Ticino

Il contratto collettivo degli architetti e ingegneri è figlio dei giorni nostri. Per più motivi. In primis, il degrado del mondo del lavoro cantonale impone la regolamentazione dei rapporti in una professione considerata tipicamente liberale. Una novità che sconta l’assenza storica di un’organizzazione collettiva dei dipendenti in grado di rappresentare una forza sociale nel confronto col padronato. Ma il contenuto del contratto riflette pure le nuove modalità di lavoro offerte dalle novità tecnologiche, attraverso le quali passano lo sfruttamento, il dumping e la concorrenza sleale.

 

Impensabile. Solo una decina d’anni fa, immaginare di disciplinare le condizioni di lavoro in una professione liberale quale l’architetto o l’ingegnere, sarebbe stato impensabile per la parte padronale. Qualche settimana fa invece, l’assemblea dell’Associazione studi d’ingegneria e architettura ticinesi (Asiat) ha approvato a larghissima maggioranza con 83 voti favorevoli su 86 presenti, la nascita di un contratto collettivo di settore. Segno dei tempi. «Ancora oggi, da liberale quale sono, nonostante sia tra i promotori, mi viene la pelle d’oca quando leggo la parola contratto collettivo di lavoro» confessa ad area l’ingegnere Dario Menaballi che ha collaborato alla stesura delle norme contrattuali, e conclude scherzando: «Forse dovremmo cambiare il nome».


Cambiare il nome, ma non la sostanza. Il superamento ideologico è “merito” del materiale disastrato mondo del lavoro, dove il degrado è tanto diffuso da non risparmiare nemmeno architetti e ingegneri. «Nel 2014 su 120 nuovi permessi G (frontalieri) la metà degli ingegneri percepiva uno stipendio sotto i 5.000 franchi. Salario che si abbassava ulteriormente per gli architetti, di cui la metà veniva retribuita intorno ai 3.000 franchi. Cifre che si sono ripetute quasi identiche nel 2015». Sono parole di Stefano Rizzi, direttore della Divisione dell’economia e presidente della Commissione tripartita, riportate dal Giornale del Popolo, che ben riassumono la pressione sui salari che sta interessando il mercato lavorativo ticinese. Non mancano i casi più significativi denunciati dai sindacati di giovani architetti assunti a 2.100 franchi o 2.600 franchi al mese costretti a lavorare anche di domenica.


Nel cantone il numero di architetti e ingegneri ha conosciuto una vera esplosione, crescendo negli ultimi dieci anni da 3.800 attivi a 6.300 (5.200 a tempo pieno) stando ai classificati “attività d’architettura e ingegneria” dall’Ufficio di statistica federale.
A rinfoltire le file le assunzioni di molti dipendenti frontalieri, passati in dieci anni da 460 a oltre duemila.
La statistica segnala la stagnazione, e in alcuni casi l’arretramento, degli stipendi nella professione. Un’involuzione che tocca soprattutto le posizioni più basse, mentre crescono le retribuzioni dei quadri superiori.
La crescita dei dipendenti non si gioca dunque sui meriti dei candidati, ma sulla convenienza economica padronale nell’assunzione. Una convenienza che si traduce in una concorrenza sleale tra studi, con offerte dimezzate al pari delle paghe versate. Ora i titolari di studi d’architettura e d’ingegneria hanno deciso di cambiare rotta, adottando un ccl, frutto di una laboriosa preparazione coi sindacati.


«Il neonato ccl sconta forzatamente l’assenza di una storia sociale fatta di rapporti (e conflitti) tra padronato e dipendenti, dove questi ultimi organizzati collettivamente riescono a difendere i propri interessi» spiega Igor Cima, sindacalista di Unia che ha partecipato alle trattative di stesura del ccl. «Prendiamo l’esempio del ccl dei disegnatori. Ai suoi albori non era certo quel buon contratto di oggi. È il prodotto di trent’anni di conflitti anche aspri col padronato. E soprattutto, di una storia di salariati organizzati, con una propria rete di militanti, che è riuscita a ottenere dei progressi. Il padronato non regala nulla».


Il ccl costituisce dunque un buon antidoto iniziale al degrado delle condizioni di lavoro. Perlomeno nel porre le condizioni minime. Altri attori dovrebbero però concorrervi. Primi fra tutti, i committenti. In particolare, quelli pubblici avrebbero ampi margini d’intervento, incanalando il settore verso strade socialmente sostenibili. Il pubblico dovrebbe evitare la messa in concorrenza basata unicamente sul prezzo più basso, come quasi esclusivamente accade nei concorsi d'onorario per l'assegnazione dei mandati. Oggi il solo concorso di progetto può evitare questa corsa al ribasso, assegnando gli incarichi attraverso l'espressione delle idee, tornando così alle origini del mestiere e della passione che ha spinto a studiare la complessa materia. Quella stessa arte coltivata nelle aule universitarie e poi svilita e sottomessa nel mercato all’unico fattore determinante del prezzo più basso.


