Grande fratello

Quando si dice una bastonata tira l’altra. Non era ancora arrivato nelle nostre case che Swiss­Pass, la nuova carta rossa delle Ferrovie, incassava la prima gragnuola di colpi. Ad aprire le danze in marzo Mister Prezzi Stefan Meierhans, che dal Blick am Abend tuonava: «Non riesco per il momento a trovarci nessun vantaggio. 44 milioni di franchi per il progetto e 18 per gli apparecchi necessari alla lettura della carta. Tutto questo, per una tecnologia degli anni Ottanta? Non capisco».


Era solo l’inizio di una tempesta di critiche che ha colpito il fiore all’occhiello del service public nostrano. Non hanno tardato a farsi sentire le associazioni di tutela di consumatori e consumatrici. A malapena era sbucato il primo crocus, che infilavano i guantoni da boxe. SwissPass, che sostituirà metà prezzo e abbonamento generale, si rinnova automaticamente salvo comunicazione dell’utente. Una tipica clausola che l’Alleanza dei consumatori (Acsi, Frc e Sks) definisce “vessatoria”. Basta infatti una dimenticanza, per ritrovarsi a pagare per un servizio indesiderato. Quasi il 40 per cento della clientela Ffs non rinnova senza pause il suo abbonamento. Facile prevedere che almeno una parte si ritroverà, suo malgrado, a farlo. A fine aprile, le Ffs hanno annunciato che l’utenza potrà stabilire, al momento della firma per SwissPass, la scadenza annuale. E che sarà cura delle Ferrovie avvisare due mesi prima della fatidica data: la disdetta si potrà comunicare agli sportelli Ffs e via posta, Internet e telefono.


Abitudini sotto controllo


La risposta di Sks non si è fatta attendere: “iniziative insufficienti”. Preoccupano anche i gloriosi piani di espansione dello strumento: non solo treni ma anche funivie, car-sharing, musei e iniziative d’ogni sorta potranno associarsi a SwissPass con il rischio, secondo l’Alleanza per i consumatori, di ritrovarsi «prigionieri in un bazar elettronico».


Lo scenario è inquietante, perché la novità ha il potenziale per il controllo delle nostre abitudini. A che ora prendo il treno, dove vado. Quando torno. E più servizi, più aziende. Tutto questo ha un nome: gli esperti li chiamano “Big Data”. Sul mercato valgono oro. Nel marasma delle polemiche, infine giunse SwissPass. Lanciato in una data dall’evidente sapore simbolico: il Primo agosto. Ma già il tre, l’ennesimo pugno è giunto dalla revisione pubblicata da scip.ch, azienda specializzata nella sicurezza delle comunicazioni. In SwissPass, infatti, sono incorporati due microchip RFID: i dati viaggiano per onde elettromagnetiche. Anche le nuove carte di credito e il passaporto biometrico svizzero ne contengono. Quattro i pericoli che vede scip nello SwissPass: furto di dati, loro impropria raccolta da parte di Ffs, cancellazione di dati e jamming, un disturbo che impedisca all’apparecchio di lettura di raccoglierli. Nel materiale informativo di SwissPass, le Ferrovie specificano che i dati vengono cancellati dopo nove mesi, ma che sono trasmessi ai partner. “Vi garantiamo che i vostri dati non saranno riutilizzati da terzi”, scrive Ffs, ma “analizzati in forma anonimizzata per ricerche di mercato” e “senza un’esplicita obiezione da parte vostra, verranno analizzati anche per scopi di marketing”. Per difendersi almeno dai furti di dati, scip consiglia un dispositivo che isoli la trasmissione. Si chiamano “RFID wallet” e ce ne sono, è il caso di dirlo, per tutte le tasche.

 

Ai primi di settembre, comunque, Ffs ostenta ottimismo: «I clienti apprezzano la loro nuova carta e l’introduzione da parte delle imprese di trasporto prosegue secondo i piani: la vendita e i controlli dei nuovi supporti funzionano senza intoppi».


Meno entusiasta Pascal Fiscalini, col suo doppio cappello di capotreno e di vicepresidente di Zpv, il sindacato del personale viaggiante delle Ferrovie (sottofederazione del Sev) che su 2.500 capitreno, ne vanta fra i suoi membri 2.100. Fiscalini spiega che l’azienda li ha informati a tempo debito che «i tempi per i controlli sarebbero triplicati, e così è stato. Impossibile controllare un intero treno, nelle ore di punta e nelle tratte critiche. D’altronde fra pinzatrice, macchinetta e tutto il resto ci vorrebbero tre mani. Ma ne abbiamo solo due. Resta il senso di insoddisfazione per non riuscire a portare a termine un lavoro». Come sindacalista, Fiscalini a sua volta infila i guantoni: «Abbiamo chiesto a Ffs di aumentare il personale, perché non si può pretendere di triplicare il lavoro e mantenere la stessa qualità. Ci hanno risposto che per ragioni di budget non se ne parla».


L’altra preoccupazione dei lavoratori Ffs riguarda la sicurezza: meno controlli significa più viaggiatori senza biglietto, «il potenziale di aggressione aumenta. Temiamo una recrudescenza delle situazioni di pericolo».
Ad area l’ufficio stampa delle Ffs comunica che «480.000 persone hanno oggi SwissPass». Un successo, senza dubbio. Anche perché l’utente non ha scelta. Se non vuoi avere SwissPass, viaggi a prezzo pieno.

Pubblicato il 

22.10.15
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