La guerra sporca della Cia contro il terrorismo rischia di far cadere le prime teste importanti nel vecchio continente. Il ministro degli Esteri tedesco Frank Walter Steinmeier è da giorni nell'occhio del ciclone per l'accusa di non essersi attivato nel 2002 (quando era capo di gabinetto di Schröder e responsabile dei servizi segreti) per la liberazione di Murat Kurnaz dal carcere americano di Guantanamo. Kurnaz, cittadino di passaporto turco ma nato e cresciuto in Germania, era stato arrestato in Pakistan pochi giorni dopo gli attentati del settembre 2001 e da lì trasferito prima in Afghanistan e poi nella base caraibica.
Ben presto, però, le autorità americane si resero conto di aver preso un granchio: il diciannovenne Kurnaz, infatti, pur imbevuto di fanatismo jahidista, non era, come supposto in un primo momento, membro di Al Qaida.

A quel punto (siamo nel febbraio 2002), secondo quanto ricostruito da un'inchiesta della "Sueddeutsche Zeitung", le autorità americane fanno sapere al governo tedesco che sono disponibili a rilasciare Kurnaz. La Germania, per voce di Steinmeier, risponde di non aver alcun interesse a riprendersi in casa quello che dai media era già stato bollato come il "Talebano di Brema". Le motivazioni addotte da Steinmeier, sempre secondo la ricostruzione giornalistica, sono un capolavoro d'ipocrisia: Kurnaz è di passaporto turco e quindi è Ankara a dover prendere una decisione sul suo rilascio. A sua volta il governo turco, ritenendo il caso di esclusiva competenza tedesca, si disinteressa del destino di Kurnaz. Così un ragazzo innocente è condannato a marcire per altri quattro anni nell'inferno di Guantanamo. Solo alla fine del 2006, infatti, le insistenti pressione di una rete di associazioni umanitarie sui governi di Washington e Berlino sono riuscite a riportarlo a casa.
Se le rivelazioni sulle sue pesanti responsabilità nel caso Kurnaz fossero solo una denuncia giornalistica, Steinmeier potrebbe dormire sonni tranquilli. Ma non è così. L'apposita commissione d'inchiesta istituita dal Parlamento europeo per fare chiarezza sulle operazioni della Cia in Europa e sul sequestro di cittadini europei, dopo lunghe indagini compiute in Europa e negli Usa, ha, infatti, confermato in pieno le ipotesi avanzate dalla "Sueddeutsche Zeitung" ed espresso pubblica condanna per il comportamento delle autorità tedesche. Ma non è tutto, anche un'analoga commissione d'inchiesta del Bundestag ha convocato Steinmeier per i primi di marzo. Durante la sua audizione non si parlerà solo di Murat Kurnaz ma anche di una serie di episodi mai chiariti, avvenuti tra il 2001 e il 2005, tutti riconducibili all'attuale ministro degli Esteri.
Cosa sapeva Steinmeier delle centinaia di voli della Cia transitati dagli aeroporti e dalle basi Usa in territorio tedesco con a bordo presunti terroristi in trasferimento verso Guantanamo, Abu Ghraib o uno degli altri lager americani? Cosa sapeva dell'aiuto logistico (individuazione di obiettivi militari) dato dagli agenti tedeschi di stanza a Bagdad agli americani alla vigilia dell'invasione Usa nel 2003? E, infine, cosa sapeva Steinmeier del rapimento di Kahled Al Masri, cittadino tedesco di origine libanese, sequestrato anche lui "per sbaglio" dalla Cia nel 2003 e trasferito in Afghanistan? È vero che a interrogarlo, e torturarlo, nei suoi quattro mesi di prigionia c'erano anche agenti tedeschi?
Sul caso Al Masri in questi giorni si è mossa anche la magistratura tedesca che ha spiccato 13 mandati di cattura contro altrettanti agenti della Cia coinvolti nel suo rapimento. C'è poco da illudersi, i sequestratori di Al Masri non compariranno mai in un'aula di tribunale: il governo Usa garantisce ai suoi agenti e soldati l'assoluta impunità. Forse, però, il processo contro i tredici imputati latitanti potrebbe fare ulteriormente luce sulle responsabilità tedesche. E a quel punto non sarebbe in gioco solo la carriera di Steinmeier ma anche il giudizio storico sulla politica estera dei "pacifisti" Schröder e Fischer.

Pubblicato il 

09.02.07

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato