100mila franchi recuperati nel 2007. Questo l'importo derivante dalle centinaia di cause, solo quelle vinte, intentate dalla sezione locarnese del sindacato Unia a tutela dei suoi associati, lavoratori nella ristorazione e nel settore alberghiero. Una cifra importante,  che però rappresenta la classica punta dell'iceberg nel senso che è solo quanto emerge da una realtà sommersa. Un grido d'allarme lanciato dai sindacalisti per un fenomeno che, oltre a penalizzare finanziariamente i lavoratori, mette a repentaglio il nome dell'intera categoria. Senza dimenticare i possibili danni d'immagine per un ramo economico di una regione votata al turismo qual è il Locarnese.

Un primo dato aiuta a comprendere l'entità del fenomeno. Su oltre 5 mila lavoratori attivi nel settore nella regione del Locarnese, sono circa 700 gli affiliati al sindacato Unia, poco più del 10 per cento degli addetti. La somma effettiva dovrebbe tener conto di tutte le cause intentate e non solo quelle di Unia, si veda altri sindacati o avvocati incaricati dai lavoratori perché non affiliati. Sovente accade che il lavoratore coinvolto non provi neanche a recuperare il dovuto per diverse ragioni. Vuoi perché non è affiliato al sindacato e quindi non in grado di assumersi le spese legali, oppure perché è stagionale e si accontenta di quel che passa il convento o ancora perché non conosce i propri diritti. Infine, vi sono tutte quelle cause perse per insufficienza di prove. Daniele Marandola, funzionario Unia di Locarno: «Questo è un problema grave. Per vincere una causa concernente le ore di lavoro non retribuite correttamente, è fondamentale avere il piano di lavoro delle ore prestate. Quest'ultimo deve essere firmato sia dal dipendente che dal datore di lavoro. La legge prescrive l'obbligatorietà di questo documento, ma è diventato sempre più difficile che il datore di lavoro lo fornisca. E in assenza di questo documento, vincere davanti al pretore diventa difficile».
La prima regola per il dipendente è controllare il piano di lavoro ed esigerne la firma. Visto che è obbligatorio per legge, cosa rischia il datore di lavoro se non lo compila? In quale sanzione incorre? «Sicuramente è poco dissuasiva. Se ne verifichiamo l'assenza, noi segnaliamo il caso all'ufficio di vigilanza della commissione paritetica nazionale del settore. L'ispettore annuncia con qualche giorno di anticipo il controllo in ditta, e se riscontra l'assenza del piano di lavoro, lo annota nel rapporto. La ditta ha trenta giorni di tempo per inoltrare le sue osservazioni e nel caso queste  siano insufficienti, riceve un primo ammonimento. Solo in caso di una seconda infrazione ripetuta riceverà una multa». L'ufficio di sorveglianza del Ccl della ristorazione e alberghiero da noi contattato, non precisa neanche indicativamente l'ammontare della multa in caso di recidività, adducendo che si tratta di questioni coperte da segreto professionale. I responsabili dell'ufficio ci comunicano però che l'importo della sanzione può variare da un minimo di seicento franchi ad un massimo di ventimila. Teoricamente dunque, la multa potrebbe anche essere salata. Ancora Marandola: «Dei casi a nostra conoscenza, l'importo è molto più vicino al minimo previsto». Secondo il sindacalista, il fenomeno è piuttosto recente. «Quando nel 1998 il settore ha avuto un contratto collettivo di forza obbligatoria, siamo intervenuti in maniera importante per far rispettare le regole del gioco, ottenendo dei buoni risultati. Ma da circa due anni, riscontriamo nella nostra zona che il malandazzo nel settore della piccola e media ristorazione e alberghiera è generalizzato» racconta Marandola «il problema fondamentale che rileviamo è il cambio di gerenza e di proprietà continuo nel settore. Il più delle volte siamo confrontati con un nuovo gerente che dice, o finge, di non conoscere il Ccl.  E ci tocca ricominciare da capo» conclude Marandola.
Un vero grido d'allarme quello lanciato dai sindacalisti del Locarnese. Una regione dove giova ricordare che il settore turistico ricopre un ruolo centrale nell'economia locale. Avere dei dipendenti scontenti del proprio lavoro perché vittime di gerenti ignoranti o approfittatori, non favorisce certamente la qualità del servizio offerto ai clienti. Forse qualcuno recepirà il messaggio politico lanciato dal sindacato prima che sia troppo tardi.

"Di più non possiamo fare"
Gabriele Beltrami, segretario di Gastrosuisse, difende la categoria

Gabriele Beltrami, segretario cantonale di Gastrosuisse, cosa risponde al grido di allarme del sindacato Unia?
La nostra associazione è la prima a volere i controlli che verifichino il rispetto del contratto collettivo di lavoro.
Per Unia uno dei problemi maggiori è il frequente cambio di gerenza dei locali.
Di cambi gerenza ce ne sono in media una sessantina al mese in tutto il Ticino. Non sempre però si tratta di veri e propri cambi di gerenza. In alcuni casi sono passaggi di gestione da padre in figlio o cambi di natura giuridica della forma di proprietà.
I sindacalisti sottolineano la scarsa conoscenza delle norme contrattuali da parte dei gestori.
Tempo fa abbiamo chiesto un incontro all'ispettrice dell'Ufficio nazionale di sorveglianza che svolge i controlli in Ticino per verificare quali sono i difetti che riscontra maggiormente nel nostro territorio. L'intento è quello di avere le informazioni per sensibilizzare i nostri associati in maniera specifica. Inoltre, sempre a livello informativo, abbiamo pubblicato l'intero Contratto collettivo di lavoro sul settimanale il Caffè, commentando ogni articolo per rendere più semplice la comprensione. Di più non possiamo fare.
I sindacati riscontrano spesso l'assenza del piano di lavoro.
Difatti è la problematica più frequente. Per farvi fronte, abbiamo elaborato un unico modello di piano di lavoro che a breve distribuiremo ai nostri affiliati.
Lei può dire quale tipo di sanzione c'è nel caso di assenza di piano di lavoro?
Con precisione non la sappiamo neanche noi. È di competenza esclusiva dell'Ufficio di sorveglianza del Ccl.
A suo giudizio, nel caso specifico, la multa è dissuasiva?
Per quanto sono a conoscenza, come nel caso d'inosservanza delle norme sull'igiene, si tratta di multe che quando arrivano fanno male.
Ritiene che la vostra associazione abbia fatto il possibile per arginare il fenomeno denunciato?
Il pubblico spesso ignora un dato: nella nostra categoria non c'è l'obbligo dell'affiliazione. Su 2'700 esercizi pubblici, Gastrosuisse conta 1'650 soci. Altri 500 sono albergatori, mentre il resto non è associato alla nostra organizzazione. Sovente, sono proprio quelli che cambiano gerenza rapidamente e rovinano il nome della categoria. Su questi casi, purtroppo, non possiamo fare nulla. In ogni caso, la nostra associazione è a disposizione per cercare delle soluzioni.

Pubblicato il 

30.05.08

Edizione cartacea

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