Anche a Visp la resistenza paga

Tre mesi di mobilitazione, un impegno chiaramente manifestato senza tentennamenti e con spirito unitario, ed ecco il risultato: il gruppo biochimico Lonza, con sede a Basilea, ha ritirato la disdetta del contratto collettivo di lavoro (Ccl) per il personale del suo stabilimento di Visp (Vallese), ha rinunciato ad aumentare l'orario di lavoro, s'è impegnato a non licenziare fino al 2015, ha accettato la compensazione automatica del rincaro, ha deciso di fare investimenti a Visp per 200 milioni all'anno. Tutto questo è stato negoziato dal sindacato Unia, con il determinante sostegno degli operai e degli impiegati della Lonza.

Nel dicembre scorso, poco prima delle feste di Natale, la direzione dell'impresa aveva disdetto il Ccl per la fine di giugno 2008. Motivo: la ditta voleva aumentare l'orario di lavoro settimanale, e per farlo voleva avere, per così dire, le mani libere. Questa pretesa veniva giustificata in modo abbastanza singolare. La redditività dell'azienda, affermava la direzione, diminuisce costantemente dal 2004; la ditta deve quindi reagire specializzandosi ancor più nel campo dei biofarmaci, e per farlo occorre puntare sulla formazione permanente del personale.
Per compensare il tempo che viene dedicato alla riqualificazione del personale, la Lonza pretendeva di aumentare di 1,4 ore la durata del lavoro settimanale, portandola a 42 ore. Il gruppo Lonza occupa a Visp 2'800 persone, di cui 1'500 sottoposte al Ccl. Operai ed impiegati non si sono lasciati intimidire. A un'assemblea di protesta, tenuta all'inizio di febbraio, i sindacati Unia e Syna hanno organizzato insieme la resistenza. Senza il Ccl, è chiaro che le conquiste sindacali degli ultimi 20 anni sarebbero state azzerate. E senza il Ccl, è stato l'avvertimento lanciato alla Lonza, non ci sarà pace sociale.
I due sindacati hanno quindi impostato l'azione sindacale sia verso la mobilitazione del personale della Lonza, sia verso la sensibilizzazione della popolazione di Visp. A tale scopo hanno creato un apposito giornale, in modo da divulgare quanto più possibile gli argomenti a sostegno della resistenza all'"affronto" portato avanti dalla Lonza. Tra questi argomenti, uno è stato quello dei risultati economici conseguiti dall'impresa nel 2007: il fatturato (oltre 2,87 miliardi di franchi) era infatti salito del 25,6 per cento rispetto all'anno precedente, l'utile netto (301 milioni di franchi) era aumentato del 51,3 per cento, il dividendo incassato dagli azionisti era cresciuto del 16,7 per cento. Gli affari vanno talmente bene che il capo del gruppo, Stefan Borgas, ha detto di aspettarsi una crescita del risultato d'esercizio tra il 15 e il 20 per cento all'anno fino al 2013, mentre il numero totale dei dipendenti è passato in un anno da 6'146 a 7'711.
Con queste premesse, pretendere di far pagare ai lavoratori il loro aggiornamento professionale, indispensabile per l'azienda stessa, è a dir poco temerario. Il motivo è semplice: tutte le imprese del settore (Novartis, Roche, Cimo e Ciba Monthey, Syngenta) applicano la settimana lavorativa di 40 ore. Se la Lonza, che ha bisogno di personale specializzato, peggiora le condizioni di lavoro, in pratica fa un autogol. Ma l'argomento che più ha motivato i collaboratori Lonza di Visp a reagire, è stato il confronto dei salari pagati a Visp con quelli pagati, sempre nel settore della chimica, a Basilea: una differenza del 10-15 per cento a favore dei basilesi.
Ma prima che il vertice del gruppo Lonza capitolasse, Unia ha dovuto affrontare la rottura del fronte sindacale, poiché il sindacato cristiano Syna ha deciso di accordarsi segretamente con la direzione dell'impresa. Il responsabile del settore chimica di Unia, Corrado Pardini, ha reagito anche con l'iniziativa di rivolgersi direttamente agli azionisti. Il richiamo alla responsabilità imprenditoriale forse non è stato decisivo, ma certamente avrà fatto riflettere molti di loro, mentre la spettacolarità dell'azione ha fatto il resto. Pardini è riuscito comunque a portare la direzione al tavolo delle trattative, avviate sulle richieste di fondo: la disdetta del Ccl dev'essere ritirata; un'intesa sull'aumento dell'orario di lavoro non sarà accettata; va annullata la penalità collettiva (taglio degli incentivi) nel caso di un incidente mortale nello stabilimento di Visp.
Alla fine, l'accordo è stato trovato, oltre che su tutto quanto detto sopra, anche su una prestazione supplementare di 4,16 giorni di lavoro all'anno (invece di 9) per la formazione, e su un aumento degli incentivi di mezzo punto percentuale. Ma determinante è soprattutto l'impegno ad investire 200 milioni all'anno nella sede di Visp: se tale impegno non sarà rispettato, l'accordo sulla formazione cadrà. Il principio a cui si è ispirata questa azione sindacale di successo, pare debba essere: mobilitare, negoziare, innovare. Potrebbe essere il modo più efficace per coinvolgere gli imprenditori che cercano di liberarsi dai vincoli dei contratti collettivi di lavoro. Insomma, come dice Pardini, occorre lavorare alla ricerca di soluzioni innovative, se l'innovazione è pensata anche per la sicurezza sociale dei lavoratori.

