"Bignasca è un razzista"

«Non chiedo scusa alla comunità africana. Non ci penso nemmeno». Così ha risposto la settimana scorsa un tronfio e pasciuto Giuliano Bignasca al giornalista della Rtsi che lo incalzava sulla questione del suo articolo "Basta neri in nazionale!" apparso sul suo domenicale il Mattino. Forte del non luogo a procedere del ministero pubblico ticinese all'accusa di "discriminazione razziale" il nano ticinese si è sentito assolto su tutta la linea e ha rilanciato presentando il pacchetto (non proprio suo questa volta): espulsione dei criminali stranieri, minareti e abrogazione della norma penale contro il razzismo, la 261bis. Da più parti è giunta una condanna morale per gli scritti di Bignasca e dubbi sulla decisione di non promuovere l'accusa. Ma come si spiega la decisione del sostituto procuratore pubblico Andrea Pagani? Fino a dove si può spingere l'articolo 261bis e soprattutto quali sono i suoi limiti? L'abbiamo chiesto a Marcel Niggli, professore in diritto penale e filosofia del diritto all'università di Friborgo e, soprattutto, uno dei massimi esperti del 261bis.

Marcel Niggli il ministero pubblico ticinese ha deciso di non procedere con l'accusa nei confronti di Giuliano Bignasca e del suo articolo "Basta neri in Nazionale!". Come valuta questa scelta?

Le rispondo prima come penalista e poi come cittadino. È chiaro che con l'attuale articolo contro la discriminazione razziale, il 261bis, e con la giurisprudenza che è stata creata in seguito dai giudici, l'autore dell'articolo non è punibile. Giuliano Bignasca usa un'argomentazione razzista ed è una persona razzista, questo deve essere ben chiaro. È razzista anche se nel testo dell'articolo nega di esserlo. La questione della pelle chiara o scura non c'entra evidentemente nulla con il calcio.
Ci può spiegare allora per quale motivo il 261bis non può essere applicato in questo caso?
L'articolo 261bis riconosce come gruppo protetto le "persone con la pelle scura". Ma la norma penale non prevede la punibilità del razzismo, ma della discriminazione razziale. Viene cioè punito colui che discrimina un gruppo protetto. In questa caso il gruppo protetto c'è e l'atto è chiaramente pubblico. Ma la furbizia di Bignasca, come quella di altri politici schierati che fanno del razzismo uno strumento di propaganda, è stato quello di aggiungere una frase al suo testo. Bignasca dice di accettare la possibilità che ci possono essere calciatori di colore. Nel suo articolo ha scritto "che ci sia un tirapalloni color cioccolato passi! Ma tre ci sembrano decisamente esagerati". Secondo l'interpretazione del 261bis questa non è una discriminazione universale verso il gruppo protetto delle persone con la pelle scura. Lo so, sembra paradossale, ma in Svizzera siamo a questo stato delle cose. Mi dispiace per la comunità africana. C'è ben poco da fare in questo caso. Secondo la legge attuale ad essere stato attaccato è stato il giocatore di calcio Nkufo e non tutti i neri.
Quindi se Bignasca avesse scritto "no ai neri in nazionale, senza eccezioni" sarebbe stato punito?
Esattamente. Il signor Bignasca si fregia di fare un discorso nazionalista e lega la nazione ad una certa immagine razziale: per lui la Svizzera è bianca. E statisticamente questo è vero. Bignasca non dice espressamente di avere qualcosa contro i neri, dice che accetta che ci siano (seppur a certe condizioni). Bignasca non scrive neppure espressamente che hanno meno diritti o valore per rapporto ad altri gruppi. Il problema sta nel fatto che il 261bis non punisce l'espressione di un'opinione persino inaccettabile secondo le misure normali di cortesia. Come è in questo caso.
A cosa serve allora un articolo contro la discriminazione razziale se ci si può permettere di chiamare qualcuno "tirapalloni color cioccolato"?
Non posso che essere d'accordo con lei. La conclusione logica di questo ragionamento non è però l'abolizione del 261bis, ma un suo allargamento. In Svizzera le esternazioni di "non amore" e persino di "odio" verso uno specifico gruppo sono legalmente permesse. La Svizzera di questo periodo elettorale è tappezzata di messaggi del genere. Ci si può esprimere in un tono molto aggressivo senza essere puniti, questo è il caso dell'articolo del Mattino. Il 261bis punisce troppo poco, mi sembra evidente. Coloro che vogliono esprimersi in maniera moralmente inaccettabile si sono informati bene sulle modalità in cui possono farlo senza incorrere in condanne penali. Non sono di certo dei candidi agnellini…
Oggi però la discussione non è incentrata sull'allargamento della punibilità della discriminazione razziale, ma verso un'abolizione del reato stesso.
Un paradosso, anche alla luce di articoli come quello del domenicale ticinese. Abbiamo una norma che rispetta davvero degli standard minimi per rapporto ai nostri vicini europei. Siamo troppo permissivi quando si tratta di razzismo, delle pecore nere. Se si abolisse il 261bis finiremmo con un solo articolo che parla di discriminazione: quello sulla concorrenza sleale.
Cosa c'entra con il razzismo la concorrenza?
Secondo questa legge è punito "colui che denigra altri, le sue merci, le sue opere, le sue prestazioni, i suoi prezzi o le sue relazioni d'affari con affermazioni inesatte, fallaci o inutilmente lesive". Vede, non stiamo parlando né di uomini né di donne. L'essere umano non c'entra. In Svizzera puniamo colui che denigra le merci altrui con informazioni lesive. Se abolissimo il 261bis verrebbe punita la discriminazione delle merci, ma non quella delle persone. Non mi pare davvero troppo chiedere che oltre ai prodotti, cioè l'economia e gli affari, siano tutelati anche gli esseri umani. Vogliamo solo una Svizzera degli affari che protegge gli interessi economici al di sopra delle persone? Dobbiamo fare attenzione a non cadere in una direzione di sottosviluppo civile.
Da una parte ci dice che la decisione sul caso Bignasca è ineccepibile da un punto di vista legale, dall'altra aggiunge che è moralmente inaccettabile. Dove sta la scollatura?
"Troppi neri" è una formulazione inaccettabile in una società civilizzata. Se qualcuno si esprime come il signor Bignasca senza che la politica e la società civile prendano una posizione chiara e isolino questi personaggi allora vuol dire che siamo davvero in una società povera. La scollatura consiste in un vuoto legale.
È lecito chiedere alla società di fare quello che le autorità non possono/vogliono fare?
No, non lo è. Ed è qualcosa sulla quale la classe politica dovrebbe ragionare. La Svizzera è una nazione nata dalla volontà e non sicuramente per omogeneità culturale, religiosa o linguistica. Siamo un paese anche se siamo diversi. Per noi svizzeri il rispetto e la cortesia verso gli altri sono stati molto importanti. Dobbiamo usare questo rispetto e questa cortesia anche verso gli altri.

Pubblicato il

21.09.2007 02:30
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