Bocciare la quinta

Contro la quinta revisione dell'Assicurazione invalidità (Ai) è in corso una raccolta di firme per sottoporla a votazione popolare. Lanciato da un piccola associazione zurighese a difesa delle persone invalide, il sostegno al referendum è cresciuto con il tempo. Diverse organizzazioni di sinistra e associazioni a tutela degli interessi degli invalidi hanno recentemente dichiarato di sostenere la raccolta delle firme (area n.42) che, al 20 dicembre, ha  già raggiunto le 30 mila firme (ne sono necessarie 50 mila entro il 25 gennaio prossimo). Ultimo esempio, la base del Partito socialista svizzero ha imposto ai vertici del partito di aderire al referendum, sostenendo che non si poteva non combattere una revisione tanto penalizzante nei confronti degli assicurati. In questa pagina riassumiamo i punti principali di una revisione che secondo i suoi detrattori mira esclusivamente a penalizzare i salariati assicurati, dimenticando di chiedere il conto anche ai datori di lavoro. Iniziamo con Rita Schiavi del Comitato direttore del sindacato Unia, analizzando i punti più controversi sulle misure di risparmio previste.

Signora Schiavi, la prima misura prevista è la soppressione delle rendite complettive correnti per coniugi.
È la prima volta che succede. Già con la quarta revisione queste rendite erano state soppresse per i nuovi casi. Ora, invece, le si vuole abolire anche per chi già la riceveva. Questo è un fatto grave perché si priva un beneficiario dell'assicurazione invalidità di un'entrata di cui disponeva, senza sostituirla in alcun modo.
Seconda misura: la soppressione del supplemento di carriera.
Questo supplemento corrisponde ad una possibilità teorica di aumentare la rendita negli anni tenendo conto delle possibilità di carriera che il beneficiario poteva avere. È il caso di un giovane che ha appena terminato gli studi, che ha investito molto tempo e denaro nella speranza un giorno di recuperare facendo carrieraquanto speso studiando. La sua rendita rimarrebbe costantemente bassa per tutta la vita. Di norma la rendita viene calcolata sul 40 per cento dell'ipotetico guadagno.
Terza misura: obbligo di tre anni di contributo per aver diritto a beneficiare di eventuali rendite Ai.
Questa norma colpirà di più gli extracomunitari. Perché gli altri avranno già versato dei contributi nei propri paesi che verranno contabilizzati.
A suo parere, come sarebbe stato possibile inserire in questa revisione dell'Ai un contributo da parte padronale?
Le misure possibili per rendere concreta la reinserzione professionale degli invalidi sono molte. Basta osservare quanto fatto nei paesi confinanti come Germania, Francia e Italia. In questi paesi vige l'obbligo per le ditte di avere una percentuale di lavoratori invalidi sul totale di dipendenti. In alcuni paesi esistono delle barriere legali ai licenziamenti che tutelano le persone invalide. Insomma le misure possibili per arrivare ad una integrazione reale c'erano, ma si è preferito non vederle.
La grave situazione finanziaria dell'Ai preoccupa anche il sindacato?
Questo è un problema fondamentale. È importante sapere che malgrado la quinta revisione, l'Ai avrà comunque difficoltà finanziarie. È da diversi anni che il prelievo percentuale per l'Ai ammonta allo 1,4 per cento, equamente diviso tra datore di lavoro e salariato. Questa cifra individuale dello 0,7 per cento è molto bassa. Se ci fosse stata una reale volontà politica di risanare le casse dell'Ai, alzare la percentuale sarebbe stato una prima possibilità. Questo malgrado ci sia una forte necessità di finanziare con nuove entrate la Ai. L'esempio arriva dalle casse pensioni. Queste ultime, oltre alla classica funzione di pagare le rendite quando si è in pensione, versano anche delle rendite nel caso di invalidità, proprio sulla base della percentuale d'invalidità decisa dall'Ai. Per finanziare queste rendite, i salariati e i datori di lavoro pagano una quota chiamata "premio rischio". Negli ultimi anni le casse pensione, preoccupate di garantirsi i fondi per l'invalidità, hanno aumentato in modo esponenziale questo "premio-rischio". Nel caso dell'Ai, invece, sarebbe necessaria una modifica di legge, che presuppone un volontà politica. Una volontà attualmente inesistente. Eppure sarebbe sufficiente aumentare dello 0,4 – 0,6 per cento la percentuale di versamento, affinché le casse Ai sarebbero state in grado di autofinanziarsi.
Come si spiega questo deficit cronico dell'Ai?
Storicamente l'Ai è sempre stata deficitaria. Ma una volta il mercato del lavoro offriva molte più possibilità di reinserimento. Da quando invece la disoccupazione in Svizzera ha iniziato ad aumentare, in parallelo è anche aumentato il ricorso all'Ai. Ciò dimostra la forte correlazione tra Ai e mercato del lavoro. Da quando sono iniziate le ristrutturazioni che hanno messo fuori le persone meno forti, è aumentata il ricorso all'Ai. Il padronato non può ignorarlo e non finanziarlo.


