Swissleaks

Ci sono tutti gli elementi dell’intrigo internazionale: le banche, fiumi di soldi, il segreto bancario svizzero, le intelligence di vari paesi, il potere. E un uomo, Hervé Falciani, personaggio controverso e rocambolesco, che con una mossa riesce inaspettatamente a fare scacco matto. Falciani, da cui prende il via l’inchiesta giornalistica Swissleaks, si ritrova in una storia più grande di lui, ma la storia della piazza finanziaria di un paese è destinata a cambiare per sempre. L’informatico, copiando e diffondendo dati segreti della filiale ginevrina della Hsbc, ha permesso di svelare i meccanismi con cui la banca ha aiutato i clienti ad aggirare il fisco. Un gigantesco sistema di evasione fiscale messo a punto con la complicità dell’istituto di credito e anche questo, volendo, sarebbe un reato grande come una montagna... Ma c’è chi invita a guardare al dito e non alla Luna. Intanto al Tribunale federale di Bellinzona si sta celebrando il processo in contumacia contro l’ex dipendente. La banca, invece, pagando 40 milioni di franchi ha evitato il giudizio.

 

Hervé Falciani, 43 anni, in jeans, camicia bianca e blazer si presenta mercoledì 28 ottobre 2015 al Casino Domaine, in Avenue des Thermes a Divonne-les-Bains in Francia, a pochi chilometri da Ginevra. In Svizzera l’ex informatico della Hsbc, una banca dove per aprire un conto occorre mettere sul tavolo almeno un milione di franchi, sarebbe probabilmente subito ammanettato per essere l’autore della più grande fuga di dati bancari mai avvenuta. L’ex dipendente del colosso bancario ha trafugato oltre 100.000 dati di clienti: la Francia, che ha aperto un’inchiesta sulla lista dei nomi che interessavano il paese, ha stabilito che il 98% dei clienti francesi erano evasori fiscali.


Una storia che ha dell’incredibile per la facilità con cui questo uomo, che non appare un genio fuori dalla norma, è riuscito a disarcionare il cavaliere della finanza. Il re è nudo!, per mano di una delle ultime pedine, ritrovatasi al centro di una vicenda internazionale. L’uomo che, sentendosi braccato dalla giustizia svizzera consegnerà i file copiati ai servizi segreti francesi in cambio di protezione, viene rimandato a giudizio dalla Procura federale con i capi d’accusa per i reati di spionaggio economico, acquisizione illegale di dati, violazione del segreto commerciale e bancario. Reati penali per i quali si sta celebrando in questi giorni al Tribunale federale di Bellinzona il processo in contumacia. Non quisquilie in un paese che ha costruito la sua fortuna dentro i caveaux e le gallerie sotterranee di soldi. Non un semplice delitto, bensì il tradimento al cuore di uno Stato: qualcuno, se potesse, lo lincerebbe in piazza. Lui, nella sala del grand hôtel circondato dai microfoni di una stampa internazionale accorsa in massa per colui che ha contribuito a far inginocchiare un sistema apparentemente inossidabile, ripeterà come un disco rotto di chi ha studiato un copione a memoria di avere agito per motivazioni etiche. «Chiaro che ho violato le disposizioni giuridiche elvetiche, ma bisogna chiedersi se queste leggi siano giuste. La mia è una posizione di lotta e la mia battaglia non è in opposizione al segreto bancario (che tanto ha i giorni contati, ndr), ma contro la mancanza di trasparenza. Non sono per l’uniformazione del fisco, ma per soluzioni più tracciabili, per una competizione più simmetrica» racconta a quei media incuriositi che lo osservano, cadendo forse anche loro nella tentazione di giudicare l’uomo, prima ancora che i fatti.


Accanto a Falciani, Angelo Mincuzzi, l’inviato del Sole 24 ore, che ha consegnato al mondo “La cassaforte degli evasori”, edito da Chiarelettere. Mincuzzi sventola in conferenza stampa la versione giapponese del volume che ricostruisce la vicenda e si chiede retoricamente: «Falciani ha rubato i dati per soldi? In un mondo dominato dalle banche sembra risultare difficile credere che qualcuno possa avere agito perché lo ritiene giusto. Masenza questa azione non sarebbe stata scoperchiata una verità che ha permesso a Francia, Argentina e Belgio, di recuperare i soldi degli evasori».


Al di là di Mincuzzi, che sembra difendere in primo luogo la propria storia, è vero che le motivazioni di Falciani sono un dettaglio. La questione è un’altra, vale a dire il comportamento illecito di una banca che negli anni ha raffinato un enorme e sofisticato sistema di evasione fiscale. I documenti resi pubblici da Hervé Falciani hanno permesso di scoprire e documentare i meccanismi ideati per aiutare i titolari di conti milionari a evadere il fisco. E questo, che piaccia o no, è il cuore della storia. Lo dice in sua difesa anche Falciani, forse su suggerimento di qualcuno, e aggiungendoci tanto del suo in linea con il personaggio diventato all’improvviso famoso come una star: «L’essenziale non è sapere se sono o meno un lanceur d’alerte. Rivendico il diritto di essere opportunista: lo sono stato in Libano (dove secondo l’accusa avrebbe cercato di vendere i dati, ndr) e in altre occasioni che non sospettate. È il risultato che conta».


Il risultato è un affondo tremendo al segreto bancario che, introdotto nel 1934 e al quale si deve buona parte del successo del sistema finanziario svizzero, viene squarciato. È uno scandalo a livello planetario e ancora adesso non è possibile quantificare quelle che saranno le conseguenze finanziarie per il paese. L’Hsbc esce però dal cataclisma quasi linda: pagando 40 milioni di franchi per i danni delle mancate entrate nelle casse statali dei paesi degli evasori, evita l’inchiesta penale (non è scandaloso che si paghi una multa per reati penali e non si vada a processo?), mentre l’ex dipendente della banca – che a scanso di equivoci non consideriamo un eroe, ma pure questo è un dettaglio – viene rinviato a giudizio. E qui non si può non notare le discrepanze del sistema giudiziario. Falciani sostiene che la Svizzera non giudica le banche: non occorre essere complottisti o antipatriottici per intuire il fondo di verità contenuto nell’affermazione. Le banche so­no il potere, le radici della ricchezza del paese e possiedono tentacoli molto lunghi.


Quanto basta a Falciani per spiegare la sua assenza in tribunale per il processo che lo vede imputato: «Non mi presenterò e non mi farò mangiare dal contesto, partecipando a un teatrino per salvare le apparenze della Svizzera, un paese dove non esistono condizioni di giustizia uguali per tutti. Con questa azione giudiziaria si vuole dimostrare che nessuno può fare il furbo immettendosi nel sistema. Ho violato delle leggi che non sono di diritto divino e possono essere messe in discussione: non siamo obbligati ad accettare la facciata e anche come cittadini possiamo fare pressione per cambiare le regole finanziarie».


Andando oltre alle analisi più o meno pilotate di Falciani, è interessante raccogliere la riflessione: la Svizzera, dove il dominio economico (e politico?) degli istituti finanziari è tangibile, chiude un occhio sul modo di operare delle banche?
Mincuzzi incalza: «Ne va della reputazione della Svizzera!». Qualcuno replicherà: alle banche dobbiamo molto, a Falciani nulla. Già.

Pubblicato il 

05.11.15
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