350 mila elettori ignorati dai media

Sono poco meno di mezzo milione i cittadini italiani residenti in Svizzera. Di questi, oltre 350 mila possono votare per eleggere i loro rappresentanti nei due rami del Parlamento italiano, la Camera e il Senato. E lo fanno per la prima volta in occasione delle elezioni politiche del 9 e 10 aprile prossimi. Si tratta di una grossa novità: non solo gli italiani all’estero possono votare per corrispondenza e non devono più rientrare nel loro Paese d’origine per esercitare un loro diritto, ma eleggono direttamente dei migranti come loro, che come loro vivono e lavorano fuori dall’Italia, nel Parlamento italiano: 12 seggi alla Camera e 6 al Senato sono infatti destinati a rappresentanti eletti sulle liste della circoscrizione Estero. In questo modo l’Italia riconosce piena cittadinanza agli italiani che per diverse ragioni, ma quasi sempre per cercare un lavoro per campare, hanno dovuto lasciare il loro paese, contribuendo in mezzo secolo a costruirne un nuovo benessere. Questa novità è molto rilevante per la comunità italiana in Svizzera. Che è assai numerosa, che per la vicinanza con il paese d’origine ne segue con molta attenzione e partecipazione le vicende politiche e che presenta molti candidati, dei quali più di uno dovrebbe riuscire ad aggiudicarsi un seggio fra quelli riservati all’Europa nella circoscrizione Estero (6 alla Camera e 2 al Senato). Eppure in Svizzera l’evento è quasi del tutto assente dal dibattito pubblico. Le cronache dei giornali e di radio e televisioni sul convegno luganese dell’Unione si sono concentrate esclusivamente sull’intervento di Piero Fassino, ignorandone tutti quei passaggi che riguardano i problemi e le aspirazioni degli italiani nel mondo per concentrarsi sui temi generali della campagna elettorale italiana. Chi ha intervistato Fassino lo ha fatto non per chiedergli cosa intenda fare l’Unione per gli italiani in Svizzera, ma quali conseguenze possa avere la vittoria di Prodi per il sistema bancario ticinese. I più poi continuano a parlare di “voto per corrispondenza” senza cogliere la rilevanza storica di questa elezione. E di spazi per i candidati “svizzeri” o “europei” al Parlamento italiano nei media praticamente non ce n’è, nemmeno alla Rtsi, che pure mette a disposizione infinite ore di trasmissione alle vicende politiche ticinesi, una comunità numericamente molto inferiore a quella italiana in Svizzera. Non solo. Per giorni proprio alla Rtsi si è fatta un’assurda campagna (certamente in buona fede, ma questo non la scusa) a favore della neofascista Rita Pavone, come se fosse lei l’unica o la più qualificata candidata dalla Svizzera per Roma. Gli italiani in Svizzera come gli svizzeri pagano oltre alle tasse anche il canone radiotelevisivo e l’abbonamento ai giornali. Ma non hanno diritto ad un’informazione completa, che soddisfi i loro bisogni. Se è vero che in questa incapacità di riconoscere la rilevanza della comunità italiana in Svizzera si misura un chiaro fallimento della Rtsi nella sua missione di servizio pubblico a tutti gli utenti di lingua italiana residenti in questo paese, è altrettanto vero che l’atteggiamento dell’ente radiotelevisivo riflette una percezione più ampia di quanto è degno di essere narrato e mostrato, dunque di quanto è pubblico, e di quanto invece deve rimanere nell’ombra. In altri termini, mentre ticinesi e grigioni-italiani sono dei soggetti della vita pubblica svizzera, altrettanto non può essere detto della ben più numerosa comunità italiana. Forse conviene riflettere ancora un po’ prima di tornare a parlare euforicamente di un’integrazione ormai compiuta.

Pubblicato il

24.03.2006 02:00
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