?
Perché in fondo il nostro compito di docenti è principalmente quello di fornire ai nostri allievi gli strumenti perché si possano muovere come cittadini liberi, competenti e consapevoli proprio dentro la realtà.
E allora? Che fare? L’argomento è complesso e merita davvero una seria riflessione!

Pubblicato il 

31.08.17
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