“Basta ubriacatura mercatista”

Implenia tira infine un sospiro di sollievo. Dopo quasi un anno di lavoro la Commissione federale delle banche (Cfb) ha deciso il 7 marzo scorso che Laxey, un hedge fund britannico (noto per le vicende di Swissmetal e Saurer), ha scalato in maniera illegale il capitale azionario della prima impresa di costruzioni elvetica. La palla ora passa al Dipartimento delle finanze. Hans Rudolf Merz è chiamato a prendere una decisione che potrebbe rivelarsi storica nel panorama finanziario svizzero. Inoltre settimana scorsa il fondo di copertura ha ritirato l'offerta pubblica di acquisto dell'impresa, giunta a scadenza. Come ci si aspettava senza successo. Nel corso dell'assemblea generale degli azionisti di Implenia tenutasi questo martedì il consiglio di amministrazione (Cda) del gruppo edile ha ribadito la sua opposizione a Laxey, da sempre indicato dall'impresa come uno squalo della finanza. Il fondo britannico detiene ora il 40 per cento delle azioni, ma a causa della Lex Koller dispone solo del 5 per cento del diritto di voto. Il Cda di Implenia è passato ora al contrattacco e annuncia un'azione legale definita dal suo presidente Anton Affentrager «vigorosa». Laxey dal canto suo fa ricorso contro la decisione della Cfb. Questa in breve la vicenda.
Ma l'interesse intorno alla vertenza fra Laxey e Implenia va ben al di là del singolo caso. È la prima volta che la Cfb si è presa la briga di condurre un'inchiesta che ha svelato il coinvolgimento anche di istituti e intermediari finanziari elvetici - come il Credit Suisse, prestatisi alla scalata del capitale azionario di Implenia. Il gruppo edile, che impiega 7 mila addetti, è stato salvato sì dalla coriacea resistenza del suo Cda – che ha sicuramente il merito di essersi opposto vigorosamente e con una strategia di comunicazione impeccabile – ma soprattutto si è salvato grazie ad una norma "illiberale" su cui poggia uno dei suoi statuti: la Lex Koller grazie alla quale Implenia limita al 20 per cento la rappresentanza di un investitore straniero in un'impresa elvetica attiva nell'immobiliare.
Implenia, Saurer, Sulzer, Ascom, Swissmetal, Vögele, Publigroupe sono tutte imprese svizzere che nel passato recente hanno assaggiato l'attacco dei predoni della finanza che hanno trovato terreno fertile anche da noi. La lotta degli operai della Boillat, l'affare Saurer venduta prontamente da Laxey – uno dei predoni della finanza attivo in Svizzera, e neppure il più furbo – con un guadagno immediato del 40 per cento sono tutte frutto di una deriva dell' "economia canaglia", quella combattuta questa volta in maniera vincente da Implenia. Ma di fronte a questo successo del gruppo edile svizzero si scoperchia da una parte «questa ubriacatura mercatista che è andata troppo in là» come dice nell'intervista che segue Claudio Generali, membro del Cda di Implenia e banchiere da una vita. Dall'altra – come conferma anche Generali – la debolezza di un sistema di vigilanza elvetico troppo inerme di fronte alla sofisticazione finanziaria e alle manipolazioni di fondi speculativi che – bisogna dire – la maggior parte delle volte hanno legalmente acquistato e smembrato industrie fiore all'occhiello del tessuto economico rossocrociato.

Claudio Generali dopo l'assemblea straordinaria di metà dicembre in cui gli azionisti hanno rigettato delle importanti modifiche statutarie e dopo l'annuncio di fallimento dell'offerta pubblica di acquisto (Opa) la partita fra Laxey e Implenia si può dire definitivamente conclusa?
Laxey ha avuto già due o tre batoste. La situazione è molto migliorata, ma non possiamo dirci fuori dalla crisi. L'hedge fund detiene ancora una quota importante del capitale azionario di Implenia. In aggiunta ai due elementi che lei ha menzionato le faccio notare che Implenia ha anche intentato una causa presso il Dipartimento delle finanze dopo che la Commissione federale delle banche ha preso una decisione molto pesante per l'infrazione ripetuta dell'obbligo di dichiarazione di Laxey. Hanno infranto la legge per tutto il periodo in cui hanno superato il 5 per cento. Della scalata si è saputo solo quando sono arrivati fino a circa il 22 per cento. Se gli azionisti di Implenia avessero saputo che era in corso una scalata non avrebbero venduto a prezzi più bassi rispetto all'offerta pubblica successiva alla cessione delle loro azioni. Sono stati quindi raggirati perché non informati a dovere. Si potrebbe quindi immaginare – anche se non è mai avvenuto in Svizzera – una sorta di azione collettiva per rimborsare questi azionisti. Implenia ancora oggi ha in casa un elefante che vorrebbe scambiare con qualche altro animale. Dobbiamo trovare azionisti disposti a riprendere questo pacchetto.
