Dal primo gennaio è  membro a tutti gli effetti dell'Unione sindacale svizzera. È l'Associazione svizzera degli impiegati di banca (Asib) alla cui testa vi è Denise Chervet. Da pochi mesi, dopo anni di assenza, è stata ricostituita la sezione ticinese, di cui Matteo Gianini è stato eletto presidente. Il ritorno in scena del sindacato dei bancari è forse il segno di una presa di coscienza collettiva degli impiegati a difesa dei loro diritti? Ne parliamo con la segretaria nazionale dell'Asib.

Denise Chervet, i numeri dicono che i posti di lavoro in banca stanno calando in Ticino, ma in Svizzera sarebbero addirittura in crescita...
Le statistiche non dicono ancora tutto. I licenziamenti in banca hanno tempi più lunghi. Si saprà solo a fine anno esattamente quanti posti sono andati persi. Una parte del personale poi non viene licenziata, ma sottoscrive un accordo di cessazione del rapporto professionale. In questo caso, sfuggono alle statistiche dei licenziati. Infine, un altro elemento fa temere il calo degli impieghi bancari. Nel nostro sito, nella pagina dedicata alle offerte di lavoro, registriamo un calo sensibile degli annunci. La stessa tendenza la si ritrova nel sito di Swissbanking (l'associazione padronale, ndr).
La forte crisi occupazionale nel settore bancario è dunque imminente?
Sì, ed è già in corso d'opera. I due grandi istituti del paese, Ubs e Credit suisse, annunciano continue ristrutturazioni e progetti di esternalizzazioni. Il back office sarà ridotto all'osso con conseguenze piuttosto pericolose per il saper fare delle banche elvetiche. L'investment banking altrettanto. Va però anche detto che altri settori potrebbero crescere, quali il credito alla clientela e il compliance, ossia tutto ciò che riguarda la sicurezza, i regolamenti, il diritto che si modificheranno sostanzialmente nell'immediato futuro. Ma il saldo finale sarà probabilmente negativo.
E la vostra associazione come si prepara a fronteggiare questi cupi scenari?
Il nostro discorso è chiaro. Una ristrutturazione sarà inevitabile con la strategia dei soldi puliti. Quello che però chiediamo è che la ristrutturazione avvenga seguendo dei criteri sociali. Non brutalmente, approfittando delle partenze naturali, delle riqualifiche in quei settori che inevitabilmente cresceranno con la strategia dei soldi puliti. Per fare ciò serve un partenariato sociale concreto, dove anche lo Stato dovrebbe occupare un ruolo. Una delle nostre richieste principali è la dichiarazione di forza obbligatoria della nostra convenzione. Nel caso della chiusura di un istituto bancario, la Convenzione prevede l'obbligo di piani sociali anche nei casi dove non esiste una commissione del personale. Ed è il caso della gran parte degli istituti in Ticino. Con la Convezione vi sarebbe l'obbligo d'informare prima che i licenziamenti abbiano luogo, in modo da poter immaginare delle alternative.
E le banche come reagiscono a questa vostra richiesta?
In Ticino, ad esempio, esprimono parole di grande interesse per un partenariato sociale attivo. Mancano ancora i fatti.
La vicenda dei 10mila nominativi inviati negli Stati uniti non sembra avere scatenato una forte reazione pubblica del personale..
Muoiono di paura. Ed è perfettamente comprensibile. Tutti sanno dell'imminente ondata di licenziamenti. I bancari sono coscienti che in questo ambiente, chi si espone pubblicamente contro il proprio datore di lavoro, non troverà un posto presso un'altra banca perché considerato alla stregua di un traditore. Ci vuole dunque molto coraggio per un impiegato di banca criticare l'operato delle banche.
Con l'invio dei 10mila nomi, i dipendenti appaiono l'agnello sacrificale delle banche.
Non solo è scandalosa dal punto di vista della privacy dei dipendenti, ma l'essere in questa lista può significare gravi ripercussioni nel futuro professionale. Anche le persone che hanno lavorato con clientela americana, aiutandola a evadere il fisco, non lo facevano di propria iniziativa, ma incoraggiate dai loro datori di lavoro. Quest'ultime, invece di sacrificarli, dovrebbero assumersi le loro responsabilità, garantendo a questi impiegati i posti di lavoro. Sono le vittime di un sistema che non era orchestrato da loro.
Avete riscontrato un aumento di adesioni alla vostra organizzazione?
No, una vera e propria tendenza di crescita non c'è. C'è un aumento delle persone che si rivolgono a noi per il loro problema individuale. Ad esempio siamo stati molto sollecitati sul caso dei 10mila nominativi consegnati alle autorità americane. Ma queste preoccupazioni individuali non si trasformano in una coscienza collettiva. Le persone che lavorano in banca sono state sottomesse a un discorso culturale impostato sull'individualismo. Sono "formattate" per pensare che chiunque debba cavarsela da solo, che il più forte deve guadagnare molto di più degli altri e così via. Per farle capire, la richiesta di aumento di 100 franchi per tutti i dipendenti è stata lungamente discussa coi capi delle commissioni del personale dei vari istituti. È stata accettata solo perché molti capi erano ben coscienti che dei dipendenti hanno dei salari fermi da anni. Ma far passare il discorso dei diritti collettivi tra il personale delle banche è tutt'altro che scontato. E soprattutto non immediato.

L'ansia al lavoro

Incertezza professionale, cultura del sospetto e paura della prigione. È quanto sta vivendo il personale bancario negli ultimi tempi in Svizzera. L'incertezza è legata al futuro professionale di un settore dove si prevede nell'immediato futuro una massiccia riduzione dei posti di lavoro.
La cultura del sospetto invece è alimentata all'interno della banca stessa, dove nel nome dei controlli interni necessari per evitare i furti dei cd contenenti i dati dei clienti, il grande fratello della direzione veglia su ogni movimento dei suoi dipendenti. Violando anche la privacy.
È il caso del processo in corso a Zurigo per due dipendenti di una banca licenziati dopo che la loro posta elettronica e telefoni privati erano stati messi sotto controllo dalla banca. Un caso che non è isolato. Parlando con molti bancari ammettono che il clima in banca è pesante, soffocato da una coltre cappa di diffidenza.
I diecimila nominativi dei dipendenti di undici banche elvetiche consegnati alle autorità Usa sono l'emblema del tradimento.
La banca elvetica, il luogo per eccellenza dove la discrezione sul cliente è totale, la privacy dell'impiegato pare non valere una cicca. I viaggi negli Stati Uniti sono fortemente sconsigliati dagli istituti elvetici ai loro dipendenti, quadri in primis, pena il rischio concreto di essere arrestati. Una raccomandazione da estendere anche ai loro familiari.
Ne sanno qualcosa i figli adolescenti di un banchiere ginevrino che appena sbarcati sul suolo americano per una visita ai nonni lo scorso maggio, sono stati interrogati per ore dalle autorità statunitensi sulle attività del padre.

Pubblicato il 

12.10.12

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