Al ritmo della speculazione

Il barile è alle stelle e il mercato dell’oro nero è in subbuglio. Ma quali sono le ragioni che stanno alla base dell’aumento del prezzo del petrolio? La risposta della teoria economica è perentoria, la causa va ricercata (come d’abitudine) nel gioco fra la domanda e l’offerta. Le analisi si susseguono sulla stampa e il “leitmotiv” suona più o meno così: «l’accresciuta richiesta di petrolio dei nuovi giganti della produzione mondiale India e Cina si scontra con l’insufficiente produzione. Oltre a ciò si aggiunge l’incertezza provocata dagli attentati in Medio Oriente a tenere alti i prezzi». Con altre parole: scarsità di petrolio oggi e incerta quantità di petrolio estratta domani tengono su il prezzo del barile. Quindi motivi reali e normale gioco di mercato? «Tutt’altro, si tratta semplicemente di speculazione», ci spiega Tommaso Braconi, esperto petrolifero attivo nel mercato dell’oro nero dal 1957. Tommaso Braconi, lei lavora da quasi 50 anni nel campo del petrolio. Che idea si è fatto su questa ennesima impennata del prezzo del greggio? La mia risposta è semplice. Si tratta dell’ennesimo attacco speculativo su un bene strategico quale il petrolio. Cosa intende quando parla di attacco speculativo? Negli ultimi mesi gli operatori hanno dato ordine di acquisto per enormi quantità di greggio. E questo non certo perché da un momento all’altro le necessità energetiche dei paesi, neppure di Cina e India, sono improvvisamente aumentate. La logica della speculazione non si basa certo sui bisogni reali dei paesi. Compri quando il prezzo è basso e vendi quando è alto, tutto qui. Una cosa della quale non mi capacito è dove si sia potuto depositare questa enorme quantità, forse nelle vecchie petroliere sgangherate da mezzo milione di tonnellate. Come si forma il prezzo del petrolio? Chi è che dovrebbe decidere il prezzo di una merce secondo lei? Il venditore, giusto? Bene, questo non è ciò che avviene per il greggio. Il prezzo del petrolio viene definito ben lontano dai pozzi, a Londra e a New York. Inizialmente i prezzi li faceva l’Opec ma poi il cartello è stato scalzato dalla borsa dell’oro nero. Le faccio un esempio. Se il Nicaragua vuole comprare petrolio dal vicino venezuelano dovrà passare dalla quotazione di New York o Londra pagando in dollari un prezzo deciso ben lontano da loro. Sono questi poveracci a farne le maggiori spese. Si è così data credibilità a mercati inesistenti, dove non si sente la puzza del petrolio ma quello della carta che sigla promesse di acquisto o di vendita. Applicare queste decisioni virtuali di singoli operatori al mercato reale è stata una pazzia, continuo ad esserne convinto. Comunque non avrei mai pensato che si volesse spingere fino a questo punto il prezzo del petrolio. Chi sono i protagonisti delle borse dell’oro nero di New York e di Londra? In prima linea si trovano le stesse grandi compagnie petrolifere, accompagnate da banche e intermediari finanziari che dispongono di ingenti quantità di denaro. Ognuno di loro è interessato a fare soldi, vendendo al maggior prezzo possibile o speculando senza vedere una goccia di petrolio. Mi pare di capire che a suo modo di vedere la scarsità di petrolio e le attuali incertezze in Medio Oriente hanno poco o nulla a che vedere con le impennate del costo del barile. Proprio così. Con questo non voglio dire che il petrolio sgorgherà senza fine ma l’impennata attuale non si può mettere in relazione con le prospettive future. Lo ribadisco, si tratta di semplice speculazione e chi sta davanti al terminale tutti i giorni lo vede coi propri occhi. Allora è colpa dell’Opec che non apre a sufficienza i rubinetti... No. L’Opec non ha in mano le redini del gioco come molti vogliono far credere. Durante le guerre dell’Iraq, dapprima con l’Iran e in seguito col Kuwait il greggio non è mai mancato. Anche la situazione dell’Iraq del giorno d’oggi non può servire a giustificare un barile sopra ai 30 dollari. Al momento attuale non c’è insufficiente produzione di petrolio per le reali esigenze. I paesi Opec non hanno diminuito la produzione per far lievitare i prezzi e le statistiche lo dimostrano [vedi tabella sotto, ndr]. Perché proprio ora c’è l’assalto degli speculatori al barile? Domanda difficile. Gli speculatori si muovono quando vogliono. Dipende tutto dalle loro aspettative sul futuro o dalle informazioni che vengono date al mercato. Le faccio un esempio: nel 1997 dalle statistiche ufficiali dell’agenzia internazionale dell’energia risultava che l’estrazione di petrolio era di 74,33 milioni di barili al giorno. Nel 1998 si era saliti a 75,5 milioni e il barile era sceso sotto ai 10 dollari. L’anno successivo l’estrazione calava e il prezzo schizzava a 35 dollari. Gli speculatori avevano messo da parte delle scorte e le vendevano al momento opportuno. A voler essere cattivi si potrebbe pensare che le impennate del prezzo coincidono con la vigilia delle elezioni americane, prima il 2000 e ora il 2004. Petrolio più caro significa maggiore domanda di dollari [l’acquisto e la vendita dell’oro nero avviene in dollari, ndr] che si rafforza per rapporto alle altre valute. Un dollaro più forte è un buon ritorno d’immagine per un politico in difficoltà. Ma non si deve essere troppo cattivi anche se il dubbio, a mio modo di vedere, è lecito. Siamo quindi in un mondo in balia del petrolio con pochi operatori che ne stabiliscono il prezzo a fini speculativi... È