L'hedge fund britannico sostiene che la sua missione è quella di rilevare delle imprese che sono sottovalutate o mal amministrate per dare una scossa al suo management. Per quale motivo il Consiglio di amministrazione (Cda) di Implenia ha lottato così strenuamente per impedire la scalata di Laxey?
Questa è la solita giustificazione di molti hedge fund e private equity. Non metto in dubbio che in alcuni casi ci possa anche essere uno stimolo positivo per il management. Ma nel caso di Laxey non è così. Noi abbiamo chiesto loro più volte un piano industriale, un'indicazione su ciò che vogliono. Non ci è mai arrivato nulla. Guardiamo il passato di questo hedge fund: le sue operazioni non hanno mai condotto a buon fine. Sono saliti sulla tigre e poi al momento buono l'hanno abbandonata. Come volevano fare con noi. È passato un anno dalla fusione fra le due società da cui è nata Implenia, siamo la prima impresa del settore con più 6 mila addetti. C'è un progetto, una visione. Come si può metterlo in discussione già solo dopo un anno? A loro in realtà interessava fare lo spezzatino, anche se a parole non lo ammetteranno mai, per rivendere pezzo per pezzo con un profitto immediato.
L'Opa di Laxey era manifestamente sottodimensionata. Quale era il vero obiettivo del fondo di copertura?
Non ne ho le prove. Ma pare che agli investitori che hanno affidato i propri soldi abbiano detto che abbiamo delle riserve ingenti sottoforma di terreni e immobili. Ma ciò non corrisponde alla realtà. La valutazione che abbiamo a bilancio dei terreni sarà forse prudenziale, ma sicuramente non è delle dimensioni immaginate dal fondo di investimento. Questo errore lo hanno fatto anche in un altro caso. La ditta ha un buon potenziale, puntiamo ad un utile doppio rispetto a quello attuale che è già buono.
Come avete vissuto questi mesi di incertezza?
Abbiamo dedicato molte forze, sia noi del Cda che il management, a trovare le contromisure per difendere l'azienda da questo assalto. È chiaro che in questa situazione abbiamo subìto uno stress mentale e fisico, non era possibile fare previsioni. Come sarebbero andati i nostri progetti? Su cosa dovevamo puntare? Anche per coloro che fanno di questa impresa ciò che è, i lavoratori, sono stati tempi di incertezza. Con l'assemblea generale di metà dicembre siamo almeno riusciti a dare un primo segnale positivo al personale, ma per mesi ci chiedevano cosa sarebbe loro successo. Vogliamo investitori che credono nell'azienda, non un gruppo che vuole fare profitti subito mettendo a repentaglio l'impiego di 6 mila lavoratori.
L'hedge fund ha acquisito le azioni di Implenia appoggiandosi anche ad intermediari finanziari e banche svizzere, come ad esempio il Credit Suisse. Nelle cause intentate contro i singoli manager di Implenia ha chiesto appoggio ad un famoso studio di avvocatura zurighese. Lei si riconosce in questo tipo di intermediari finanziari che con una mano vendono servizi e crediti all'industria e con l'altra permettono a fondi speculativi di acquisirle per poi rivenderle con il massimo profitto possibile distruggendo un progetto industriale?
Perché io mi ci devo riconoscere? Non mi ci riconosco per niente.
Allora come valuta l'implicazione delle banche elvetiche in questo affare?
Laddove fosse provato che intermediari finanziari o istituti bancari elvetici hanno collaborato a infrangere le leggi queste sono da criticare e da sanzionare. Fra gli addetti ai lavori circola la voce che non tutti si sono resi conto del gioco al quale si stavano prestando. L'operazione è avvenuta in modo talmente opaco che senza un'inchiesta non è stato possibile capire come si sono mossi quelli di Laxey. Il caso l'abbiamo fatto esplodere noi.
Nel comunicato stampa in cui la Commissione federale delle banche (Cfb) presenta la sua decisione scrive anche che «gli investitori come Laxey sono intermediari finanziari non regolamentati dalla Cfb e che non sono sottomessi ad alcun controllo preventivo». Lo ritiene logico?
