L'editoriale

Nella storia della democrazia diretta svizzera, le iniziative popolari non vengono quasi mai approvate (dal 1848 a oggi solo 19 su 182), ma spesso hanno il merito di imporre un utile confronto nel paese e talvolta anche di indurre o di accelerare dei cambiamenti fino a lì impensabili. Attualmente ve ne sono due pendenti dal potenziale enorme e che senza dubbio vanno considerate iniziative di successo (indipendentemente da quello che sarà il verdetto delle urne), perché hanno saputo sollevare una questione centrale come quella dell'equità (salariale e dunque sociale) e ad imporla nel dibattito politico nazionale.
Una questione che giustamente è al centro delle rivendicazioni della manifestazione sindacale che si terrà sabato 21 settembre a Berna.


Le iniziative a cui ci riferiamo sono ovviamente quella promossa dal movimento sindacale che chiede l'introduzione di un salario minimo legale di 4.000 franchi per tutti e quella (lanciata dai giovani socialisti, forse l'unica forza politica a livello nazionale capace di fare opposizione e proposte profilate) che mira al ristabilimento di un certo equilibrio salariale all'interno delle aziende: denominata 1:12, essa prevede in particolare che il salario più elevato non possa superare di oltre dodici volte quello più basso.


Entrambe le proposte godono di un significativo consenso popolare. La cosa non sorprende: i cittadini lavoratori sono sempre più indignati nel vedere continuamente allargarsi (ininterrottamente da una quindicina d'anni) le forbici salariali e dunque il divario sociale e morale; così come sono indignati nel constatare la crescente pressione sui livelli salariali, favorita dagli accordi di libera circolazione con l'Unione europea, dalla debolezza delle cosiddette misure accompagnatorie e dalla presenza di imprenditori imbroglioni o delinquenti.


Il potere economico e i suoi rappresentanti nelle istituzioni temono un eventuale successo alle urne di queste iniziative. Non è un caso che il Consiglio federale ricorra alla menzogna per combattere l'idea di un salario minimo (si legga il servizio a pagina 5) e abbia senza motivo plausibile rinviato la votazione sull'iniziativa 1:12 a novembre; o che le organizzazioni padronali argomentino la loro opposizione con il timore che una riduzione dei salari dei manager avrebbe ricadute negative sul gettito fiscale e metterebbe in pericolo il finanziamento dell'Avs. Quando sono proprio loro a lavorare per lo smantellamento della nostra più importante assicurazione sociale (e per le altre) e per una riduzione della pressione fiscale generale.
Ma questo le lavoratrici e i lavoratori che sabato prossimo sfileranno a Berna lo sanno bene.

Pubblicato il 

12.09.13

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