Carissima cassa malati, non basta dire “basta”

“Non se ne può più: è ora di fare qualcosa”. Come “tradizione”, è questa la reazione politica più diffusa (e la più scontata e banale) all’annuncio dell’ennesima stangata sui premi dell’assicurazione malattia per il 2018 (+ 4% in media per gli adulti e + 5% per i minorenni), che conferma una tendenza in atto ormai oltre vent’anni. Vent’anni durante i quali i salari reali sono cresciuti di un misero 10 per cento mentre i premi di cassa malati sono più che raddoppiati. Col risultato che le persone fanno sempre più fatica, complici anche le politiche di austerità che limitano l’accesso ai sussidi statali, a far fronte alle spese per assicurarsi l’accesso alla sanità e per curarsi.

La situazione è allarmante perché non si intravede la volontà politica di trovare vie d’uscita dal sistema LAMal (la legge sull’assicurazione malattia di base obbligatoria in vigore dal 1996) che non è trasparente ed evidentemente non funziona: oltre ad essere iniquo prevedendo premi assicurativi indipendenti dal reddito, esso si fonda sul principio di una pseudo-concorrenza tra assicuratori malattia tutta giocata sul piano della caccia alle persone giovani e sane e che non porta alcun vantaggio all’assicurato. Anzi.  Basti pensare alle difficoltà che comporta anche un semplice cambiamento di assicuratore all’interno della giungla di modelli assicurativi proposti dalle varie compagnie (nel 2017, considerando tutte le possibili variabili, si contavano oltre 250.000 possibili tariffe a livello nazionale!), alla noia delle telefonate promozionali che tutti noi riceviamo in queste settimane, così come alla scarsa trasparenza degli assicuratori che a volte sfiora la malafede. Per rendersene conto basta farsi un giro sui vari siti internet di confronto dei premi o, meglio ancora, su quelli delle singole compagnie.

 

Si scopre così per esempio che le condizioni assicurative secondo il modello (in sé sensato) del medico di famiglia (cui l’assicurato deve obbligatoriamente rivolgersi all’insorgere di un problema di salute) differiscono enormemente da cassa a cassa: alcune lasciano scegliere tra tutti i medici generici presenti sul territorio, altri solo tra quelli presenti in una lista da loro allestita (secondo quali criteri non si sa), altri impongono addirittura un solo nome. Ci siamo per esempio imbattuti nel caso di uno dei principali gruppi assicurativi che in Ticino offre questo modello solo ai pazienti di un medico del Luganese ultraottantenne. Un altro assicuratore di grosse dimensioni nella la sua homepage consente invece di richiedere offerte per l’assicurazione di base solo se combinate a un’assicurazione complementare, che non è un’assicurazione sociale ma un’assicurazione privata e che nulla ha a che fare con la LAMal: semplicemente scandaloso e al limite della legalità.


Una proposta interessante, che certamente non risolverebbe tutti i problemi dell'assicurazione malattie ma sicuramente metterebbe un certo ordine e frenerebbe gli abusi di certe compagnie, è l'iniziativa popolare lanciata il 3 ottobre scorso da una ventina di personalità della Svizzera romanda. Essa vuole consentire la creazione di casse di compensazione cantonali o intercantonali, incaricate di fissare un premio unico per tutto il territorio, di incassare così come di rimborsare i fornitori di prestazioni e gli assicurati; Con la messa in comune delle riserve dei vari assicuratori (che continuerebbero a svolgere il lavoro amministrativo) si porrebbe poi un freno agli aumenti dei premi e agli onerosi cambiamenti di cassa.
Scorrendo la lista dei promotori, sorprende (ma non più di tanto) l'assenza del Ticino, che come i Cantoni romandi, da sempre, subisce gli aumenti di premio più brutali. Il ministro cantonale della socialità Paolo Beltraminelli si è limitato a commentare i premi 2018 con il solito “è ora di dire basta”.
 

Pubblicato il

12.10.2017 11:04
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