Il portaledi critica socialee del lavoro
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Due terzi dei Cantoni e molti Comuni svizzeri alle prese con problemi di carattere finanziario stanno mettendo in atto o pianificando per i prossimi anni pacchetti di misure di risparmio che comporteranno tagli alla sanità, alla scuola, alla formazione, alle prestazioni sociali, ai servizi pubblici e in altri ambiti sensibili per la vita quotidiana delle persone, che solo per il 2014 superano ampiamente il miliardo di franchi. E anche a livello federale sono in corso intensi esercizi di contenimento della spesa.
Il Ticino, con quasi un 70 per cento di sì, è il cantone in cui si è registrata l’accettazione più alta dell’iniziativa contro l’immigrazione. Ma è anche il cantone che patisce di più gli effetti della libera circolazione delle persone. La consigliera di Stato e direttrice del Dipartimento cantonale delle finanze e dell’economia Laura Sadis ha accettato di rispondere (per iscritto) ad alcune nostre domande.
La pianificazione ospedaliera cantonale 2015 ha concluso la prima fase di consultazione. Ora ne partirà una seconda, poi il governo elaborerà un messaggio finale che sarà discusso dal Gran Consiglio entro fine anno. Nel progetto presentato la scorsa settimana dal capo Dipartimento della sanità e socialità Paolo Beltraminelli, non sono (per ora) previsti grandi stravolgimenti. Su due importanti temi gravano però delle incognite: il diritto alle cure sanitarie di qualità nelle zone periferiche e la relazione pubblico-privato. Un approfondimento su quest’ultimo aspetto.
Il risultato della votazione del 9 febbraio scorso, con la quale il popolo svizzero ha approvato di misura l’iniziativa dell’Udc “contro l’immigrazione di massa”, ha comprensibilmente messo in agitazione l’intera classe dirigente svizzera, sia politica che economica. La sinistra e il mondo sindacale, in particolare, temono che l’applicazione dell’iniziativa possa generare nuova pressione sui salari e sui posti di lavoro.
Intervista al segretario dell'Unione sindacale svizzera, Paul Rechsteiner
Yasin e Arlind, due ragazzi della cosiddetta porta accanto. Abitano vicino alle nostre case, frequentano i nostri stessi luoghi, parlano come noi. Il secondo ha solo 17 anni e abita ancora con la madre. La loro “particolarità”? Sono stranieri con statuti particolare e la legge ha deciso che, anche se sono integrati da anni in Ticino, non sussistono più le condizioni per la loro permanenza. Devono fare subito la valigia. Da sinistra a destra parte della popolazione è insorta, chiedendo al consiglio di Stato di intervenire. È partito il conto alla rovescia: pollice su o pollice giù?
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