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Ancora voglio citare Ta-Nehisi Coates, di cui ho già riportato la definizione del razzismo come massacratore di corpi: “Il razzismo è un’esperienza viscerale, che stacca pezzi di cervello, blocca vie respiratorie, strappa muscoli, estrae organi, spacca ossa, rompe denti”.  Ancora lo cito, dal suo “Tra me e il mondo”, proprio in apertura, quando dedica il suo libro al figlio quindicenne, sconvolto per l’ennesimo omicidio di un giovane nero, inerme, per mano della polizia: «Ti scrivo perché ora sai che Renisha McBride è stata colpita da un proiettile mentre chiedeva aiuto, che a John Crawford hanno sparato perché dava un’occhiata agli scaffali del supermercato (…) Così ora sai, se non l’avevi già capito prima, che alla polizia del tuo Paese è stata conferita l’autorità di distruggere il tuo corpo».


Ci fossero uno, mille autori con la medesima potenza di Coates che sappiano dirci e raccontare cosa sia stare in un Paese, per esempio l’Italia – o la Svizzera – che ti fa sentire un corpo estraneo: fisicamente, socialmente, culturalmente, psicologicamente. E a volte rimetterci la vita, per mano di chi si sente moralmente autorizzato a distruggere corpi neri. Qualche voce, a dire il vero, si è alzata: per esempio Pierluigi Battista, che sul Corriere della Sera di qualche giorno fa ha parlato di Soumaila Sacko, assassinato in Calabria. «Era un eroe. Assassinato da una fucilata che lo ha colpito in testa da un delinquente razzista, (…) era davvero un eroe che sferza la nostra coscienza. La coscienza di tutti, anche di noi “buoni” e  “civili”, non solo dei razzisti, dei violenti, degli intolleranti. Era un eroe perché era un sindacalista dei nuovi schiavi. (…) Soumaila Sacko, solitario ed eroico, lottava contro i nuovi schiavisti che fanno lavorare i miserabili scampati alla guerra e alla fame per due euro all’ora, quindici ore al giorno, nel caldo bollente e sotto le tempeste. Noi lo sappiamo, ma facciamo finta di niente. Noi sappiamo che la maggior parte dei nuovi schiavi lavora senza contratto.  (…) Chi pulisce i servizi igienici negli autogrill, nelle stazioni ferroviarie, nei grandi outlet? Di che colore è la pelle, nella maggior parte dei casi? Non è che non sappiamo, è che facciamo finta di non sapere, avvolgendoci nel calore della retorica dolciastra dell’accoglienza, e delegando il lavoro duro di denuncia e di battaglia a Soumaila Sacko, eroe misconosciuto, assassinato come in una riedizione di Mississippi Burning. Isolato dai “cattivi”, abbandonato anche da noi “buoni”, dai liberali, dai tolleranti, dai moderni, che la sanno lunga ma sono incapaci di vedere che in Italia è rinato lo schiavismo».


Non si poteva dire meglio. Per il rimpatrio della salma di Soumaila in Mali, per restituire la dignità che è dovuta al suo corpo, per la sua famiglia, per la lotta sindacale, spero che molti lettori di area, il Sindacato e i suoi iscritti sottoscriveranno la raccolta fondi lanciata da Aboubakar Soumahoro, sindacalista straordinario.

Pubblicato il 

14.06.18

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