L'editoriale

Negli anni Settanta i dirigenti della Eternit sapevano perfettamente (e da tempo) che con la lavorazione dell'amianto esponevano i loro dipendenti al rischio di ammalarsi e di morire. Non avendo adeguato di conseguenza i loro comportamenti, si sono resi colpevoli del reato di omicidio colposo. È una verità quasi scontata (e non alla luce delle conoscenze di oggi ma di quelle dell’epoca) che sin qui nessun tribunale svizzero aveva mai voluto o potuto appurare, ma che il mese scorso è stata finalmente riconosciuta addirittura dalla massima istanza giudiziaria elvetica: il Tribunale federale.


Anche se nessuno dei responsabili potrà mai più essere chiamato a renderne conto davanti alla giustizia, si tratta di un'ammissione quasi sensazionale per un paese come la Svizzera, che con le sue leggi e le sue pratiche tutte orientate a salvaguardare gli interessi economici del padrone e totalmente incuranti dei diritti dei lavoratori, ha sempre solo protetto il “buon” nome di quell’azienda maledetta che ha seminato morte in giro per il mondo.  


Dopo essersi per anni sempre limitati a negare ogni responsabilità degli allora dirigenti della multinazionale dell’amianto (controllata dalla famiglia Schmidheiny fino a una decina di anni fa), appellandosi soprattutto alle norme vigenti in materia di prescrizione dei reati, per la prima volta i giudici dell’alta corte hanno guardato oltre i codici e i manuali di diritto e messo il naso dentro la fabbrica.


Lo hanno fatto occupandosi del caso di un morto d’amianto a soli 49 anni che aveva lavorato all’Eternit quando era ancora un ragazzino (ne riferiamo all’interno del giornale) e giungendo all’impietosa conclusione che il comportamento dei responsabili dell’azienda fu criminale: la morte del giovane lavoratore esposto alle polveri di amianto era un evento «prevedibile» alla luce delle conoscenze scientifiche dell’inizio degli anni Settanta.


L’ammissione è sicuramente tardiva e in Svizzera non potrà mai essere tradotta in un atto concreto di giustizia (il reato è ormai prescritto...). Ciò è sicuramente urtante, ma di questa sentenza va sottolineato il  grande valore simbolico per tutte le vittime dell’amianto che finora si erano solo sentite dire che “è troppo tardi”.


E non è escluso che le conclusioni dei giudici svizzeri serviranno in qualche modo ai magistrati italiani della Procura di Torino che, dopo lo storico processo per le vittime degli stabilimenti italiani dell’Eternit (entro l’anno dovrebbe giungere la sentenza definitiva), stanno indagando sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche elvetiche in relazioni alla morte di cittadini italiani che vi avevano lavorato.

Pubblicato il 

23.01.14

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