Negli anni Novanta si emigrava a Berlino un po’ da tutta Europa per godere dell’atmosfera culturale, dell’apertura, del progressismo della città. Lo si faceva anche perché il costo della vita era molto accessibile. Un lavoro normale, spesso anche part time, bastava per vivere. In questi anni Berlino è rimasta una città piena di opportunità, dove è possibile esprimersi con molta libertà, ma nel frattempo il costo della vita è aumentato e alcune zone sono diventate inaccessibili per la maggior parte delle persone. Il caro affitti ha giocato un ruolo centrale in questo processo. L’iniziativa „Deutsche Wohnen & Co. enteignen”, approvata il 26 settembre scorso con una larga maggioranza (56,4% di Sì contro solo 39% di No), potrebbe ora cambiare davvero le cose. Abbiamo intervistato Guido Kirsten, studioso di cinema e a capo di un importante progetto di ricerca dedicato ai rapporti tra settima arte, precarietà ed esclusione sociale presso l’Università di Babelsberg. Kirsten, berlinese che si è dottorato presso l’Università di Zurigo, ha vissuto passo a passo una campagna che ha mobilitato decine di migliaia di persone.

 

Guido Kirsten, cosa dice esattamente il testo di questa iniziativa?

Il testo dice che tutte le società immobiliari a scopo di lucro che possiedono più di 3.000 appartamenti devono essere espropriate. Gli immobili espropriati, ovvero acquistati a un prezzo negoziato politicamente, devono diventare bene comune ed essere gestiti attraverso forme di partecipazione democratica dalla comunità urbana, dagli inquilini e dal Senato. Si tratta di un concreto rafforzamento della democrazia. Questo perché la politica e i cittadini possono determinare i prezzi degli affitti invece di dipendere dagli sviluppi del mercato immobiliare.

 

Perché questa iniziativa ha mobilitato così tante persone?

In primo luogo, la protesta di inquiline e inquilini era già ben organizzata e capace di mobilitarsi non appena l'iniziativa è partita. Ricordo una manifestazione del 2018, promossa congiuntamente da molti gruppi, a cui hanno partecipato più di 20.000 persone. C'è inoltre molta frustrazione tra gli inquilini e la paura concreta di perdere l’alloggio e di non essere poi in grado di trovarne uno nuovo a prezzi accessibili. C’è da dire anche che la percentuale di inquilini a Berlino è insolitamente alta, anche per gli standard tedeschi: intorno all'85%.

 

C'era tutta la sinistra dietro questa iniziativa?

Tutta la sinistra sosteneva l’iniziativa con posizioni critiche differenti. La Spd era contro e i Verdi erano a favore ma non così convinti. Queste due forze politiche, a mio modo di vedere, non possono però più essere considerate davvero di sinistra.

 

La politica potrebbe ostacolare l’attuazione dell’iniziativa?

Purtroppo sì. A mio parere, è piuttosto improbabile che una legge in tal senso venga effettivamente approvata. Questo perché la sindaca entrante, Franziska Giffey, appartenente all'ala destra della Spd, si oppone con veemenza all'esproprio. Al momento ha preso corpo una coalizione rosso-rosso-verde ma non è detto che la sinistra, che si batte per l'applicazione dell'iniziativa, riuscirà a spuntarla. Gli ostacoli legali citati dalla stampa pesano relativamente meno. L'articolo 15 della Costituzione tedesca afferma che è possibile in linea di principio espropriare e socializzare la proprietà privata per il bene comune. Un tale paragrafo non esiste nella costituzione dello stato di Berlino, ma si tratta di un ostacolo fasullo citato spesso per ostacolare l'esproprio: sappiamo benissimo che la Costituzione federale ha precedenza su quella dei singoli Stati.

 

La situazione abitativa a Berlino è davvero così drammatica?

Gli affitti a Berlino non sono più alti che altrove, ma sono aumentati molto più velocemente rispetto ad altre città. La città ha venduto molte abitazioni di sua proprietà. Quindi si potrebbe anche dire che l'iniziativa sta solo cercando di ripristinare una situazione che esisteva comunque fino a 25 anni fa. Le cooperative esistono, ma gli alloggi sono sempre pochi a Berlino. Per una volta c'è un accordo tra tutti gli schieramenti di partito sul fatto che bisogna costruire molte nuove case. L’esproprio e nuove costruzioni sono la soluzione per migliorare il problema casa nella mia cità.

 

Altre città tedesche potrebbero seguire il modello berlinese?

Gli inquilini di altre città, ovviamente, guarderanno con attenzione agli sviluppi berlinesi. Se - contrariamente alle mie aspettative - l'espropriazione avverrà davvero, potrà motivare altre persone in altri contesti a fare qualcosa. Tuttavia, non posso dire se in altre città esistono maggioranze a favore di iniziative simili.

 

Lei è a capo di un progetto di ricerca su povertà, precarietà ed esclusione nel cinema. I film girati a Berlino sono spesso caratterizzati da questi fenomeni?

Ci sono stati effettivamente alcuni film negli ultimi anni che hanno trattato il tema degli affitti e delle politiche abitative. Un esempio è Miete essen Seele (Angelika Levi, 2016) o Mietrebellen (Gertrud Schulte Westenberg & Matthias Coers, 2014). Queste opere hanno avuto un discreto successo, sono stati proiettati più volte e credo abbiano contribuito in qualche modo alla mobilitazione. Nella mia ricerca sono molto interessato anche alla dimensione storica. Per quanto riguarda il problema degli alloggi e degli affitti, considero tre film italiani particolarmente interessanti: L'onorevole Angelina (Luigi Zampa, 1947), Il tetto (Vittorio De Sica, 1956) e Le mani sulla città (Francesco Rosi, 1963). In questi film ritroviamo la questione della forma di lotta politica legata alla casa, la questione della solidarietà concreta e le analisi delle cause della crisi abitativa, temi assai attuali anche oggi a Berlino e nelle altre grandi città d’Europa.

 

Pubblicato il 

08.11.21
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