Lavoro

Prosegue indisturbato l’uso disinvolto delle parole inglesi. O piuttosto il loro uso truffaldino, per far intendere una cosa per l’altra oppure contemporaneamente una cosa e il suo contrario o, meglio, non far capire niente. Una di queste parole è “flat tax”, l’imposta piatta, l’aliquota fiscale non progressiva, uguale per tutti. Ecco finalmente felici i possessori di patrimoni e redditi alti, che vedono così realizzato il loro sogno di togliere di mezzo quell’intollerabile rimasuglio di socialismo costituito dall’aliquota che cresce a dipendenza del reddito, secondo il principio che chi più ha, più dovrebbe contribuire.


   Se non che la “flat tax” nelle promesse elettorali di Berlusconi era accompagnata da un aggettivo, “progressiva”. Dunque un’imposta non progressiva ma progressiva, un pasticcio linguistico il cui intento era però chiaro: ottenere i voti dei redditi alti e insieme i voti dei poveri, concedendo a questi ultimi una qualche forma di esenzione che si potrebbe far passare per progressione. Un po’ come la “riforma fiscale e sociale” – cioè antisociale ma sociale – in Ticino, una sostanziosa riduzione delle imposte per i contribuenti più ricchi abbinata ad alcuni vantaggi per i redditi bassi, miglioramenti che a malapena riescono a compensare i tagli nella socialità effettuati negli ultimi anni. Far votare dai poveri i privilegi per i ricchi.


   Oltre alla riforma fiscale, le promesse di Berlusconi includevano il solito milione e mezzo di posti di lavoro e il solito progetto di ponte sullo Stretto di Messina. Un buon numero di italiani ci ha creduto e lo ha votato nelle elezioni svoltesi il 4 marzo scorso. Ora supponiamo che tra quelle persone sia compreso anche un addetto alla manutenzione di Rete ferroviaria italiana, che purtroppo lavora con un contratto a termine e spera di essere assunto fra quel milione e mezzo di posti di lavoro stabili. Quel precario è anche convinto che sia meraviglioso permettere ai siciliani di andare a bere il caffè a Reggio Calabria e inoltre crede che non sia del tutto cattivo un sistema di imposte non progressive ma progressive, cioè che una cosa sia uguale al suo contrario, non ha mai posseduto abbastanza soldi per comprare la Metafisica di Aristotele. Un giorno si accorge che il giunto di una rotaia non poggia sulla traversina, e pensa: devo avvertire il caposquadra che sarebbe il caso di cambiare la rotaia e anche verificare se esistano altri giunti con lo stesso problema, oppure posso infilare lì sotto una zeppa di legno provvisoria e chi s’è visto s’è visto? Gli è indifferente scegliere fra le due cose. Perché complicarsi la vita? Chi me lo fa fare? Cambia qualcosa della mia condizione di precario? E a colpi di martello spinge una zeppa di legno sotto il giunto. Il 25 gennaio scorso alle 7 di mattina quel giunto difettoso all’altezza della stazione di Pioltello ha ceduto, causando il deragliamento del treno Cremona-Milano costato la vita a tre donne e il ferimento di una quarantina di viaggiatori.


   Qualcuno ha scritto che l’assenza dell’etica professionale e con essa dell’etica pubblica è in diretto rapporto con l’assenza della dignità del lavoro. Forse è bene capovolgere i termini della relazione: se si priva di dignità il lavoro, non si dà etica professionale, e di conseguenza scompare l’etica pubblica.

Pubblicato il 

15.03.18

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