Malaffare

Oltre 190.000 franchi di ore retribuite in nero, oneri sociali non pagati, turni di lavoro massacranti per supplire alle mancanze di personale, ripetute infrazioni alla legge sul lavoro, agenti di sicurezza non autorizzati a esercitare dalla polizia, lacune sul fronte sanitario nella gestione di malattie infettive quale tubercolosi, assunzioni forse  raccomandate e pesanti indizi di riciclaggio di fondi di dubbia provenienza su cui sta indagando la magistratura. E per chiudere in bellezza, eufemisticamente parlando, maltrattamenti a un minorenne rifugiato.

È il riassunto di alcuni dei danni provocati dalla scelta del Dipartimento sanità e socialità diretto da Paolo Beltraminelli di affidare a una ditta nemmeno nata un appalto diretto nel delicato settore della gestione dei centri per rifugiati. Un appalto sottoscritto per un periodo di prova di sei mesi e ratificato tacitamente per tre anni consecutivi dal Dss senza alcuna risoluzione governativa. Complessivamente, 3,4 milioni di franchi pagati regolarmente dal Dipartimento delle finanze in 150 versamenti pur mancando la ratifica governativa. Un mandato diretto che ha ripetutamente infranto la legge sulle commesse pubbliche, come stabilito dal Controllo cantonale delle finanze. E ci si ferma qui.


Che cosa ha spinto il Dss a infilarsi in questo pantano? La madre di questa sequenza di errori è la politica del risparmio, l’essersi fatti ingolosire da un’offerta da dumping salariale senza curarsi dell’istigazione a delinquere che avrebbe provocato. Nel caso nulla fosse venuto alla luce, si sarebbe potuto esibire politicamente «il contenimento dei costi» nella gestione dei rifugiati. Ma per loro sfortuna, alcuni dipendenti di Argo 1 sostenuti dal sindacato Unia hanno testimoniato  davanti alla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, dando il via all’inchiesta. Allo stadio attuale, la Procura ha appurato l’esistenza di due contabilità, una ufficiale e una in nero.


Il  dumping produce il“nero”

Il “nero” s’imponeva per due motivi. Il dumping salariale da 35 franchi l’ora pattuito col Dss non consentiva di rispettare il Ccl. Per “economizzare” sugli stipendi, Argo 1 stipulava con la grande maggioranza dei suoi dipendenti un contratto di tipo C, cioè di lavoratori ausiliari per un massimo consentito di 900 ore l’anno, circa 80 ore mensili pagate 22,20 franchi lordi l’ora.
Lavorando molto di più, avrebbero dovuto modificargli la classe salariale e adeguare il compenso. Impossibile, visti i 35 franchi pattuiti col Dss. Da qui la scelta obbligata di segnare ufficialmente le ore massime consentite dal Ccl, pagando in nero le supplementari. “Risparmiando” così anche sugli oneri sociali. Per dare un’idea, un agente è stato pagato in nero per 168 ore supplementari a fronte di 180 ore regolarmente retribuite.


Due agenti il primo giorno
La seconda ragione per cui sono ricorsi al nero era la sottodotazione di personale, soprattutto nella fase iniziale.  Quando Beltraminelli firma il contratto affidando ad Argo 1 la gestione del centro a Lumino, la ditta è operativa già da tempo. Per coprire tre turni di 8 ore, Argo 1 ha due agenti. Ce ne vorrebbero otto, per garantire i riposi. Lo stesso Claudio Blotti, allora capo divisione Dss se ne accorge. Blotti interrogato dalla sottocommissione cantonale dichiara di aver visto a Lumino la notte gli stessi agenti già presenti al mattino. «C’erano dei turni da rispettare. Ho chiesto a Sansonetti se intendesse continuare con le stesse persone viste durante le prime 24 ore». Argo 1 farà quindi arrivare agenti in prestito da altre ditte, ma comunque insufficienti a coprire il fabbisogno. E dunque si ricorreva al lavoro supplementare pagato in nero. Ma c’era un altro problema. Come mascherare la sottodotazione?
Inserendo nei turni persone che non li facevano, tipo l’amministratore di Argo 1. Lui stesso a verbale ha dichiarato di non aver  svolto neanche un’ora come agente di sicurezza. Eppure il suo nominativo compariva spesso. E percepiva pure 5.000 franchi mensili da Argo 1. Un’altra spesa che erodeva quegli scarsi 35 franchi pagati dal cantone.


La strana assunzione
Ma non era il solo stipendio singolare all’interno di Argo 1. Un signore di mezza età, dopo aver purtroppo perso il lavoro nella vendita, viene assunto da Argo 1 in qualità di responsabile della logistica e dell’impiego dei rifugiati. Non possiede nessuna formazione nel campo, ma il Dss sostiene la sua assunzione, finanziandola inizialmente come programma occupazionale. Argo 1 poi lo assumerà, ma del suo stipendio non deve preoccuparsi. Almeno è quanto affermano sia Sansonetti che l’amministratore di Argo interrogati dalla magistratura. «Come detto, come Argo 1 gli verso lo stipendio che poi ricevo dal Cantone, su indicazione del Cantone stesso». Non si conosce il motivo per cui il Dss abbia avuto una particolare premura nel trovare un lavoro proprio a questo cinquantenne disoccupato, tra i tanti in quella triste situazione. L’unica cosa certa è che la funzionaria responsabile del servizio richiedenti l’asilo è una sua cara conoscente. Va specificato che la Procura non ha trovato indizi di reato su questo punto.


