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Se si è testimoni di un controllo di polizia che si sospetta essere motivato da ragioni razziste, è lecito intervenire? La logica (e pure le leggi) dicono di sì, ma il Tribunale penale di Basilea Città afferma il contrario: lo scorso 6 marzo ha infatti condannato a una multa di 400 franchi un uomo che, trovatosi in questa situazione, è andato a chiedere conto a due agenti che senza alcun motivo controllavano un uomo di colore. L’accusa: impedimento di atti dell’autorità. «Si tratta di una condanna contraria al diritto federale e inter-
nazionale», commenta il suo legale, annunciando ricorso al Tribunale d’appello.

I fatti, risalenti al 7 gennaio 2017, riportano all’attenzione dell’opinione pubblica il problema del ricorso da parte della polizia del cosiddetto “profiling etnico”, cioè il controllo mirato di una persona fondato sulla sua appartenenza a una razza, a un’etnia o al colore della sua pelle. Una pratica discriminatoria e vietata, ma molto diffusa anche in Svizzera (si calcola che un nero ha circa 10 volte più probabilità di subire controlli rispetto a un bianco).


E il caso concreto (il primo di questo genere che finisce in tribunale) ci offre anche l’opportunità di riflettere sulle possibilità d’intervento di terze persone che assistono a simili comportamenti da parte delle forze dell’ordine. Marc Oestreicher (nella foto), 56 anni, si trovava a spasso con la moglie in una via del centro della città renana, quando si è imbattuto nella scena di un controllo di polizia totalmente immotivato a danno di un africano di colore. Di qui la sua reazione spontanea all’indirizzo degli agenti, cui fa presente il carattere razzista del loro agire. Questi lo invitano ad andarsene ma lui insiste nel chiedere spiegazioni per quell’intervento palesemente motivato esclusivamente dal colore della pelle dell’uomo. Un’insistenza che gli varrà la denuncia e la condanna.


Nonostante uno dei poliziotti coinvolti avesse di fatto ammesso che il colore della pelle è stato l’unico motivo del controllo («Ci trovavamo nei pressi della caserma e abbiamo visto un nero africano. Lo abbiamo controllato per sospetto soggiorno illegale», ha dichiarato), il giudice ha ritenuto che anche altri fattori (il luogo, l’ora e l’esperienza criminologica degli agenti) possano avere avuto un ruolo nella decisione di effettuare il controllo. «Marc Oestreicher, con il suo comportamento ha disturbato i poliziotti nell’esercizio del loro lavoro e non ha dato seguito ai loro ordini. La multa è dunque giustificata», ha affermato il giudice suscitando la disapprovazione degli spettatori presenti in aula, una quarantina di militanti esponenti dell’Alleanza contro il “racial profiling”.


«Sono argomentazioni inconsistenti», replica il legale di Oestreicher Alain Joset, confermando l’intenzione di presentare ricorso in appello. «Il colore della pelle è stato il motivo determinante del controllo. In altri casi la polizia per giustificarsi ha evocato comportamenti sospetti del soggetto (sguardo rivolto a terra, cambiamento di percorso, particolari movimenti degli occhi eccetera), ma qui non c’era veramente nulla. Questo è chiaro. E gli altri motivi menzionati dal giudice non sono stati chiariti durante il processo», spiega ad area l’avvocato basilese. «Ci troviamo insomma di fronte ad un atto di razzismo che viola il divieto di discriminazione previsto dalla Costituzione e dal diritto internazionale, a una violazione dei diritti umani, dei principi di legalità e proporzionalità, così come dei regolamenti di polizia e delle norme etiche. L’intervento del mio cliente non può dunque essere punibile, perché in uno stato di diritto può essere “impedito” solo un atto dell’autorità che sia legale. E questo non lo era», spiega l’avvocato Joset.


Da giurista ritiene che per combattere il fenomeno del racial profiling sarebbe necessario intervenire sul piano legislativo?
Non credo, perché dal punto di vista del diritto la situazione è chiara. Il problema è dato dal margine di apprezzamento che si concede alla polizia e dal credito che questa ha presso i tribunali. Tribunali che fanno fatica ad esprimere critiche, perché non vogliono far passare il messaggio che in talune circostanze è giusto impedire degli atti della polizia.


«È stato molto sgradevole comparire così davanti a un tribunale, ma ho ricevuto molto sostegno – commenta dal canto suo Oestreicher –. Solo per questo ne è valsa la pena. Voglio incoraggiare tutti a fare come me per dimostrare alla polizia che l’opinione pubblica è attenta e non accetta che le persone vengano controllate per motivi razzisti».

Pubblicato il 

15.03.18
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