"Determinante la mobilitazione"

Corrado Pardini, il sindacato ha ottenuto dalla Lonza il ripristino del Ccl e il ritiro dell'aumento dell'orario di lavoro. Ma Unia ha concesso 4,16 giorni all'anno, quasi la metà di quanto voleva imporre Lonza. Dove sta il successo? O si tratta di un cedimento?

La Lonza chiedeva l'aumento dell'orario di lavoro a 42 ore settimanali, perché cerca di entrare nel campo delle biotecnologie (dove ancora non è), nel quale occorre una maggiore specializzazione. Perciò deve praticamente raddoppiare gli attuali 9 giorni di formazione all'anno per ogni dipendente, portandoli in media tra i 16 e i 17 giorni nei prossimi 5 anni. Allora, d'intesa con i lavoratori, abbiamo detto: se la Lonza ci garantisce il carovita annuale, lo 0,5 per cento d'incentivo sul salario annuale, la protezione del posto di lavoro, 200 milioni all'anno d'investimenti per i prossimi 6 anni (che fa 1,2 miliardi di franchi) e ci conferma con un rapporto annuale il rispetto di tali investimenti, noi per contropartita siamo disposti a dare al massimo 4,16 giorni all'anno (che sono 25 giorni diviso 6 anni) esclusivamente di formazione a nostro carico. Perciò non si può parlare di cedimento sull'orario di lavoro.
Perché si è resa necessaria la richiesta specifica di protezione dai licenziamenti? Avevate intravisto qualche minaccia?
Dal punto di vista della politica sindacale, dato che nell'industria viene chiesta sempre più flessibilità, penso che se siamo disposti ad intervenire come sindacato e a concedere una flessibilizzazione che aumenta il rendimento del lavoratore, per contropartita dobbiamo avere delle sicurezze, tipo: garanzia del posto di lavoro e garanzia dell'adeguamento al rincaro. Quindi, io penso che si possa concedere flessibilità, ma con una contropartita equivalente, come in questo caso la certezza per il lavoratore che non sarà licenziato nei prossimi 6 anni per motivi economici.
Unia ha trattato da sola con Lonza. Perché il sindacato Syna s'è accordato in segreto con l'impresa?
Il fatto è che Syna a un certo momento voleva concedere i 5 giorni all'anno senza avere una contropartita, perché pensava di non spuntarla con la Lonza. Ma i lavoratori e Unia hanno risposto chiaramente, dopodichè Syna è tornata al tavolo delle trattative difendendo la nostra posizione. È stato solo un momento. Dopo si sono allineati al 100 per cento.
Ma in definitiva, perché Lonza voleva la disdetta del Ccl? Cosa c'era dietro?
Penso che c'è quello che c'è sempre dietro una disdetta del contratto collettivo con la richiesta di un aumento dell'orario di lavoro: semplicemente l'aumento della redditività annuale dell'azienda. Pura strategia di ricerca del maggior profitto.
Quanto merito ha avuto in questa vicenda, che si è conclusa positivamente, la mobilitazione dei lavoratori? Hanno capito e sostenuto questa idea di introdurre l'innovazione come elemento di trattative sindacali?
La cosa interessante è che da più di 10 anni alla Lonza non c'era un'assemblea con più di 300 lavoratori: in febbraio erano 380. In otto settimane c'è stata una mobilitazione veramente interessante: abbiamo fatto il giornale settimanale che veniva distribuito dai lavoratori davanti all'azienda; poi c'è stata gente che non era vicina al sindacato e si è avvicinata e si è iscritta. Penso che sia stata veramente la campagna sindacale nell'azienda a convincere la direzione, la quale non voleva tensioni all'interno dell'impresa che è quotata in borsa. E quando ha visto la massiccia presenza sindacale nell'azienda, la direzione ha subito cambiato strategia ed ha cercato d'intavolare una discussione che è stata interessante. I lavoratori l'hanno accettata al 98 per cento, in uno scrutinio segreto nell'ultima assemblea: vuol dire che hanno capito che il sindacato, se da una parte cede, d'altra parte chiede garanzie serie, che abbiamo ottenuto. Con questo bilancio positivo i lavoratori hanno reagito molto bene; e penso che sia stato anche un rilancio per Unia nella Lonza. E chissà che il merito non sia stato – come qualcuno ha detto all'assemblea – anche dei compagni di Bellinzona, che con il loro sciopero hanno impressionato anche la direzione della Lonza: infatti, se non se ne usciva, bisognava aumentare la pressione e scendere in piazza.

Pubblicato il

11.04.2008 01:30
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