6 ore ammanettato alla doccia

Nei risvolti negativi dell’affare Argo concluso dal Dss, vi è anche la gestione del servizio offerto, non propriamente eccellente. Leggendo i verbali d’interrogatorio, sia i dipendenti che l’amministratore definiscono quello di Sansonetti uno stile di conduzione “militaresco”. L’uomo che avrebbe ammaliato funzionari, dirigenti e capo Dipartimento sanità e socialità, nelle chat interne a disposizione della magistratura scrive dei messaggi piuttosto duri. Anche nei confronti dei rifugiati, non si esprime teneramente. «Vorrei chiedervi chi è disposto a supportare questa sera gli agenti in servizio “solo in caso di possibile aggressione su di noi”. Vorrei far capire ai RA (richiedenti asilo, ndr) che tutti gli agenti sono compatti e che sanno far rispettare le regole senza l’aiuto della polizia. Ce bisogno di sistemare quei elementi fastidiosi. Cap sansonetti». O ancora «Un giorno di questi i capo gruppo organizzeranno un blitz di riordino su alcuni richiedenti l’asilo problematici. Buon lavoro. Cap. Sansonetti».


Ricordiamo che Sansonetti è indagato per i reati di sequestro di persona e rapimento, coazione, lesioni corpose gravi e omissioni di sicurezza, nei confronti di un minorenne rifugiato, rimasto ammanettato 6-7 ore a un tubo della doccia. Per questi reati sono indagati anche dei poliziotti della cantonale, in un’inchiesta coordinata dal procuratore generale John Noseda non ancora conclusa.  Nemmeno sul piano politico la vicenda pare concludersi, perché i vari partiti stanno discutendo se fare un altro approfondimento attraverso uno o l’altro tipo di commissione. Quanto emerso non è forse sufficiente?

 

Il filo azzurro che porta all’agenzia di sicurezza


Dalle ultime rivelazioni sul caso Argo 1 scovate dalla stampa, Rsi in particolare, emergono altri fatti piuttosto inquietanti o perlomeno imbarazzanti per la classe politica. Il Dipartimento coinvolto è diretto da Paolo Beltraminelli, rappresentante del Partito popolare democratico. L’allora capogruppo del medesimo partito in Gran Consiglio (e oggi presidente del partito ticinese), Fiorenzo Dadò, ha soggiornato per alcuni giorni in un lussuoso albergo di Bormio in Valtellina con la sua compagna nel settembre 2014. Nonostante lo scandalo Argo imperversi ormai da mesi, recentemente si è scoperto che a prenotare l’albergo fu il responsabile di Argo 1, Marco Sansonetti, e che per rendere loro il soggiorno più piacevole, il titolare dell’agenzia ha pure offerto alla coppia due cene dal valore di 150 euro.
Era settembre 2014, giusto due mesi dopo che Argo 1 aveva ricevuto dal Dss il primo appalto nei centri dei richiedenti e si apprestava a riceverne un secondo a Peccia. La compagna di Dadò è la capo servizio cantonale dei richiedenti, ma in realtà è capo di se stessa, essendo l'unica funzionaria di quel ufficio. Il presidente Ppd, dopo essersi inizialmente difeso affermando di essere un semplice cittadino (e dunque non corruttibile per il mandato), ha poi ammesso di aver peccato di ingenuità nell’accettare quel pagamento. Ha pure spiegato di essersi accorto dell’anticipo di Argo 1 solo al momento di saldare il conto «in contanti» di oltre 1.200 euro. Perché Dadò abbia pagato in contanti non è chiaro, tanto più che in Italia in quel momento sarebbe stato illegale. Per una norma anti-riciclaggio voluta dal governo Monti, i pagamenti superiori ai mille euro si potevano effettuare solo attraverso carta di credito per una questione di tracciabilità. Esclusa una possibile corruzione vista la pochezza della cifra di 150 euro, la Procura ha emanato un decreto di abbandono relativo alla compagna di Dadò. Diverso il discorso da funzionaria statale, dove il regolamento cantonale impone di non accettare “regalie” superiori ai 50 franchi. Per questo motivo il governo ha avviato un’inchiesta amministrativa sulla funzionaria che è pure consigliera comunale a Bellinzona eletta nelle liste del Ppd.
Volenti o nolenti, il partito azzurro primeggia nello scandalo Argo.

Rettifica: Il pagamento in contanti superiore ai mille euro è consentito in deroga «per una persona fisica che non abbia cittadinanza italiana né quella di uno dei paesi dell'Unione Europea e dello Spazio Economico Europeo (di cui la Svizzera non fa più parte) e risieda al di fuori del territorio dello Stato». Ci scusiamo con i lettori e gli interessati per l'errore.

 

 

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Pubblicato il 

28.09.17