Sono ancora molte le donne vittime di violenza, anche in Svizzera. Nelle forme di violenza rientrano anche le molestie sessuali sul posto di lavoro.

Dal 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza sulle donne) è in corso una campagna contro la violenza sulle donne. Campagna che proseguirà fino al 10 dicembre, giornata internazionale dei diritti umani. La violenza contro le donne è esercitata in varie forme e comprende tutti quegli atti sessisti, compresa la minaccia di commetterli, che causano o possono causare alle stesse pregiudizi o sofferenze (fisiche o psicologiche). Questo vale sia nella vita pubblica che in quella privata. Infatti, dal 2004, la legge svizzera non considera più gli atti di violenza commessi all'interno della coppia come una faccenda privata, ma li persegue d'ufficio (senza bisogno che sia la vittima a denunciarli).
Tra le varie forme di violenza che questa campagna vuole combattere rientrano anche le molestie sessuali sul posto di lavoro. Non sono solamente le donne ad essere vittime di questo tipo di comportamenti, ma risultano essere più colpite rispetto agli uomini (una donna su tre e un uomo ogni dieci). Unia denuncia la mancata presa a carico del problema da parte delle imprese. Secondo il sindacato, nonostante esista una legge che vieta questo tipo di comportamenti sul posto di lavoro e viga l'obbligo da parte dei datori di lavoro di creare un clima senza molestie, questi non fanno ancora abbastanza per evitare il problema.
Spesso le molestie sessuali vengono banalizzate e la vittima fatica a trovare un aiuto o un sostegno da parte dei colleghi, trovandosi a volte addirittura colpevolizzata. L'attuale legge prevede che in caso di denuncia per molestie sia solamente la vittima a dover provare l'esistenza di tali comportamenti (cosa non sempre facile), mentre il datore di lavoro non è tenuto a dimostrarne l'assenza. Questo fa sì che chi subisce molestie sessuali sul posto di lavoro si senta scoraggiato e rinunci a denunciare i fatti per paura di non essere creduto.
Cosa s'intende per "molestie sessuali sul posto di lavoro"? Qualsiasi comportamento di carattere sessuale o fondato sull'appartenenza di genere che, per una delle parti risulta indesiderato e offende la persona nella sua dignità. Un comportamento può essere definito "molestia sessuale" quando è percepito come tale dalla persona interessata, indipendentemente dall'intenzione di chi lo mette in atto. La molestia può verificarsi sia durante l'orario di lavoro che durante eventi aziendali, in sede  o fuori dalla sede. A molestare possono essere le collaboratrici e i collaboratori dell'impresa, i dipendenti delle aziende partner o la clientela. Per la persona interessata, le molestie sessuali possono avere ripercussioni di vario genere, ad esempio toglierle il piacere di lavorare, sviluppare in lei diffidenza nei confronti dei colleghi di lavoro, diminuirne le capacità di concentrazione e quindi le prestazioni sul lavoro, infondere sentimenti di vergogna o sensi di colpa, arrivando fino ad intaccare la sua salute fisica e psichica.
Come si fa a capire se ci si trova di fronte ad un "flirt" tra colleghi o a una molestia sessuale? La cosa determinante non è tanto l'intenzione della persona che molesta, quanto il modo in cui il suo comportamento è recepito dalla persona interessata, e quindi se questa lo avverte come desiderato o indesiderato. Dal punto di vista legale, per determinare se un comportamento è importuno, il giudice esamina due aspetti: valuta se chi ha sporto denuncia si è sentito molestato sessualmente e se anche un'altra persona dello stesso sesso, trovandosi nella stessa situazione, si sarebbe sentita molestata sessualmente. Tiene quindi conto di una sensibilità media di fronte a queste situazioni.



La storia di Marianne

Marianne*, una vittima di molestie sessuali sul posto di lavoro, racconta la sua esperienza: «La cosa che mi ha fatto più male è che, come vittima, tutti partono dal presupposto che menti. Dall'inizio alla fine sei accompagnata da una presunzione di menzogna».
Infatti, dimostrare concretamente la presenza di molestie non è sempre facile. «Non avevo un'idea chiara di cosa fossero le molestie sessuali e non sapevo se quello che stavo vivendo rientrasse in quell'ambito – spiega Marianne –. Mi rendevo conto che si trattava di una situazione ambigua, ma non capivo se i suoi gesti erano intenzionali o no, se ero io a farmi strane idee o se mi aveva effettivamente sfiorato il seno o la gamba di proposito. Quando capitava si scusava sempre, quindi all'inizio pensavo si trattasse di gesti maldestri, almeno fino a quando questi gesti non hanno più avuto niente di maldestro e non erano più seguiti da scuse».
Quando poi l'autore di simili comportamenti sta attento a non assumerli in pubblico, dimostrare la sua colpevolezza diventa ancora più difficile: «Quando si trovava solo con me aveva un vocabolario e degli atteggiamenti che non avevano nulla a che vedere con la persona che mostrava di essere in pubblico. Erano come due persone distinte. Anche per questo ero sicura che nessuno mi avrebbe creduto se lo avessi denunciato». Marianne è addirittura stata accusata di essere lei l'aguzzina, che faceva soffrire il poveretto «Quando ho segnalato la cosa ai superiori, sono venuti da me e mi hanno detto di aver parlato con lui e che io lo stavo facendo soffrire molto, che si era preso un'ulcera allo stomaco per causa mia. Lui era diventato la vittima e io la cattiva».
Ora Marianne ha cambiato lavoro, ma quell'esperienza l'ha segnata: «Nel mio nuovo lavoro sto cominciando a riprendere fiducia, ma non riesco a sentirmi al riparo da situazioni così, mi sento costantemente minacciata. Credo che non sarò mai più la stessa».

* testimonianza ripresa dal video su www.2e-observatoire.com

Pubblicato il 

04.12.09

Edizione cartacea

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