"Un successo". Il Gruppo Commercianti di Chiasso non risparmia il suo entusiasmo quando parla delle aperture domenicali dei negozi nel borgo di confine. Ma tutti i negozianti la pensano così? Area ha voluto verificarlo, e ha scoperto che le posizioni sono molto più differenziate di quanto la propaganda ufficiale non lasci credere. C'è chi parla di pienone e chi invece di mortorio riferendosi alle aperture domenicali in Corso San Gottardo a Chiasso.

Il "Gruppo Commercianti di Chiasso" (Gcc) ritiene che sia stata un'esperienza positiva, che ha dato una scossa ai piccoli commerci della città, e che valga la pena di continuare. Per altri i problemi del borgo non si risolvono aprendo i negozi la domenica, anzi, questo ha solo peggiorato le cose.
Il permesso per le aperture domenicali è stato recentemente prolungato dal Dipartimento finanze e economia (Dfe) fino a fine anno, ma per ora l'idea del Gcc è quella di tenere aperto solo 2 domeniche al mese, in concomitanza con delle manifestazioni. Perché, se le cose andavano così bene?
Area ha fatto un giro tra i negozianti (che preferiscono restare anonimi) per raccogliere le loro impressioni. «La trovo una bella cosa, io credo nella zona pedonale di Chiasso», esordisce il primo commerciante interpellato. Poi però il suo entusiasmo cala con il proseguire del discorso: «È chiaro che restare in negozio la domenica non è la mia massima aspirazione, avrei cose più interessanti da fare, ma una domenica ogni tanto ci si può anche sacrificare, per solidarietà. Perché se si vuole che funzioni bisogna essere uniti». Resta però dell'idea che non debba essere una cosa imposta «Io non metto il cartello "domenica aperto", perché voglio poterlo decidere alla domenica mattina se venire o meno in negozio, non voglio sentirmi obbligato».
Un'altra negoziante si dice solidale con il municipio e quindi aderisce all'iniziativa, ma «più di due domeniche al mese non ce la farei: non ho dipendenti e lavorare sempre 7 giorni su 7 sarebbe troppo pesante». Per quanto riguarda l'incremento degli acquisti aprendo la domenica, le risposte sono spesso del tipo: «Non ho un riscontro immediato di acquisti, magari vengono, guardano e poi ripassano in settimana a comperare». C'è chi parla di una cinquantina di franchi d'incasso per tutta la giornata, ma nessuno ritiene di aver fatto grandi affari proprio di domenica.
Il numero di persone che frequentano il Corso di domenica (ma in settimana non è molto diverso) sembra dipendere, oltre che dalla presenza di manifestazioni correlate, anche dalla meteo e «devo dire che con il tempo non siamo stati molto fortunati. D'estate poi, quando è bel tempo la gente preferisce andare in piscina che venire a passeggiare sul Corso, e ha ragione. Credo che ci siano molte cose più intelligenti da fare la domenica che non andare a fare shopping», dice una negoziante. E fra le varie vetrine di Corso San Gottardo, c'è anche chi non entra neppure in merito all'apertura domenicale «È 40 anni che ho il negozio e 40 che la domenica è giorno di riposo. Non vedo perché dovrei iniziare ora a lavorare anche di domenica: ho bisogno anch'io di riposarmi almeno un giorno per settimana».
L'associazione Gruppo commercianti di Chiasso (Gcc) ritiene che sia proprio il piccolo commercio a richiedere iniziative come questa «Sono solo i piccoli commerci che hanno ottenuto i permessi per le domeniche, ed è una necessità poter aprire in concomitanza con manifestazioni che richiamano gente nel centro cittadino», spiega Carlo Coen. Il sindaco Moreno Colombo, ribadisce che «Il municipio deve appoggiare questi giovani commercianti in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando, è per questo che promuoviamo iniziative di questo tipo. Abbiamo organizzato varie manifestazioni, da qui a fine anno, per accompagnare le aperture dei negozi e rilanciare la città». È lo stesso sindaco, del resto, che spedisce alle redazioni i comunicati stampa sui nuovi negozi
che aprono a Chiasso.
Dal canto suo, Unia rileva che «Molti piccoli e medi commerci ci hanno comunicato la loro impossibilità a conciliare la legge sul lavoro con le aperture domenicali, non avendo sufficienti mezzi per una rotazione del personale adeguata. Si tratta di misure che non portano praticamente mai all'assunzione di nuovo personale e non fanno che mettere in ginocchio il piccolo commercio. Con la promozione di iniziative di questo genere, ci troviamo quindi di fronte a situazioni d'illegalità sempre più tollerate e ad una mancanza di apparati di controllo», spiega Enrico Borelli, responsabile del settore terziario per Unia Ticino. «Stiamo assistendo ad una strumentalizzazione di un periodo di crisi per attaccare i diritti delle persone. Non è dilatando gli orari d'apertura dei negozi che la gente spende di più. Occorre invece aumentare il potere d'acquisto» prosegue Borelli, che conclude: «Questa iniziativa chiassese si inserisce in un progetto ben più ampio che comprende anche la manifestazione "Ticino Emozioni" e la nuova legge sugli orari d'apertura. Tutte iniziative che non portano nessun giovamento al personale di vendita (il quale è contrario a queste misure), iniziative che sono assurde dal punto di vista economico, ma anche dei diritti del personale e giuridico».

A Friburgo la parola passa al popolo

Friburgo – Tentativi di estendere gli orari di apertura dei negozi sono in corso in vari cantoni della Svizzera. Le organizzazioni sindacali e i movimenti che si oppongono ad un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro di una categoria professionale già tartassata guardano  dunque con interesse alla votazione popolare che si tiene questo fine settimana nel canton Friburgo. Gli elettori dovranno infatti esprimersi su una modifica legislativa che sposterebbe la chiusura dei negozi dalle 16 alle 17 il sabato e dalle 21 alle 20 il giovedì.
Si tratta apparentemente di cambiamenti minimi, ma in realtà non lo sono. «Dietro ad essi si nasconde infatti un preciso disegno volto a creare un abitudine al consumo attraverso l'illusione di nuovi bisogni», afferma il comitato referendario (di cui fanno parte forze sindacali e politiche della sinistra) sottolineando come non esista alcuna prova o alcuno studio che dimostri una simile necessità da parte dei consumatori: «Si tratta di pure speculazioni ideologiche».
D'altro canto le conseguenze sulla qualità di vita di più di 9.500 salariati e delle loro famiglie sarebbe pesante: non disporrebbero più del loro sabato sera per svolgere attività sociali normali, visto che lo spostamento della chiusura alle 17, comporterebbe di fatto anche l'allungamento del tempo di lavoro di un'ora, fino alle 18. E la chiusura anticipata del giovedì non compenserebbe poiché il personale impiegato è numericamente molto inferiore durante la settimana.
Anche a Friburgo si è insomma voluto dare un'ennesima accelerata al processo di liberalizzaziohne in atto in questo settore, senza offrire alcuna contropartita: per i commercianti un contratto collettivo di lavoro «costerebbe troppo». Preferiscono continuare a realizzare grandi profitti sulle spalle delle lavoratrici (circa l'88 per cento) e dei lavoratori della vendita.

Pubblicato il 

25.09.09

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