proprio così anche se c’è da aggiungere che l’Europa dipende meno di una volta dal petrolio. Sul mercato c’è l’alternativa del gas. Ma non c’è da star tranquilli, anche il gas è controllato da quelli che hanno in mano il greggio. Si possono fare molti soldi speculando nel settore petrolifero? Sì, ma si devono avere parecchi dollari ed essere bravi a prevedere le mosse dei politici per capire in quale direzione andranno i prezzi. Non è di sicuro un mercato per pesci piccoli. Con 1 milione di dollari ci sono periodi in cui puoi farli diventare 5,10 o 25. E questo solo comprando petrolio sulla carta. Le sembra una cosa normale? Quale sarebbe il giusto prezzo del barile se non ci fosse la speculazione attuale? Ritengo che starebbe fra i 20 e i 25 dollari. Vedrà che una volta che gli speculatori hanno venduto l’estrazione di greggio diminuirà. Mercato razionale Di sicuro la logica non è la forza motrice del mercato internazionale del petrolio. Partiamo dai dati. La produzione mondiale di greggio non è diminuita e la tabella a fianco lo mostra chiaramente. Invocare quindi la scarsità di greggio quale motivo dell’impennata del prezzo del barile non è giustificato. Bene, andiamo con calma allora e ragioniamo in maniera semplice. Se il prezzo del petrolio non è aumentato a seguito di un’insufficiente offerta, la causa si potrebbe trovare dal lato della domanda. Fuochino, ma siamo ancora lontanucci dall’aver individuato le vere cause. Consumiamo davvero improvvisamente molto più petrolio di pochi mesi fa? La risposta è scontata, ciò non è plausibile. Il pensiero va subito però ai giganti in crescita, India e Cina, che hanno bisogno di maggiore energia per pompare le loro emergenti economie. Vero, ma di sicuro l’aumentata necessità non si è verificata in maniera così repentina da giustificare un barile fino ai 42 dollari. In soli dodici mesi il brent, il prezzo di riferimento del greggio per l’area euro, si è impennato del 44 per cento mentre il wti, quotato alla borsa di New York, è cresciuto del 39 per cento. Scartata la domanda e l’offerta reale di greggio, cosa ci resta? Mercato irrazionale Ripartiamo. Wti e brent? Sigle oscure ma che nascondono la verità sul prezzo del barile. «Chi è che dovrebbe decidere il prezzo di una merce secondo lei? Il venditore, giusto?», ci ha detto nell’intervista sopra l’esperto petrolifero Tommaso Braconi. Così invece non avviene per il prezzo del petrolio che è stabilito ben lontano dal luogo d’estrazione. Il prezzo del barile viene contrattato ogni giorno alle borse Ipe di Londra e Nymex di New York. Coloro che vogliono comprare oro nero, devono per forza passare dalle quotazioni brent o wti. Andiamo a vedere le cifre: giornalmente nei due principali mercati energetici mondiali di Londra e New York vengono negoziati più di 305 milioni di barili al giorno. Ma come? Una quantità superiore di ben quattro volte al consumo reale mondiale. Fuoco… È qui che troviamo la spiegazione che sta alla base delle forti oscillazioni che periodicamente interessano l’oro nero. Oro nero che è soggetto a continui attacchi speculativi. Se comprate oggi qualcosa che domani potete vendere a maggior prezzo fate sicuramente un buon affare. Compro maglioni di lana d’estate e li vendo d’inverno, un po’ semplicistico ma aiuta a capire. D’inverno vi aspettate che riuscirete a trovare una maggiore disponibilità da parte dell’acquirente a comprarvi ad un prezzo più alto il maglione. Immaginate ora che siate voi a decidere quando far arrivare l’inverno e quanto farlo diventare rigido. Oltre a ciò immaginarte che l’unica cosa con cui ci si può scaldare sono i maglioni di lana. Un modo di ragionare che fa sorridere ma che corrisponde a ciò che succede nei due mercati del petrolio. Se siete uno speculatore siete in grado di alzare il prezzo con le quantità che negoziate in borsa, basta che date ordine di acquisto per un ingente quantitativo. E non è magia. Aggiungiamo un altro tassello. Si dice che: a causa del terrorismo in Arabia Saudita o dell’attuale situazione irachena, o ancora a causa del cartello dell’Opec, non si sa quanto greggio ci sarà a disposizione domani. Un’informazione come un’altra ma che fa sì che anche gli altri attori del Nymex e dell’Ipe si lancino nell’acquisto di petrolio: con la scarsità prevedono possibilità di guadagno. I prezzi vanno su e lo speculatore (o molto più spesso gli speculatori) può vendere la quantità acquistata. Comprata solo sulla carta beninteso. Quanto ci guadagna? «Da 1 milione di dollari puoi arrivare fino a 25 milioni», ci ha detto Tommaso Braconi. Ma anche molto di più, tutto dipende da quale somma si ha a disposizione. In questo mercato della speculazione troviamo le stesse grandi compagnie petrolifere, le “sette sorelle”, ma anche banche e grossi intermediari finanziari. In definitiva: da cosa dipende il prezzo del petrolio? Dall’umore, dalle aspettative, dalle dicerie del mercato (“rumors” le chiamava Keynes, grande economista e speculatore del secolo passato). Razionali solo nell’aspettativa di guadagno. Una volta si credeva che negli anni in cui si potevano scorgere le macchie solari ci sarebbe stata la carestia. La scienza dimostrò che fra superstizione e grano non c’era alcuna relazione. Non lontano da questo modo di ragionare troviamo però i “rumors” e il prezzo del petrolio. Solo che in questo caso c’è chi ci guadagna.

Pubblicato il

11.06.2004 01:00
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