Casinò, i giochi non son fatti

“È tutto a posto, non c’è niente da preoccuparsi, le fatture vanno bene così come sono”, era questa in sostanza la posizione del Consiglio di amministrazione intero della Casinò Lugano quando il domenicale il Caffè aveva fatto scoppiare la bolla delle forniture “con cresta” alla casa da gioco luganese da parte della società di Sergio Cappelletti, diventato in seguito direttore del marketing della “perla di Lugano”. Fatture ancora da dimostrare che sono “gonfiate” in quanto è attualmente in corso un’inchiesta della magistratura. Ma dopo il momento di quiete della burrasca il vento si è fatto nuovamente forte e l’“apprezzato” collaboratore Cappelletti è stato silurato. Ma non per i bollettini delle sue forniture, ma perché come ci ha detto Giovanni Cansani «era diventato una figura straripante all’interno della casa da gioco». Che significa? L’abbiamo chiesto a Cansani che è municipale socialista della città e membro del Cda della Società Casinò Lugano sa. Ma la storia non finisce qui. Sì, perché dopo che Lugano ha voluto fortemente mantenere in mani pubbliche l’offerta del gioco d’azzardo ora si ventila l’idea di cedere le azioni ai privati. Una semplice questione di opportunità per salvaguardare l’immagine della città e una serena scelta aziendale (vista la prossima apertura della casa da gioco di Campione d’Italia) oppure c’è altro? Sembra che una volta scossa la moquette della Casinò ora il polverone sia diventato più fitto. Abbiamo provato a discuterne “a tutto braccio” con il municipale socialista Cansani e l’abbiamo messo a confronto con Alberto Leggeri, presidente della sezione luganese del Partito socialista. Sezione che fin dagli inizi del fattaccio aveva chiesto pulizia all’interno del Casinò. E questo mentre il suo municipale difendeva le scelte del Cda, cioè quello di guardare al fine senza andare per il sottile sui mezzi. E ora? Ora Cansani ammette gli errori fatti dal Cda e ragiona sulla possibilità di vendere il Casinò ai privati. Leggeri: «Giovanni sei sicuro che i privati avranno lo stesso riguardo verso i malati da gioco d’azzardo e nella lotta al riciclaggio di denaro sporco?» Giovanni Cansani cosa sta succedendo al Casinò di Lugano? Cansani: diciamo che sono successe alcune cose che dovevano rendere il Consiglio di amministrazione (Cda) più attento. Cose che avrebbero meritato di essere prese maggiormente in considerazione e che erano degne di provvedimenti prima che ci fosse la pressione dei giornali. Al di là della vicenda esasperata della moquette il Cda si sarebbe dovuto informare prima su ciò che stava succedendo. È un “mea culpa”? Cansani: sì, dobbiamo ammettere che abbiamo delle colpe. Il Cda ha qualcosa da imparare da questa faccenda. Leggeri: faccio una domanda a Giovanni se posso. Non hai l’impressione che col passare del tempo emergono sì delle pecche organizzative all’interno della casa da gioco ma anche una specie di resa dei conti nelle file dei liberali? Si pensava che la concorrenza venisse da fuori ma a me sembra che ci sia anche una specie di concorrenza interna… Cansani: non credo che le cose stanno esattamente così. È vero che ci sono delle antipatie neppure troppo velate (fra il presidente dimissionario del Cda Rocco Olgiati e Adriano Censi, ex rappresentante degli azionisti privati, ndr). A mio modo di vedere il problema sta però nella filosofia aziendale che, sbagliando, abbiamo fin qui perseguito: si è puntato troppo al soldo dimenticando anche gli altri obiettivi. L’azienda si è organizzata per fare il maggior profitto possibile. Cansani, il Cda ha scaricato Sergio Cappelletti con una motivazione che lascia a bocca aperta. Mentre la magistratura annunciava un’indagine