Europa

È una Francia in grande difficoltà che ospita, da oggi, l’Euro di calcio. Il paese è in stato d’emergenza, la paura di attentati rimane dopo i massacri del 2015, la Francia è considerata dai servizi segreti il paese più minacciato al mondo. Il prefetto di polizia, Michel Cadot, ha ottenuto dal governo un sensibile rafforzamento della presenza di poliziotti a Parigi, allo Stade de France a Saint-Denis ma soprattutto per la “fan zone” del Champ-de-Mars, sotto la Tour Eiffel, area reputata vulnerabile. Le inondazioni sono finite, ma i danni sono visibili e gli effetti si fanno ancora sentire nella vita quotidiana, a Parigi, per esempio, solo nel fine settimana la Rer C – la rete ferroviaria regionale che attraversa l’agglomerato di Parigi –- dovrebbe tornare a circolare normalmente, nei dintorni della capitale molte cittadine sono in ginocchio.


Infine, soprattutto, c’è la crisi sociale che non finisce più, entrata ormai nel quarto mese di manifestazioni e proteste contro la Loi Travail, guidate dalla Cgt (con Fo e Sud). Il governo non intende cedere e ammette soltanto di poter fare qualche “ritocco” al contestato articolo 2 della legge El Khomri, quello che istituisce “l’inversione della gerarchia delle norme”, cioè dà la priorità ai contratti a livello di azienda su quelli di categoria. Il relatore della legge, il socialista Christophe Sirugue, è pronto a concedere alle categorie professionali il diritto di controllare gli accordi a livello di impresa, per verificare che non li contraddicano al ribasso. Ma questa proposta arriverà solo quando il testo di legge della Loi Travail tornerà in seconda lettura all’Assemblée, a fine giugno - inizio luglio, nella speranza di poter convincere la “fronda” del Ps a votarla ed evitare così un nuovo ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione, che è stato la scintilla che ha fatto esplodere la contestazione.
Per il momento, il governo ha adottato la tattica tipica del presidente Hollande: l’attendismo, accompagnato da molteplici tentativi di spegnere gli incendi sociali, uno dopo l’altro, con concessioni di categoria. L’obiettivo è arrivare al voto al Senato, dove la destra ha la maggioranza, con un testo di legge riportato alla prima versione, quella non ancora emendata dall’intervento della Cfdt, cioè molto più liberista di quello passato con il 49.3 all’Assemblée. Hollande vuole dimostrare che «con la destra sarà peggio», la destra che tutti i sondaggi danno vincente alle prossime presidenziali, dove si configura un ballottaggio tra il candidato dei Républicains e Marine Le Pen.


Ma questa tattica appare oggettivamente inadeguata, perché il paese ribolle di collera: il 14 giugno, con la legge in discussione al Senato, è stata convocata una nuova giornata di manifestazioni, con un corteo “nazionale” a Parigi ed è già allo studio un altro appuntamento di protesta, quando la Loi Travail tornerà all’Assemblée, fine giugno - inizio luglio.
Non è però solo la Loi Travail ormai ad essere contestata, ma tutto un sistema, che ha portato all’esplosione del precariato, che ha insinuato l’insicurezza del futuro tra i più giovani, che non dà prospettive. Temi che sono alla base del movimento Nuit Debout.


Le ricorrenti violenze della polizia per reprimere i cortei e riportare l’ordine hanno finito per esasperare ancora più gli animi. La Francia è lacerata, perché solo una parte del paese vive questa situazione estrema, una frattura che è del resto più forte e profonda in altri paesi Ue, soprattutto nel sud dell’Europa. I francesi sentono di aver ancora il fiato per protestare, anche per non finire come gli altri europei ormai ridotti al silenzio, «per non finire come gli italiani», come ha riassunto un manifestante a Marsiglia. La protesta procede a singhiozzo, nelle ferrovie, nelle raffinerie, a Edf (elettricità), c’è una minaccia di sciopero dei piloti di Air France (anche se in questo caso la Loi Travail non c’entra). Il padronato grida allo scandalo e alle perdite economiche, anche per il turismo, con l’Euro di calcio in corso e l’ “immagine” della Francia degradata.


Le “due sinistre” inconciliabili, come afferma il primo ministro Manuel Valls, si lacerano e preparano di fatto la sconfitta del 2017. Anche per la sinistra radicale non sono tempi di unità: Jean-Luc Mélenchon è già partito per la corsa all’Eliseo, senza aspettare le decisioni del Pcf, suo alleato nel 2012, che propone delle “primarie” tra tutte le correnti e i movimenti. I sondaggi indicano che Mélenchon tallona ormai Hollande, nell’eventualità di una sua candidatura (12% contro 14%). Mélenchon spera di sfruttare a suo vantaggio il clima di protesta della Cgt e di Nuit Debout, in nome della “France insoumise”. Il leader del Parti de Gauche ha riunito domenica 10.000 persone in place Stalingrad a Parigi: sull’onda (europea) del rigetto dei partiti politici tradizionali, ha invitato tutti i “ribelli” a unirsi dietro la sua candidatura nel 2017, con un programma tinteggiato di “verde” e di una forte diffidenza verso l’Unione europea.

Pubblicato il 

09.06.16
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