Criteri economici, non medici

Altro principale obiettivo della quinta revisione, ma in realtà già applicato in questi ultimi anni, è la riduzione del 30 per cento delle nuove rendite. Una riduzione che si fonda molto poco su criteri medici ma principalmente su criteri economici. Come avviene questa riduzione, ce l'ha spiegato Rocco Rainone, da anni responsabile del settore giuridico del sindacato Unia per le pratiche relative alle assicurazioni sociali. Rainone conosce bene la materia e sa in cosa consiste questa riduzione dell'accettazione di nuove rendite, tanto più che al sud delle Alpi questa diminuzione delle rendite ha addirittura superato gli obiettivi federali. In Ticino la diminuzione delle nuove rendite è stata dal 2003 ad oggi del 35 per cento, a fronte dell'obiettivo federale del 30 per cento.
Come avviene questa selezione?  «Viene fatta su due livelli. L'applicazione della legislazione attuale un tempo lasciava dei margini di apprezzamento agli uffici competenti Ai al momento della decisione di assunzione dei casi. Nelle decisioni precedenti al 2003, vi era infatti una maggiore comprensione della situazione personale dell'individuo che faceva domanda di rendita d'invalidità. Vi era una dose di buon senso che permetteva al funzionario di valutare la situazione nella sua complessità prima di giungere decisione definitiva. Dal 2003 il buon senso è sparito. Le decisioni sono prese in astratto, estrapolandole completamente dal contesto reale. Un altro strumento di sbarramento preventivo viene dai medici coinvolti nelle perizie. Di concerto con i funzionari dell'Ai, i medici hanno deciso di utilizzare dei parametri molto più restrittivi. In Ticino il numero di medici specialisti è in numero relativamente ristretto. Molti medici specialisti lavorano spesso con l'Ai, la quale richiede loro delle perizie. Il legame e le conoscenze tra specialisti e Ai è molto forte».


Aumento minimo dei contributi

Il debito presso il Fondo di compensazione dell'Avs/Ai è alla fine del 2006 di 9 miliardi. Le due casse delle due assicurazioni sociali confluiscono in un conto unico.
Per risanare la situazione deficitaria dell'Ai, la quinta revisione si concentra particolarmente sui risparmi (con le misure descritte nell'articolo sopra) che dovrebbero consentire all'Ai di avere minori usciti per un totale di 435 milioni di franchi all'anno. Sul fronte dell'entrate la quinta revisione prevede di aumentare l'attuale contributo paritetico di datori di lavoro e salariati dall' 1,4 allo 1,5 per cento.
Con l'aumento dello 0,1 per cento l'entrata supplementare prevista è di 303 milioni, giudicata insufficiente dallo stesso Ufficio federale delle assicurazioni sociali. Ripercorrendo storicamente le tappe dell'evoluzione dei contributi all'Ai, si può comprendere la dimensione politica della misura attuale di nuova entrata.
Entrata in vigore nel 1960, il contributo all'Ai nei suoi primi anni era dello 0,4 per cento. Questo tasso percentuale è salito progressivamente fino al 1975, portandosi all'1 per cento. Da notare che in quei 15 anni le uscite delle rendite sono aumentate di 30 volte, mentre dal 1990 al 2000 sono solo raddoppiate. Nel 1990 il contributo è stato portato all'1,2 per cento, mentre l'ultimo ritocco risale al 1995 e ha portato all'attuale prelievo dell'1,4 per cento.
Con la quinta revisione il prelievo salirà all'1,5 per cento. Ed è proprio questo debole ritocco verso l'alto che viene considerato dai detrattori della quinta revisione come frutto di una volontà politica di non far pagare i costi dell'invalidità a chi li genera: i datori di lavoro. La quinta revisione ha praticamente come unico obbiettivo quello dei risparmi da farsi sulle rendite degli assicurati invalidi, mentre ai datori di lavoro chiede un misero 0,5 per cento in più di contributo.

Pubblicato il

22.12.2006 01:00
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