L'editoriale

Che bello: la prevista liberalizzazione totale del mercato elettrico in Svizzera a partire dal 2018 consentirà a tutti noi di scegliere liberamente il fornitore e di approfittare così dei migliori prezzi. L’ha raccontata più o meno così la consigliera federale Doris Leuthard presentando alcune settimane fa alla stampa il decreto governativo che dovrebbe dare il via libera alla seconda fase di apertura del mercato, di cui i grandi consumatori beneficiano già dal 2009.

È la solita storiella che si narra ai cittadini quando si tratta di giustificare privatizzazioni, liberalizzazioni e aziendalizzazioni, cioè di smantellare pezzi di servizio pubblico. In realtà si tratta di processi da cui il consumatore non guadagna niente, anzi, ci perde, perché i costi aumentano e la qualità del servizio peggiora. I dipendenti delle aziende, dal canto loro, devono fare i conti con la cancellazione di posti e con il degrado. Basti pensare a quanto successo con la ferrovia, le poste e le telecomunicazioni dopo lo smantellamento delle regie federali, voluto dalle forze economiche e finanziarie e avallato purtroppo anche dalla sinistra, in cambio di qualche briciola sotto forma di inutili e illusorie “misure accompagnatorie” per attutire gli “effetti collaterali” della logica della redditività.


Con una liberalizzazione completa del settore elettrico rivedremmo un film già visto. Ad approfittarne sarebbero solo le grandi aziende elettriche e non certo le economie domestiche. A questo proposito val la pena ricordare alcuni interessanti dati sulla Germania (dove il mercato è liberalizzato dal 1998) raccolti in un libro-inchiesta del giornalista Malte Kreutzfeldt: rispetto al 2000, oggi i tedeschi pagano esattamente il doppio per un chilowattora di corrente elettrica. Un’evoluzione che penalizza le categorie sociali meno abbienti, per esempio perché non possono permettersi moderni apparecchi elettronici a basso consumo o perché essendo disoccupati trascorrono molto tempo in casa e “bruciano” di più. E le regole del privato sono rigide: basta una fattura di 100 euro non pagata che si resta senza corrente. Nel solo 2012 sono stati “tagliati i fili” a 3 milioni di economie domestiche.


La minaccia incombe non solo sulla giustizia sociale, ma anche sulla sopravvivenza di molte aziende e dunque sui posti di lavoro, così come sul controllo democratico della rete da parte di Cantoni e Comuni, che oggi garantiscono per esempio un approvvigionamento di base con il 100% di energie rinnovabili. Dietro l’angolo c’è il rischio di una sorta di “dumping ecologico”: un’invasione di elettricità a basso prezzo proveniente dal nucleare o dal carbone ucciderebbe il mercato delle energie alternative. Alla faccia della strategia energetica 2050 che dovrebbe portare la Svizzera fuori dal nucleare!

Pubblicato il 

23.10.14
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