A briglie sciolte

Sono molti i fattori che spiegano il continuo aumento dei costi della salute: il principale è però sicuramente l’esplosione dei prezzi dei medicamenti. Basti pensare che nel settore oncologico il prezzo medio di un nuovo farmaco ammesso sul mercato è aumentato negli ultimi 25 anni all’incirca di ben 50 volte. Tant’è vero che i nuovi farmaci anti-tumorali che arrivano attualmente sul mercato possono costare sino a  150-160.000 franchi all’anno per ogni paziente. I monopoli farmaceutici tentano di giustificare questi prezzi esorbitanti asserendo che i costi per la ricerca e lo sviluppo di un nuovo farmaco oggi si aggirerebbero attorno ai 2 miliardi di franchi. La maggior parte degli esperti è però dell’avviso che questa cifra è totalmente fasulla e molti arrivano a dire che bisogna ridurla di almeno 10 volte. La diatriba nasce anche dal fatto che la trasparenza sull’argomento è nulla, mentre si sa che le ditte farmaceutiche gonfiano artificialmente i costi della ricerca e dello sviluppo, includendovi una serie di spese che con tutto ciò non hanno niente a che fare.


Il tema dell’esplosione dei costi dei farmaci è diventato una delle preoccupazioni principali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), non solo perché quest’evoluzione sta rovinando i sistemi sanitari dei paesi ricchi (comprese le nostre casse malati), ma soprattutto perché nei paesi poveri milioni di pazienti non possono neanche lontanamente sperare di aver accesso a questi farmaci così costosi. Il nuovo direttore dell’Oms, l’etiope Tedros, ha perciò proposto che ci si occupi urgentemente del tema, cercando anche di far chiarezza sui costi di produzione e di sviluppo dei nuovi farmaci. All’ultima riunione del comitato esecutivo dell’Oms del gennaio scorso, la proposta è stata annacquata sino a diventare niente di più di una foglia di fico per il duro intervento, a difesa dei monopoli farmaceutici, del rappresentante del governo americano, seguito a ruota da quello del Consiglio federale. Forse qualcuno dei nostri lettori si ricorderà che l’anno scorso il nostro governo si era già distinto per aver minacciato gravi ritorsioni economiche al governo colombiano, se questo avesse osato, facendo uso di una clausola prevista dai trattati internazionali, dare la precedenza a un generico indiano rispetto al farmaco originale e molto più caro prodotto da Novartis. E l’arrivo di Cassis, notoriamente legato agli interessi farmaceutici, ha ancora peggiorato la situazione. Queste storie, e molte altre simili, dimostrano come il settore delle multinazionali farmaceutiche sia quello che mostra meglio di ogni altro il delirio a cui arriva l’attuale sistema capitalistico, basato sulla cosiddetta shareholder value, cioè sul massimizzare con ogni mezzo e al più presto i guadagni borsistici. Sistema su cui il nostro Consiglio federale non ha da eccepire: tant’è vero che il nostro ministro dell’economia Schneider-Amman non manca occasione per dire di avere la stessa visione economica di Donald Trump.

Pubblicato il 

01.03.18
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