L'editoriale

Accettando la Strategia energetica 2050, il popolo svizzero ha preso una decisione storica e lungimirante, che getta le basi per una svolta, per un futuro energetico all’insegna dell’efficienza, della sicurezza, del rispetto del clima e dell’ambiente. Dopo l’Italia col referendum consultivo del 1987 che sancì la volontà dei cittadini di vivere in un paese senza nucleare, la Svizzera diventa così il primo paese in Europa e nel mondo ad aver deciso per via democratica il definitivo abbandono di questa fonte energetica pericolosa ed economicamente fallimentare.
Una decisione non figlia dell’emotività, ma frutto della ragionevolezza e della maturità raggiunte dopo decenni di confronto e di dibattito nell’opinione pubblica che il movimento anti-nucleare elvetico ha avuto il merito di mantenere sempre vivi. Nulla hanno potuto i milioni (donati da chi non si sa) spesi dall’Udc per la sua solita campagna “terroristica” e menzognera.
Udc che con la votazione di domenica scorsa ha tra l’altro incassato l’ennesima sconfitta, bruciante per il partito e salutare per il paese.


Ma il “sole che ride”, celebre simbolo della causa anti-nucleare a livello mondiale, non splende ancora del tutto, perché la Strategia energetica 2050 non cancella i rischi legati a un parco nucleare fatto di centrali tra le più vecchie al mondo: essa non definisce infatti alcun termine per la messa fuori esercizio degli impianti (Mühleberg chiuderà nel 2019 ma solo perché lo ha deciso il gestore), che potrebbero continuare per decenni a minacciare la nostra salute e il nostro ambiente, oltre che a produrre scorie altamente radioattive da stoccare da qualche parte “provvisoriamente”, visto che nessun paese al mondo ha ancora trovato una soluzione per un deposito finale.


Di qui la necessità e l’urgenza di accelerare i tempi dell’abbandono dell’atomo. Ben venga dunque l’iniziativa popolare lanciata nelle scorse settimane da un gruppo di cittadini che chiede lo spegnimento di tutti gli impianti al più tardi entro il 2029. Un’iniziativa (il cui testo è molto simile a quello bocciato nel novembre 2016 dal 54 per cento dei votanti) sgradita persino a certi parlamentari ecologisti e di sinistra che si erano pubblicamente impegnati a “rispettare la volontà popolare”, ma che è assolutamente ragionevole e giusta. E poi che male c’è a domandare due volte?

Pubblicato il 

24.05.17