Fiduciari

Il doppio incarico suscita perplessità sull’eventuale conflitto d’interessi. In discussione non è l’uomo, ma la credibilità dell’autorità. Gli uomini passano, le istituzioni restano. Ne parliamo col diretto interessato.

Nel 1985, caso unico e mai replicato in Svizzera, il cantone Ticino promulga una legge che regola l’attività dei fiduciari. Nicola Bravetti, all’epoca presidente della Federazione ticinese delle associazioni di fiduciari «che più di tutti si era battuto a favore della legge», riassunse al portale Ticinonline le ragioni per cui si decise l’adozione di una legge specifica. «La piazza finanziaria ticinese era in piena espansione; parallelamente emergeva in tutta la sua drammaticità il problema del riciclaggio di denaro sporco. Con la legge si voleva evitare che la piazza ticinese fosse utilizzata da operatori poco coscienziosi per riciclare soldi sporchi». Parole profetiche, quelle del Bravetti. Quest’anno è stato condannato due volte per reati finanziari legati al riciclaggio: tre anni e quattro mesi dal Tribunale di Milano in gennaio e sette anni dal Tribunale di Como in febbraio.


Tornando al 1985, parallelamente all’entrata in vigore della legge, fu istituito il Consiglio di vigilanza col compito di sorvegliare l’attività dei fiduciari. I suoi compiti erano molto ridotti, più che altro quale organo consultivo e competente nel rilascio di autorizzazioni all’esercizio della professione di fiduciario. Dopo tre revisioni e un tentativo fallito di abolirla nel 2005, la nuova versione della legge cantonale sui fiduciari entrò in vigore nel 2012, ampliando i compiti esecutivi e di controllo del Consiglio di  vigilanza.


I ripetuti casi giudiziari di quest’anno che hanno investito la piazza ticinese dei fiduciari, hanno però evidenziato i limiti dell’efficacia della legge e degli organi preposti al controllo.


L’arresto in Italia per truffa e riciclaggio di 22 milioni di euro ai danni del gruppo Carige di Davide Enderlin (personaggio noto della piazza luganese e ora inquisito anche dal Ministero pubblico ticinese per altre due inchieste per malagestione) ha sollevato non poche perplessità. Enderlin, la cui attività professionale è forse assimilabile a quella di fiduciario, non era iscritto all’albo di categoria cantonale pur essendo obbligatorio per legge. A patrocinare Enderlin per le inchieste sul versante svizzero, è l’avvocato Luca Marcellini, ex procuratore generale e, soprattutto, attuale presidente del Consiglio di vigilanza dei fiduciari. Una perplessità riguardo al doppio incarico di cui avevamo raccontato nello scorso numero. Riprendiamo il filo con un’intervista concessaci dall’avvocato Marcellini.


Avvocato Marcellini, se fossi un fiduciario,  iscritto o non iscritto,  e fossi indagato, non avrei dubbi a quale legale affidare la mia difesa: all’ex procuratore generale e attuale presidente del Consiglio di vigilanza sull’esercizio della professione di fiduciari.
Non vedo che vantaggi dovrebbe averne, salvo una certa esperienza professionale.


Per esempio, in qualità di presidente della Vigilanza, lei ha accesso a numerose informazioni riservate che possono riguardare i suoi potenziali clienti. Se ci fosse stata un’inchiesta amministrativa sullo studio fiduciario o di verifica dell’attività condotta, lei ne sarebbe a conoscenza.

Una premessa s’impone. La mia attività è da ormai 12 anni quella di avvocato penalista. Per la mia esperienza professionale mi è stato chiesto di occupare la carica di presidente nel Consiglio di vigilanza. Ma la mia attività principale resta quella di avvocato penalista. Ciò implica ovviamente prudenza sulla questione del conflitto d’interessi. Per questo motivo non rappresento mai, né io, né nessuno del mio studio, una persona nelle procedure davanti al Consiglio di vigilanza. In quella sede, d’altra parte, mi astengo puntualmente su procedure, anche puramente amministrative, che riguardino miei clienti, mie controparti o persone coinvolte in casi che ho trattato, per non essere influenzato da valutazioni maturate in altra sede. Per cautela, mi escludo anche nei casi di miei ex clienti. Quindi, per rispondere alla sua domanda: se dovessi sapere che c’è un’inchiesta amministrativa su qualcuno, io mi asterrei dal rappresentarlo.  


