Gli artisti vivono spesso in una situazione precaria. Molto lacunosa è in particolare la loro sicurezza sociale. Il dibattito sulla nuova Legge federale sulla promozione della cultura ha permesso di attirare l'attenzione su questo problema. E di cominciare ad abbozzare qualche soluzione.

La nuova Legge federale sulla promozione della cultura è passata dai due rami del parlamento. Rimangono da sanare alcune divergenze. Ma nella sostanza, in particolare per quel che concerne la sicurezza sociale degli operatori culturali, le norme della Legge sono definitive. «Il bilancio complessivo è abbastanza buono», ci dice Jean Christophe Schwaab, segretario dell'Unione sindacale svizzera (Uss) incaricato in particolare del dossier della sicurezza sociale degli artisti. Positiva è in particolare l'accettazione della proposta di Toni Bortoluzzi (Udc) di obbligare la Confederazione e Pro Helvetia, quando sovvenzionano un operatore culturale, a versare una parte del finanziamento alla previdenza professionale dell'artista. «È una norma che non era prevista all'inizio, di cui si è fatto carico il Consiglio nazionale e che è stata introdotta grazie anche al lavoro svolto dall'Uss e da Suisseculture», rileva Schwaab.
D'altro canto però non è passata la mozione proposta dalla Commissione dell'educazione, della scienza e della cultura del Consiglio nazionale che mirava ad obbligare il Consiglio federale a migliorare la sicurezza sociale degli artisti. È stato lo stesso Consiglio nazionale ad opporvisi, benché Consiglio degli Stati e governo fossero favorevoli. La destra del parlamento era contraria al fatto che si regolino questioni di sicurezza sociale in una legge sulla cultura ma soprattutto temeva che si aprissero troppo le porte della sicurezza sociale ai lavoratori atipici. Per Schwaab «questo rifiuto del Nazionale impedisce di colmare delle importanti lacune in particolare nell'Assicurazione disoccupazione e nel secondo pilastro. Ma è un atteggiamento miope: perché se non c'è una rete di sicurezza sociale sufficiente, i costi ricadono poi tutti sullo Stato con l'assistenza pubblica».
Tuttavia un importante passo avanti, grazie alle discussioni avviate attorno alla nuova Legge sulla promozione della cultura, è poi stato fatto dal Consiglio federale pochi giorni dopo la fine della sessione autunnale delle camere. Il governo ha infatti deciso di estendere anche ai salari degli operatori culturali, compresi quelli inferiori ai 2 mila 200 franchi, l'obbligo del versamento dei contributi per le assicurazioni sociali (Avs, Ai, Ipg, Ad). Questa soluzione è già applicata alle persone impiegate nell'economia domestica privata. Sottostanno a questo obbligo i produttori di danza e di teatro, le orchestre, i produttori di supporti audio o audiovisivi, le emittenti radio e tv e le scuole d'arte.
La novità è di rilievo. Molti infatti sono gli oepratori culturali che vivono di tanti piccoli mandati. Dall'inizio di quest'anno essi devono domandare al promotore culturale che li ingaggia di dedurre gli oneri sociali. Cosa che ha creato loro non pochi problemi: molti operatori culturali infatti hanno preferito rivolgersi ad artisti che non chiedono di effettuare le trattenute. La consigliera nazionale socialista e presidente del sindacato Vpod Christine Goll ha dunque interpellato Pascal Couchepin, che si è detto d'accordo di esaminare la questione. Ci sono stati negoziati fra l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali, Suisseculture e l'Uss. Alla fine è stata trovata una soluzione che Schwaab definisce «un grande successo dell'Uss, frutto di una dinamica messa in moto durante la discussione sulla nuova Legge sulla promozione della cultura».
Ma per migliorare la sicurezza sociale degli artisti rimane ancora molto lavoro da fare. E, dopo la partenza del consigliere federale Pascal Couchepin si dovrà riprendere da capo il lavoro di convincimento fatto con lui anche con il suo successore Didier Burkhalter. «Il merito della Legge sulla promozione della cultura è che ha permesso di attirare l'attenzione sulla situazione molto particolare in cui operano e vivono gli artisti. La prossima tappa sarà la difesa degli artisti nell'ambito della revisione della Legge sull'assicurazione disoccupazione, che passerà durante la sessione invernale al Consiglio nazionale», dice Schwaab.
L'Uss pone da qualche tempo un'attenzione particolare ai problemi dei lavoratori atipici (quelli a tempo parziale, su chiamata, temporanei ecc…). Un anno e mezzo fa ha costituito un gruppo di lavoro sulla sicurezza sociale degli artisti, che in primo luogo ha dovuto comprendere quali fossero i bisogni specifici della base. «Un compito complesso», commenta Schwaab, che spiega: «Il problema è che non tutti i sindacati di artisti sono membri dell'Uss, che gli artisti stessi sono organizzati spesso in tante piccole associazioni professionali molto specifiche e specializzate, e che molte di queste associazini non sono dei veri e propri sindacati. Questo riduce notevolmente il peso della categoria». L'Uss lavora con convinzione in questo settore, conclude Schwaab, da un lato perché è importante che anche gli artisti dispongano di una buona sicurezza sociale, dall'altro «perché tematizzando la loro situazione mettiamo l'accento anche sui problemi di tutti i lavoratori atipici. In fondo il settore degli artisti è il miglior esempio di lavoro atipico: e se è possibilie garantire la loro sicurezza sociale, allora dev'essere possibile farlo per tutti i lavoratori atipici. Ma siamo solo all'inizio della nostra lotta».


Un settore in cui regna la precarietà

È difficile tracciare un quadro attendibile della situazione degli operatori culturali in Svizzera. Molti di loro infatti sfuggono alle usuali classificazioni statistiche. Alcuni dati significativi sono tuttavia noti, e lasciano intuire l'alto grado di precarietà che regna nel settore:
•    Nel settore culturale lavorano 47 mila persone.
•    23 mila (48 per cento) sono indipendenti, 24 mila (52 per cento) sono salariate.
•    Il 66 per cento lavora a tempo pieno, il 33 per cento a tempo parziale.
•    Il 29 per cento degli operatori culturali lavora sia come indipendente che come salariato.
•    La metà di coloro che hanno lo statuto di salariati sono assunti a tempo determinato.
•    Il salario lordo medio mensile è di 6 mila 649 franchi per i dipendenti. Tuttavia esso è calcolato su un lavoro a tempo pieno. Data però l'alta percentuale di lavoratori a tempo parziale e dato che pochi operatori culturali possono godere di una certa continuità lavorativa, coloro che raggiungono effettivamente tale reddito sul lungo periodo sono pochi.
•    Non è noto il reddito degli indipendenti; uno studio della Società pittori, scultori e architetti svizzeri del 1994 indicava che solo il 15 per cento dei soci aveva un reddito lordo annuo superiore ai 50 mila franchi, mentre la metà non arrivava ai 30 mila franchi.
•    Con la propria attività culturale oltre la metà degli operatori culturali consegue un reddito annuo inferiore a 20 mila franchi.
•    Il 58 per cento degli artisti consegue una parte importante del suo reddito grazie ad attività estranee al settore culturale.

Pubblicato il 

09.10.09

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