In Ticino, nemmeno il pubblico si distanzia da questa regola. In un recente bando pubblico, alla voce progettazione un’offerta prevedeva una somma equivalente a un quarto dell’importo stimato dall’autorità comunale. Una proposta manifestamente stracciata da meritarsi lo stralcio immediato. Invece nel meccanismo in voga nel pubblico in Ticino, quell’offerta riceverà solo qualche punto di penalità, senza escludere che alla fine vinca l’appalto.
La vicenda ricorda le tre scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano, mentre segano il ramo su cui siedono.

 

DEBOLEZZE E VIRTÙ DEL NUOVO CCL

 

Iniziamo dalla norma avanguardistica di questo ccl. Oggi nulla impedisce di elaborare dei progetti a Milano e con un clic spedirli in Ticino dove poi saranno realizzati. Va da sé che l’architetto milanese sarà retribuito a condizioni italiane, generando concorrenza sleale alle ditte ticinesi e dumping al personale locale. Non sono una rarità in Ticino gli studi che hanno la casa madre all’estero su cui si appoggiano per realizzare progetti. Oppure di studi ticinesi che esternalizzano dei lavori all’estero, vendendoli nel mercato locale quali prestazioni proprie a prezzi svizzeri seppur scontati in modo da vincere la concorrenza. Per arginare questo dumping che corre sul web, il ccl degli architetti presenta dunque una novità peculiare, avveniristica.


Di norma, i campi di applicazione dei ccl si riferiscono al territorio cantonale o nazionale in cui aziende e dipendenti producono uno specifico lavoro. Al ccl architetti e ingegneri si è aggiunge la dimensione materiale e geografica dell’utilizzo dell’opera. In altre parole, al contratto sono sottoposti tutti i lavoratori che hanno partecipato a un progetto architettonico o ingegneristico realizzato materialmente nel Cantone. Dunque vi saranno sottoposti anche gli architetti dello studio milanese di cui si parlava all’inizio. Se pensiamo al futuro promettente della fotocopiatrice tridimensionale nelle sue svariate applicazioni, ben si capisce la portata futuristica del campo d’applicazione del ccl degli architetti e ingegneri.


Ma non è l’unica. Altro campo in cui questo ccl cerca di porre rimedio è il famigerato stage. La Tripartita, dopo aver constatato qualche anno fa un tasso di abusi vicino al 100% in tutte le professioni con l’impiego fittizio di stagisti, non è potuta intervenire in assenza di una definizione giuridica di stage. Ora esiste, e forse a breve la Tripartita interverrà. Nel frattempo, poiché negli studi di architettura e ingegneria lo stage è una pratica diffusa, il ccl prova a ingabbiarlo nella sua vera natura. Sono ben sette le tipologie di stages ammessi, sottoposti a determinate condizioni e, soprattutto, alla durata massima di sei mesi. Una misura per impedire i frequenti casi di stage infiniti.


Passiamo ora alle note dolenti: ore e salari. Gli architetti e ingegneri presenti alla prima riunione informativa di Unia hanno espresso critiche in particolare su due punti che sono centrali in ogni rapporto di lavoro: l’orario di lavoro e lo stipendio.
La durata settimanale prevista è di 45 ore. Un carico orario decisamente pesante, lontano dalla media annuale svizzera di 42 ore e ancor di più dalle rivendicazioni operaie di cento anni fa di otto ore giornaliere. Tanto più che oltre al già pesante carico settimanale «sono possibili 170 ore di lavoro straordinario all’anno». Altra nota dolente, gli stipendi non propriamente faraonici. La tabella salariale è piuttosto complessa, suddivisa tra professioni specifiche e formazioni possibili. Ci limitiamo a darne un’idea. L’architetto al 1° anno di pratica guadagna per tredici mesi 3.850 franchi se uscito dall’università, 4.200 dal Politecnico. Al 4° anno raggiungerà i 4.600, rispettivamente 5.000. Meglio va per l’ingegnere, il cui salario d’entrata post universitario parte dai 4.600 per salire ai 5.000 al terzo anno. Dai 2.000 ai 3.000 franchi annui in più se ha studiato al Politecnico. Non paghe indecenti, ma se trasformate in paghe orarie secondo le ore settimanali previste, diventano misere. La discussione sul contratto è avviata (sul sito di Unia Ticino potete leggere la bozza contrattuale): le prossime assemblee dei dipendenti prima della ratifica sono previste a metà gennaio.

Pubblicato il 

06.12.16
Nessun articolo correlato