Buona riforma

Approvata la riforma parziale dell’istituto di credito cantonale. BancaStato, da banca ipotecaria e commerciale, diventerà banca universale. Soddisfazione da parte del Partito socialista per il rinnovato rafforzamento del mandato pubblico. Sulla revisione incombe l’imminente lancio del referendum da parte dell’Mps di Pino Sergi. La Banca dello Stato (BdS) non sarà più un istituto di credito commerciale e ipotecario. Con il voto maggioritario dei deputati al Gran consiglio (tranne Udc e Lega) diventerà una banca universale. Contro questa riforma è stato annunciato, da parte di Pino Sergi, coordinatore del Movimento per il socialismo (Mps), il lancio di un referendum «per contrastare – secondo le dichiarazioni da lui rilasciate al quotidiano La Regione Ticino – una privatizzazione occulta». Ma è veramente così? Si tratta di una privatizzazione o piuttosto del tentativo di strumentalizzare, da parte dell’Mps, a fini elettorali lo “spauracchio” della privatizzazione che in realtà non c’è? Lo abbiamo chiesto a Werner Carobbio, deputato socialista al Gran consiglio e vice presidente dell’Associazione per la difesa del servizio pubblico (Sp). «La riforma votata lunedì è sicuramente un passo avanti nella direzione auspicata anche dall’Sp». «L’idea che c’era tra le righe del primo messaggio presentato dal Dipartimento finanze ed economia – ci dichiara l’esponente socialista –, sulla trasformazione giuridica della Banca, è definitivamente tramontata. Banca Stato rimane un ente pubblico». Altro aspetto importante è l’istituzione di una commissione di controllo del mandato pubblico che sostituisce la vecchia commissione di vigilanza. «La volontà di sopprimere la commissione di vigilanza – continua Carobbio – è stata bocciata. La stessa è stata sostituita da una commissione di controllo che deve soprattutto verificare il mandato pubblico della Banca dello Stato. E ciò rappresenta sicuramente un dato positivo». Altro elemento importante della riforma è la riduzione del numero dei membri del consiglio d’amministrazione (da 15 a 7). «Un consiglio d’amministrazione (Cda) più piccolo tende a dare alla banca una connotazione più efficace per affrontare i problemi». Questo non vuol dire che non c’erano punti su cui valeva la pena andare più in là? «Sicuramente. Penso alla nomina del Cda da parte del Gran consiglio (Gc) che secondo me era la logica conseguenza dell’istituzione della commissione di controllo. Ma questo non elimina i lati positivi della riforma», dice Carobbio. Inoltre, l’estensione del campo d’attività della banca dà la possibilità di reperire maggiori capitali da investire nell’economia cantonale. E ciò non va a deperimento dell’attività istituzionale della Banca che è di sostegno all’economia cantonale. «Ho l’impressione – conclude Carobbio – che siano solo ragioni elettorali a spingere l’Mps al referendum». Dello stesso parere Graziano Pestoni, deputato socialista e segretario cantonale del sindacato dei servizi pubblici Vpod. «Ci sono tre opinioni convergenti: il Ps, il sindacato Vpod e l’Associazione per la difesa del servizio pubblico sono concordi nel giudicare positiva la riforma della Bds». «In un primo momento – ci dichiara Pestoni – eravamo preoccupati perché il messaggio del dipartimento di Marina Masoni accennava alla possibilità, in un futuro molto prossimo, del cambiamento dello statuto giuridico della banca cantonale. Un altro motivo di preoccupazione era la soppressione della commissione di vigilanza, in pratica il controllo politico sull’attività dell’istituto; un terzo elemento era la nomina del Cda da parte del Consiglio di Stato». Il parlamento ha fatto cadere i primi due punti e accettato il terzo. «In pratica – ci dice Pestoni – è una vittoria contro coloro che volevano privatizzare la banca ed eliminare il controllo democratico. Il referendum è, a mio modo di vedere, un espediente elettorale. Oggi abbiamo una legge migliore di prima. Anzi, abbiamo fatto un passo avanti nella garanzia del servizio pubblico. Altro che privatizzazione mascherata». Infatti con l’istituzione della commissione di controllo dovrebbe essere scongiurato questo pericolo; tanto è vero che la stessa Associazione per la difesa del servizio pubblico, che era stata molto critica nei confronti del primo messaggio, si è dichiarata soddisfatta per il testo uscito dai lavori commissionali. Se proprio vogliamo, è una sconfitta di Marina Masoni? «Certo, lei voleva cambiare la natura giuridica, eliminare la commissione di vigilanza e tutto ciò non è successo. Bisogna sapere anche vincere ogni tanto», conclude Pestoni. E a proposito di ipotetici referendum, Marina Carobbio, capogruppo socialista in parlamento, rincara la dose: «la Banca dello Stato è sì diventata universale, ma ha mantenuto, se non rafforzato, il suo mandato pubblico. In pratica dovrà operare, per legge, a favore dell’economia cantonale. Non vediamo nessun motivo per lanciare referendum. Ampliando le competenze della Bds non si riduce affatto il suo ruolo pubblico». Analogo a quello di Marina Carobbio il parere di Manuele Bertoli, consigliere d’amministrazione di BancaStato. «Partiamo dall’inizio della vicenda. Il messaggio su cui si è votato proponeva, in sostanza, una riforma tecnica della banca. Ciò che è uscito dall’aula del Gran consiglio lunedì scorso è una riforma tecnica e basta. Non è stato eliminato nessun monopolio. Anzi, ora il mandato pubblico è stato messo nero su bianco e aggiornato. Un mandato che deve verificare la misura dell’aiuto fornito da Bds all’economia cantonale». «Inoltre – continua Bertoli –, voglio ricordare che la Bds opera già in un mercato privato. La Bds è, e rimane, un tassello importante della politica economica cantonale, ma in un regime di concorrenza con gli altri istituti di credito. In questo regime di concorrenza una delle cose che può fare di diverso rispetto alle altre banche è di avere un obiettivo pubblico: agire in funzione dell’economia regionale mantenendo una certa competitività». Dopo questa prima fase tecnica si sarebbe dovuto discutere, secondo Marina Masoni, di una riduzione della presenza dello Stato. «Ora, con l’istituzione della commissione di controllo, – dichiara l’esponente socialista – questo pericolo non sussiste più». E Bertoli conclude: «lanciare oggi un referendum è a dir poco stupido. In questo modo si prendono in giro i cittadini. È chiaro che quando ci sono in ballo delle privatizzazioni “vere” ci si mobilita. Ma non è questo il caso. Pur accordando tutta la buona fede ai promotori, non c’è ragione per allarmare i cittadini. Inoltre, la mossa di Sergi ha tutto il sapore di una mossa elettorale».

Pubblicato il

14.03.2003 02:30
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