Bottino di guerra

Grazie all’aumento dei prezzi dovuto all’invasione russa dell’Ucraina le multinazionali delle materie prime hanno registrato nel 2022 utili record

Oltre un anno dopo la guerra lanciata dalla Russia all’Ucraina la situazione militare sul terreno resta incerta. Al contrario, alcuni dati economici parlano chiaro: nel 2022 i commercianti e i produttori di materie prime – in particolare di petrolio, gas e carbone – hanno ottenuto utili da capogiro.

Lo si pensava dimenticato, invece è stato uno dei protagonisti dello scorso anno. Il carbone, il più inquinante dei combustibili fossili, ha vissuto nel 2022 una sorta di seconda giovinezza. Lo sanno benissimo dalle parti di Zugo dove la Glencore – una delle principali società mondiali di commercio di materie prime – ha registrato nel 2022 dei risultati mai visti prima: gli utili netti hanno raggiunto i 17 miliardi di dollari, aumentando del 248% rispetto al già positivo 2021.

 

Più della metà di questi guadagni provengono dall’attività di estrazione del carbone, rafforzata nel 2022 con l’acquisto di una grossa miniera in Colombia. Il motivo di questo boom? La guerra in Ucraina che ha fatto aumentare la domanda di questa materia prima e di conseguenza i suoi prezzi. Una dinamica, quella dell’aumento dei prezzi scaturito dal conflitto, che ha contribuito ai profitti realizzati da Glencore anche sulle altre materie prime, dal petrolio ai prodotti agricoli.


Così, mentre sul terreno i morti sono migliaia e mentre anche lontano dal pantano ucraino molti toccano con mano gli effetti dell’inflazione, c’è chi si lecca i baffi. È così, la guerra: c’è sempre chi ci guadagna. Lo dimostrano i risultati dei giganti del commercio di materie prime, molti dei quali attivi in Svizzera. Specializzata nel commercio di petrolio, Trafigura ha generato da Ginevra un utile netto record di 7,1 miliardi di dollari lo scorso anno, più dei profitti dei quattro anni precedenti messi insieme. Non sono ancora stati resi noti i dati di Vitol, il più grande commerciante di petrolio al mondo. Ma in settembre, il gruppo attivo anch’esso dalle rive del Lemano, ha comunicato di avere fatto più profitti nel primo semestre 2022 (4,5 miliardi di dollari) che nell’intero 2021 (4,2 miliardi).

 

Secondo un recente studio della società di consulenza Oliver Wyman lo scorso anno l’industria delle materie prime ha registrato profitti lordi record di oltre 115 miliardi di dollari grazie alle attività di trading, con un aumento del 60% rispetto all’anno precedente e quasi tre volte superiori ai livelli pre-pandemia. A guadagnarci sono proprio le grandi società attive in Svizzera come Glencore, Trafigura e Vitol. Tutte hanno tratto enormi profitti dalla volatilità dei prezzi dell’energia innescata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio del 2022, come ha spiegato al Financial Times Ernst Frankl, uno degli autori del rapporto: «Quest’anno è stata una specie di tempesta perfetta per tutte le materie prime, dal punto di vista delle opportunità di trading. La volatilità è la linfa vitale di cui i trader hanno bisogno per operare». Tra le diverse classi di materie prime, è stato il trading di gas, energia e carbone a dare la spinta maggiore, con un’impennata dei guadagni dell’industria di questi tre segmenti pari al 90% nel 2022 rispetto all’anno precedente.


Un altro settore dove la guerra ha contribuito a gonfiare gli utili è quello del commercio di prodotti agricoli. All’inizio della guerra è stato registrato un aumento di valore di circa il 30% sulle principali materie prime agricole, dal grano tenero al mais. Poi ci son state delle oscillazioni e ora i prezzi sono scesi. Ma in questo contesto di tensione i grandi commercianti che dispongono di depositi di stoccaggio enormi hanno potuto sguazzarci. Cargill, primo commerciante agricolo al mondo ha visto i suoi profitti aumentare del 141% nell’anno finanziario che va da giugno 2021 a maggio 2022 rispetto alla media precedente alla crisi della Covid-19. Stesso discorso per altri giganti del commercio di cereali: l’utile netto annuale di Adm per il 2022 è stato di 4,34 miliardi di dollari, con un aumento del 60,21% rispetto al 2021; Louis Dreyfus ha raddoppiato gli utili nel primo semestre 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021.


Non sono però soltanto i grandi commercianti ad averci guadagnato. Il 2022 è un anno che passerà alla storia anche per i produttori di petrolio e gas. La guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia hanno spinto le quotazioni dell’oro nero fino a un massimo di oltre 120 dollari al barile toccato l’estate scorsa. Certo, nelle ultime settimane il greggio è tornato stabilmente sotto i 90 dollari, ma siamo a un prezzo superiore del 30% a quello medio del 2019, prima della pandemia. Ecco quindi che la redditività delle grandi multinazionali petrolifere ha raggiunto livelli mai visti in passato. I bilanci dei principali gruppi sono stati pubblicati nelle ultime settimane. Ad ogni annuncio, una parola utilizzabile in tutte le lingue: record. Si parla di utili netti per decine di miliardi di franchi.

 

A guidare il plotone dei grandi approfittatori della guerra vi è l’americana ExxonMobil: i suoi profitti si attestano a 56 miliardi di dollari, più del doppio rispetto all’anno precedente. Big Oil – le cinque principali società del settore – ha macinato utili per 200 miliardi di dollari. Avete capito bene: stiamo parlando di miliardi (1 miliardo = 1.000 milioni) e di utili, cioè di quanto effettivamente guadagnato. Utili che serviranno per comprare azioni proprie e versare dividendi, premiando così soci e manager. Alla faccia degli investimenti nella transizione energetica. E in buona pace delle migliaia di morti che da oltre un anno la guerra sta mietendo in Europa.

 

 

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Grossi profitti anche in Ticino  

 

82,7 milioni di franchi: è questo l’utile netto fatto registrare nel 2022 dalla Dxt Commodities di Lugano, società attiva nel commercio di elettricità, gas e gas naturale liquefatto. Un risultato straordinario, aumentato del 90% rispetto ai 43,5 milioni fatti registrare nel 2021. La società ha realizzato «un eccellente risultato in un anno caratterizzato da molteplici ed estreme situazioni di mercato» si legge nel rapporto annuale pubblicato di recente in Lussemburgo, dove ha sede la casa madre Dxt International. Il gruppo è controllato da Bruno Bolfo, manager ligure basato a Lugano, tramite la lussemburghese Duferco Participations Holding. Quest’ultima ha realizzato 385 milioni di dollari, più 47% rispetto al già ottimo 2021. Un risultato eccezionale che gli stessi manager attribuiscono ai prezzi record dell’energia e dell’acciaio. Oltre alla Dxt Commodities, ha contribuito a questa performance anche la società di trasporto marittimo Nova Marine, operativa da Lugano: 80 milioni di dollari di utile netto, la metà dei quali va dritta nelle tasche di Bolfo, azionista al 50%.

 

>> VEDI ANCHE: La guerra fa utili, anche in Ticino



Pubblicato il

14.03.2023 13:20
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