Nel caso Davide Enderlin, da anni si sospetta che abbia svolto un’attività che poteva rientrare nella casistica dei fiduciari. Pur non essendo iscritto. È presumibile che il Consiglio di vigilanza abbia avuto lo stesso sentore e quindi potrebbe aver avviato delle verifiche su Enderlin. Ora quest’ultimo è diventato un suo cliente.
Francamente non potrei proprio dire che in passato questi sospetti mi fossero noti o che lo fossero al Consiglio di vigilanza o, prima del luglio 2012, al Dipartimento (autorità competente fino al quel momento). Non mi risulta infatti vi siano state segnalazioni.
Ricordo che dopo la condanna a Como in prima istanza di Enderlin per frode (5 anni fa, ndr), furono fatti accertamenti sulla sua posizione ed emerse che egli operava professionalmente nell’ambito dello studio legale di suo padre. E l’avvocato può svolgere attività anche di natura fiduciaria senza sottostare alla Legge sui fiduciari.  Lei mi dirà che nell’ultimo anno non avrebbe potuto perché il padre è venuto a mancare. È vero, nell’ultimo anno l’ispettorato non ha verificato ulteriormente, ma francamente un controllo permanente di tutte le posizioni non sarebbe attuabile.


Glielo chiedo perché il ministero pubblico non esclude di accusarlo di esercizio abusivo della professione di fiduciario. Se così fosse, lei continuerà a patrocinarlo?
Dopo il primo arresto in Italia, 6 mesi or sono, ho comunicato a Davide Enderlin che non avrei assunto il mandato per tutte quelle pratiche che potrebbero coinvolgere il Consiglio di vigilanza. Per questo compito è stato nominato un altro avvocato, non del mio studio e col quale non ho nemmeno approfondito la questione. Parallelamente ho informato il Consiglio di vigilanza che mi sarei astenuto su un eventuale caso Enderlin, invitandoli a fare tutte le verifiche necessarie, tenendomi all’oscuro.  Se la procedura non rimane più amministrativa, cioè di competenza del Consiglio di vigilanza, e il Ministero pubblico lo accusasse penalmente anche dell’esercizio abusivo di fiduciario, continuerei invece a rappresentarlo, ma solo se fosse un aspetto irrilevante rispetto ad altre accuse.


Al di là della sua integrità unanimemente riconosciuta, questi distinguo «nel rifiutare l’incarico per la parte amministrativa mentre lo difendo penalmente», non minano la credibilità del Consiglio di vigilanza, banalizzando la legge sui fiduciari e in fin dei conti, la reputazione della piazza finanziaria stessa?
Non credo, perché sono due attività diverse. Difendere qualcuno nell’ambito del procedimento penale non significa essere complice o socio. Mi auguro per la maggior parte delle persone sia chiaro che un avvocato possa difendere sia dei fiduciari sia dei clienti malversati. È la normale attività professionale. Dopo di che, è legittimo porsi il tema in termini generali. Inizialmente erano dei magistrati a occupare la carica di presidente del Consiglio di vigilanza ed altri organi analoghi. I ruoli erano così forse più chiari. Poi ci si è accorti che i magistrati erano troppo oberati di lavoro per assumere anche quel genere di compiti e si è dunque optato per coinvolgere anche ex magistrati. Nel mio caso, ciò implica tutte quelle precauzioni che citavo. E oggettivamente sono precauzioni lasciate alla discrezionalità del singolo. Nutro però dei dubbi che la soluzione alternativa sia scegliere un ex magistrato non penalista. Anche un avvocato che non si occupi di penale potrebbe avere rapporti sistematici con fiduciari o essere lui stesso intermediario finanziario, quindi con potenziali conflitti d’interessi addirittura maggiori di un penalista per il quale in genere il rapporto col cliente termina quando il procedimento che lo coinvolge si conclude.


Il suo mandato di presidente del Consiglio di vigilanza scade a fine 2015. Se dovessero  nominarla nuovamente, accetterà l’incarico?
Ho già annunciato da tempo al Consiglio di vigilanza che lascerò il mandato nel corso del 2015. I motivi sono due. La nuova legge sui fiduciari del 2012 ha modificato il ruolo del Consiglio, ampliando di molto i suoi compiti. L’impegno richiesto è diventato incompatibile per chi è attivo professionalmente al 100%.  Inoltre, se attivo professionalmente, il suo ruolo di presidente risulta fortemente limitato in ragione dell’alto numero di casi su cui deve astenersi per dovuta prudenza. Meglio quindi che se ne occupi chi non ha altri impegni professionali.  
 

Pubblicato il 

18.12.14