Lavorare meno per lavorare tutti. Lavorare meno per vivere meglio. Per anni queste parole d'ordine campeggiavano in ogni raduno e corteo sindacale. Da parecchi anni non più. Eppure la disoccupazione non è scomparsa, né qui, né altrove. Si è anche aggravata, in particolare fra i giovani. Cosa è successo allora? Molte cose, ma, soprattutto, l'esito poco evidente, in termini di occupazione aggiuntiva e di migliore qualità di vita, delle politiche di riduzione del tempo di lavoro là dove sono state perseguite con più determinazione, in Francia e in Germania. Risultati ce ne sono, ma controversi, il movimento sindacale è oggi ancora più debole, e si è cominciato ad innestare la retromarcia.
Cominciamo dalla Francia. La legge del 1998 introduce le 35 ore dal 2000 per le imprese con più di 20 addetti, dal 2002 per le altre. Nel contempo introduce più flessibilità: tempo di lavoro annualizzato, orari settimanali effettivi che possono essere adattati alle necessità aziendali, molte ore di straordinari (da pagare di più) accresciuto. I dati ufficiali dicono che poco meno del 60 per cento dei salariati beneficia effettivamente delle 35 ore. Si stima che, grazie alla riduzione del tempo di lavoro, siano state effettuate 350 mila assunzioni supplementari: davvero poche per un paese con 23 milioni di salariati. La competitività delle imprese non ne ha sofferto, poiché il maggior costo dell'ora lavorata è stato neutralizzato dalla maggiore produttività e dall'accresciuta flessibilità. La maggioranza dei lavoratori è soddisfatta del nuovo regime ma circa il 40 per cento no: il lavoro è più intenso e la sua durata effettiva più variabile. Le prospettive della grande riforma sono incerte: il Ps vuole la generalizzazione delle 35 ore, la destra vuole rendere ancora più allettante il ricorso alle ore straordinarie, con facilitazioni finanziarie per le imprese.
Passiamo alla Germania. Dopo anni di lotta, nel 1995 i sindacati avevano imposto le 35 ore nella metallurgia e nelle tipografie. Il colosso Volkswagen era andato oltre, nelle aziende dei Länder occidentali: 4 giorni lavorativi per 28,8 ore settimanali. Il tentativo di Ig Metall di imporre le 35 ore anche nei nuovi Länder è però fallito nel 2003, nonostante grandi scioperi. Da allora, con il sindacato indebolito e lo spauracchio della globalizzazione e delle delocalizzazioni, la retromarcia verso le 40 ore è stata innestata da molte imprese, e Volkswagen ha soppresso la settimana di 4 giorni ed è risalita dalle 28,8 alle 33 ore settimanali (il che, visto dalla Svizzera, rimane pur sempre straordinario…).
Con questi precedenti di Francia e Germania, si capisce che i sindacati svizzeri abbiano trascurato le battaglie sul tempo di lavoro (anzi, in questi giorni si sono accordati con le Ffs per passare dalle 40 alle 41 ore!).
Tuttavia, ne siamo sicuri, il discorso non è chiuso. La riduzione del tempo di lavoro è una tendenza storica fra le più positive da oltre un secolo.
Lavorare stanca ancora, e ci si ammala anche, come pure di disoccupazione. E poi, se il lavoro è vita, la vita non è lavoro.

Pubblicato il 

22.12.06

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