In questo mese di giugno, la tematica degli asili nido torna di attualità, per due motivi, da un lato se ne è occupato il Gran Consiglio durante la sua seduta agli inizi del mese, dall'altro a livello nazionale se ne è discusso lo scorso 15 giugno. Sembra quasi fatto apposta, stesso periodo ma a 19 anni dallo sciopero delle donne. E le cattive abitudini sono dure a morire.
Infatti la maggioranza borghese alle Camere federali non ha seguito per poco il parere del Consiglio federale che per il periodo 2012-2015 ha proposto di ridurre da 140 a 80 milioni il fondo per incentivare la creazione di asili nido. Dunque per un solo voto e grazie a una proposta dei socialisti, per i prossimi 4 anni si avrà ancora a disposizione 120 milioni per finanziare gli asili nido. Si sono pure mantenuti i sussidi federali alle strutture d'accoglienza parascolastiche, come mense, fino alla fine del periodo scolastico obbligatorio, mentre il finanziamento per le strutture esistenti, decadrà a partire dal 2011. In ambito sociale si riducono le prestazioni, mentre per salvare il mondo della grande finanza non si è battuto ciglio! Chissà perché?
Non mi è molto chiaro il modo di agire a livello federale, dato che la stessa Confederazione ha riconosciuto l'importanza di incentivare la creazione di posti di accoglienza per la prima infanzia, in quanto diversi studi a livello internazionale dimostrano come una migliore conciliabilità tra lavoro e famiglia rappresenta un vantaggio economico anche per l'azienda. L'assetto delle famiglie è cambiato, come pure il mercato del lavoro, ma le aziende sono ancora organizzate secondo la gerarchia maschile. Come afferma la Commissione consultiva femminile la conciliazione fra lavoro e famiglia è diventato «un tema sociale che coinvolge le donne, gli uomini, le istituzioni e le imprese». La realizzazione delle strutture per la prima infanzia ed extra-scolastiche non dà solo una mano per l'organizzazione famigliare, ma risponde anche all'imperativo costituzionale per realizzare la parità fra uomo e donna.  
Il Gran Consiglio ticinese, dal canto suo, ad inizio mese ha fatto sue le rivendicazioni poste dalla petizione lanciata dall'Uss in cui si chiedeva «che le famiglie con figli possano usufruire di un numero maggiore di Asili nido e che queste strutture dispongano di personale di qualità retribuito dignitosamente». Il rapporto della Commissione delle petizioni afferma che la distribuzione sul territorio non è uniforme e che il finanziamento degli asili nido è squilibrato: 29 per cento Cantone, 59 per cento rette, solo 7 per cento Comuni. A giusta ragione tramite una mozione la Commissione ha richiesto di riesaminare i meccanismi di sussidiamento dei nidi, poiché i costi non devono ricadere unicamente sulle famiglie e perché la disparità salariale fra queste strutture è enorme. Un servizio di qualità può essere offerto solo da personale qualificato con buone condizioni lavorative. Si sta andando nella giusta direzione, ma un contratto collettivo di lavoro sarebbe ancora meglio!

Pubblicato il 

25.06.10

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