«Solamente ragionando da un punto di vista pedantesco e ridicolo si potrebbe qualificare come un “putsch” l’insurrezione irlandese. Chiunque attenda una rivoluzione sociale “pura” non vivrà mai abbastanza tempo per vederla».

Lenin, Bilancio di una discussione sul diritto delle nazioni a disporre di loro stesse, Zurigo 1916.

 

 

Il 24 aprile 1916 qualche migliaio di uomini e donne in armi occupano i punti strategici di Dublino e proclamano il Poblacht na hÉireann, governo provvisorio della Repubblica irlandese. In meno di una settimana l’esercito inglese reprime i moti nel sangue e condanna alla pena capitale i suoi principali dirigenti. Come scrisse il poeta W. B. Yeats, era nata una terribile bellezza.


Per taluni la Rivolta di Pasqua è assimilata al martirio, a un atto di nazionalismo incosciente e disperato reso possibile da secoli di oppressione britannica. Per altri, essa ha rappresentato una tappa fondamentale per la storia dei popoli che anelano alla libertà.


A metà del XIX secolo una carestia da un milione di morti e la spoliazione sistematica delle proprietà contadine in un paese che esportava derrate alimentari avevano ormai svelato il vero volto del libero mercato inglese.
Più tardi, i fallimenti del movimento per l’Home Rule in Irlanda, sottolineavano l’impraticabilità della via parlamentare e riformista per un popolo colonizzato da un impero.


Nel 1913 si erano formati gli Irish Volunteers, l’organizzazione repubblicana nata in risposta alle violenze del gruppo paramilitare unionista Uvf. La carneficina della prima guerra mondiale, alla quale parteciparono una parte degli Irish Volunteers, dimostrerà che non potevano esserci vincitori in uno scontro fra poveri, impegnati in una guerra per procura e fomentata da una potenza straniera.


Nel 1913 si era formata anche l’Irish Citizen Army, braccio armato del sindacato per organizzare l’autodifesa dei lavoratori rispetto alla violenza poliziesca durante il “lock-out” di Dublino: più di 20.000 operai in sciopero generale durato sei mesi. A tutt’oggi uno degli eventi meno considerati dalla storiografia operaia europea.
Il 24 aprile di cento anni fa, mentre i proletari di ogni nazione morivano al fronte e la borghesia irlandese, l’impero britannico e la chiesa cattolica continuavano la loro pantomima fra sordi, gli Irish Volunteers, l’Irish Citizen Army e l’organizzazione militare femminile Cumann na mBan, decidevano di spostare la guerra dal cuore dell’Europa al cuore dell’impero; dimostrando che un’insurrezione profondamente nazionalista, quando è portata avanti da una classe operaia cosciente della propria condizione di sfruttamento, può legittimamente ascriversi all’interno dei moti più progressisti di un determinato periodo storico.


È in questo contesto che va collocata la Rivolta di Pasqua. Ancora oggi le parole di James Connolly, uno dei comandanti dell’insurrezione, ci offrono chiavi di lettura per comprendere le lotte nazionali dei popoli oppressi: «La causa dei lavoratori è la causa dell'Irlanda, la causa dell'Irlanda è la causa dei lavoratori».

Pubblicato il 

20.04.16
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