Italia

Il Partito democratico si è trasformato in un partito talmente liquido che la “ditta” cara a Bersani rischia di finire in liquidazione coatta. Secondo chi conosce le segrete carte del Pd, il grido d’allarme sul crollo degli iscritti, passati da oltre 500.000 a 100.000 nell’arco di un anno, sarebbe addirittura addomesticato rispetto a una realtà ancora più drammatica.

 

Drammatica, evidentemente, solo per chi pensa a un partito novecentesco fatto di ideali, valori, progetti costruiti collettivamente da una comunità solidale di uomini e donne radicati nei territori e nelle realtà sociali. Una volta si chiamavano militanti, poi più prudentemente attivisti. Ora semplicemente non servono più. Al massimo, nel Pdr (Partito di Renzi), c’è bisogno di bravi organizzatori di eventi e cene di sottoscrizione in sostituzione dei sostegni economici che in passato arrivavano dal tesseramento. Persino le primarie arrivate per emulazione dagli Usa sembrano aver esaurito la loro spinta propulsiva, se in quella che rappresentava la “regione rossa” per eccellenza, l’Emilia, i votanti sono crollati da 400 a 50 mila. A meno che a partecipare alle primarie ci sia Lui, Matteo Renzi, il deus ex machina, “il personaggio della tragedia greca, la divinità che compare sulla scena per dare una risoluzione ad una trama ormai irrisolvibile secondo i classici principi di causa ed effetto” (Wikipedia).


Ancora una volta il Belpaese ha trovato il suo salvatore, il cavaliere senza paura (difficile sbilanciarsi aggiungendo senza macchia, visti i precedenti italici). Il quale vuole liberarsi dei corpi intermedi a partire dai sindacati e rivolgersi direttamente al popolo, spazzar via lacci e vincoli lasciando liberi di correre gli spiriti animali del capitalismo. Anche Costituzione e Statuto dei lavoratori rappresentano dei freni al libero fluire del mercato. A Renzi degli iscritti non gliene può fregare di meno, come si dice a Roma. Se D’Alema e Bersani avevano le tessere, “io ho i voti”. Quel 41% di consensi raccolti alle europee tra la metà dei votanti (dunque, non più del 20% reale, ma solo chi vota ha ragione) è diventato il grimaldello con cui il presidente del Consiglio, nonché segretario del Pd, scardina tutte le porte, compresa la cultura di sinistra e le regole della democrazia. La sinistra è poco più di uno stato d’animo (di sinistra è “il cambiamento”, di destra “la conservazione”), perché contano i voti da qualsiasi parte arrivino. La democrazia, se proprio bisogna tenersela, dev’essere governante. I padroni guai a chiamarli padroni e gli operai meglio non chiamarli proprio, in ogni caso il Pdr sta con gli uni e con gli altri perché, come dice il suo modello Marchionne con cui si schiera senza se e senza ma, la lotta di classe non esiste più e siamo tutti sulla stessa barca. Io voglio fare per l’Italia quel che Marchionne ha fatto per la Fiat, dice: per chi non lo ricordi, il supermanager italo-canadese ha la residenza in Svizzera e ha trasferito intelligenze, brevetti, ricerca e lavoro dall’Italia agli Usa, e la Fiat ha sede fiscale in Olanda e finanziaria in Gran Bretagna.


Il modello sociale e di partito è dunque quello americano, con un’aggravante: quello di Renzi è praticamente un partito unico basato sul pensiero unico, dato che la destra berlusconiana funziona come ruota di scorta quando qualche irregolare o rottamato del Pd alza la cresta e i conti in Parlamento non tornano più. Nel semestre italiano dell’Ue Renzi vuole consegnare lo scalpo dei lavoratori, visto che altro da offrire non ha. Democrazia governante, controriforme costituzionali, leggi elettorali compatibili con gli interessi di Berlusconi e contropelo allo Statuto, naturalmente in nome dei più deboli, precari e disoccupati. Renzi è un prestigiatore che mette nel cappello i diritti dei lavoratori regolari e giura di tirarne fuori conigli per gli irregolari. Eguaglianza al ribasso, si chiama.


Chi si oppone, nel Pd, è sottoposto al pubblico ludibrio non del partito ma della “gente”. Rottami. Come dice Cuperlo, oltre che liquido il Pdr è acido. Il Pd passa dalle correnti alle lobby, perciò le tessere sono inutili. Chi non è d’accordo, salvo poche lodevoli eccezioni, si adegua perché fa il sindaco, o l’assessore, o il funzionario, o il dirigente di Asl, Camere di commercio, associazioni imprenditoriali. Lodevole che Civati si faccia riprendere con Vendola e Landini contro il partito unico e lo scippo dell’art.18. Lodevole che, alla fine, non solo la Fiom ma anche la Cgil scenda in piazza sabato 25 ottobre.

Pubblicato il 

09.10.14

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato