Ha suscitato grande sorpresa l'accettazione da parte del popolo dell'iniziativa contro la costruzione sfrenata di abitazioni secondarie. In realtà, di sorprendente c'è solo la sorpresa di chi ha sottovalutato l'oggetto e il suo impatto sull'opinione pubblica. Perché questa iniziativa mirava in primo luogo a preservare il territorio e il paesaggio alpini. E le Alpi sono quanto di più sacro ci sia nella coscienza collettiva degli svizzeri. La Svizzera senza Alpi non può esistere. Basti ricordare dove si sarebbe ritirato il Paese tutto in caso d'invasione nazista durante la seconda guerra mondiale: nel ridotto alpino. Che poi il mito delle Alpi pure e libere sia un prodotto d'importazione del Romanticismo (a cominciare dall'eroe nazionale, Guglielmo Tell), poco importa: l'ideale di un mondo alpino incontaminato è profondamente radicato negli svizzeri, come già aveva dimostrato l'accettazione dell'Iniziativa delle Alpi.
È su questa peculiarità che nella votazione dell'11 marzo si è giocata una frattura fra mondo urbano e regioni periferiche, con le prime che hanno votato avendo in mente un improbabile ideale e le seconde pensando al portafoglio (non necessariamente traboccante di soldi). E qui un problema c'è davvero, con una realtà urbana maggioritaria che vuole imporre alle regioni periferiche di corrispondere ad un suo astratto ideale: le Alpi come parco dei divertimenti e custodi dell'identità nazionale. Guardandosene bene però, in quest'epoca iperliberista, di concedere alla periferia i mezzi necessari per dare concretezza a questo progetto. Che s'arrangino, 'sti montanari, a fare quel che vogliamo noi.
Ma sarebbe sbagliato ridurre il voto di domenica ad una scelta irrazionale. Perché tutti hanno sotto gli occhi lo scempio urbanistico compiuto in troppe località dell'arco alpino. Uno scempio pagato da tutti a profitto di pochi, e che rischia di minare le basi stesse su cui poggia l'industria turistica nelle Alpi, cioè il paesaggio e la natura. E perché anche nelle regioni periferiche l'iniziativa i suoi consensi li ha raccolti. Certo, essa è formulata in maniera grossolana, e ha nel mirino situazioni ben precise, come St. Moritz piuttosto che Laax, Gstaad o Verbier: per altre, come gran parte delle valli ticinesi, è inadatta se non controproducente. Ma non abbiamo dubbi: visti gli interessi immobiliari in gioco, il parlamento saprà escogitare una legge d'applicazione attenta a questi interessi non meno che a quelli della natura e del paesaggio.

Pubblicato il 

16.03.12

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