Siamo in una crisi finanziaria mondiale, forse sarà la volta buona per fare una riflessione. Fra 20 anni spero che si dirà che la crisi dei subprime fu all'origine di un severo ripensamento dei meccanismi di controllo del mercato da parte delle banche centrali e delle autorità monetarie. Le ripeto: l'hedge fund fa un'operazione legittima da un punto di vista legale, non credo sana ma lasciamo stare. Non si può vietare l'acquisizione di un'impresa. Ma se nella legislazione di un paese vi è l'obbligo di dichiarare di essere proprietari di un certo numero di azioni bisogna rispettare queste leggi, che Laxey ha violato. L'espansione di questi anni, con la sofisticazione degli strumenti finanziari e la deriva a cui siamo arrivati deve far riflettere tutti. Dopo vent'anni di ubriacatura mercatista, di liberalizzazione, di globalizzazione con un approccio puramente finanziario in cui si è messo in difficoltà l'industria, l'economia sana, bisogna cominciare a farsi delle domande. Si è andati troppo in là. Se lei pensa a questa crisi, ma anche ad altre passate, coloro che chiedevano allo Stato di stare fuori dall'economia perché il mercato si sarebbe regolato  da solo, nel caso di necessità chiamano a gran voce l'intervento di quello Stato che ripudiano. Northern Rock ha ottenuto 47 miliardi di sterline del contribuente inglese, Bear Sterns ha a disposizione 29 miliardi di dollari messi a garanzia dalla Federal reserve.
Lo Stato non è più in sintonia con l'economia, il nesso di causalità si è ribaltato...
Bisogna vedere dov'è il medico e dove la malattia, i ruoli si sono scambiati. Oggi siamo ad una libertà eccessiva che ha bisogno di redini. Lo Stato deve riprendere in mano le redini. Non capisco perché dopo anni di ubriacatura mercatista, di cui i cittadini hanno approfittato ben poco, li si debba ora chiamare alla cassa. In Inghilterra è già successo.
La Commissione federale delle banche ha concluso l'inchiesta sulla scalata di Laxey ad Implenia, è stata definita illecita ed è una vera prima a livello svizzero. Ma ci hanno messo quasi un anno a prendere questa decisione. Troppo tempo?
Ha ragione quando dice che è una prima a livello svizzero. Era un'inchiesta complessa che chiaramente noi avremmo auspicato che si concludesse prima. La aspettavamo a dicembre, ma l'importante è che sia finalmente arrivata.
Come membro del CdA di Implenia ha vissuto in prima persona il pericolo dell'ascesa al capitale azionario dell'azienda. Implenia è stata salvata sì dalla resistenza coriacea del suo CdA, ma anche dalla Lex Koller. Siete stati salvati da una misura che in fondo è illiberale…
In tutta la mia vita sono stato di principio contro le norme illiberali. Non le nascondo che nella fattispecie sono stato ben contento dell'esistenza di una Lex Koller che ha permesso di salvare l'azienda. Questo fatto mi ha fatto riflettere. Le posizioni di principio sulla libertà di fare, introdotte in una realtà nazionale, sono sbagliate o giuste?
Lei crede davvero che la Cfb si sarebbe presa la briga di fare questa inchiesta senza la vostra insistenza?
Credo di sì, forse è stata tardiva. Sono giunti in zona cesarini. Credo sia giusto potenziare queste commissioni. Loro stessi dicono di non avere le forze per fare inchieste più ampie. In Svizzera abbiamo sempre privilegiato strutture leggere. Personalmente non combatterei un rafforzamento degli organi di vigilanza.
Non la combatterebbe neppure l'attuale classe politica?
Quanti politici sono in chiaro su questi fenomeni? Guardi la Boillat, guardi i nostri 6 mila dipendenti che per un anno hanno vissuto con l'incertezza. Sono lezioni che la classe politica deve imparare. Non si tratta di salvare l'impresa autoctona ad ogni costo, si tratta di salvare le imprese sane. Torno a dire: l'ubriacatura verso la liberalizzazione è andata troppo in là.
Crolli in borsa. Bolle speculative che si gonfiano e scoppiano con sempre più frequenza. La crisi delle ipoteche americane che si propagano sulle economie reali di mezzo mondo. Si può ancora avere fiducia nel sistema finanziario?
Senza dubbio. Anche se l'attuale è probabilmente la crisi più ampia del sistema dalla Grande depressione in poi, banche centrali e governi sono intervenuti con inusitata fermezza e ampi mezzi: allo stato delle cose l'opinione prevalente nei mercati è che, seppur il definitivo superamento della crisi fin non sia ancora avvenuto, il peggio è alle spalle.

Pubblicato il

11.04.2008 01:00
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