sulle fatture “gonfiate” voi, sindaco Giudici compreso, avete detto a più riprese che i prezzi praticati vi andavano bene. Cappelletti ha portato clienti al Casinò e lo avete ringraziato pubblicamente anche per questo. La sua colpa, sembra di capire fra le righe, è quella di non aver saputo intrattenere i contatti con la Lugano economica. Insomma lo mandate via perché non ha comprato la moquette dal Bernasconi di turno di “casa nostra”? Cansani: le offerte di Cappelletti, pur con la debita cresta, ribadisco che finanziariamente erano interessanti. Sergio Cappelletti era però una presenza straripante all’interno della casa da gioco, gli si era lasciato troppo potere decisionale. E lui si è mosso come un elefante in una cristalleria. Il casinò di Lugano resta per ora in mano alla città, quindi può e deve anche sponsorizzare la Rivista di Lugano con 500 franchi tramite un’inserzione. Dal punto di vista prettamente manageriale quei 500 franchi non sono spesi nel migliore dei modi. Lo sappiamo anche noi che non portano nuovi clienti nella sala da gioco ma sono comunque 500 franchi che la Casinò deve spendere. Ripeto: l’errore è aver puntato troppo sul profitto dimenticando il resto. Non si può ragionare con obiettivi tipo “più 20 per cento l’anno prossimo costi quel che costi”. Abbiamo fatto degli errori e dobbiamo ammetterlo. Alberto Leggeri, quando il Caffè ha fatto scoppiare il caso delle fatture gonfiate la sezione luganese del Partito socialista ha subito chiesto di fare pulizia all’interno del Casinò. Il vostro municipale nel CdA della casa da gioco era però di parere diverso. Avete dei rimproveri da fargli? Leggeri: non è vero che ci sono state divergenze, questa è una sua interpretazione. Il nostro scopo era quello di incitare il municipale socialista a fare chiarezza. Di fronte anche a solo dei dubbi abbiamo chiesto di vederci chiaro. Mi lasci dire un’altra cosa. Non credo che l’allontanamento di Cappelletti sia come dice un proverbio cinese “ammazzare la mosca per spaventare la tigre”. Non vogliamo demonizzare l’intero CdA. Cansani: io non l’ho vissuto come un rimprovero. Di Cappelletti si dice che l’abbiamo “silurato”, “defenestrato”, “calcinculato”, “scaricato” ma lui era in un periodo di prova di tre mesi. Semplicemente non gli abbiamo confermato il contratto. Cansani, in una passata intervista ad area ci aveva detto che con tutti i soldi spesi per la casa da gioco, Lugano doveva infine tenerselo ben stretto il suo Casinò. Ora invece si parla di cederlo ai privati proprio nel momento in cui comincia a dare i frutti. Non le sembra un controsenso? Cansani: è vero che è solo ora che comincia a produrre. Ma se riceviamo subito 100-130 milioni – che è quello che ci renderebbe il Casinò nei prossimi 10 anni – sarei contento lo stesso. La gestione di questa casa da gioco continua a dare problemi che coinvolgono la città intera. Questa storia mi ha anche insegnato che le leggi federali sulle case da gioco hanno dei limiti, vogliamo andare il mese prossimo ad esporre questi problemi direttamente a Berna. Ci vuole una collaborazione che ora come ora non c’è, ognuno fa il suo verso dal pulpito. Leggeri: i compiti di un casinò come ricorda la legge federale non è unicamente quello di fare soldi a palate. Una casa da gioco deve anche lottare contro il riciclaggio del denaro sporco ed essere attiva nella prevenzione contro il gioco patologico. Io mi chiedo se andando in mano ai privati non ci sarà poi la tentazione di fare meno attenzione a queste problematiche scaricando poi su tutta la comunità gli oneri… Una domanda che giriamo prontamente a Cansani. Cansani: inizio dal passato e poi vengo alla domanda. La maggioranza pubblica della casa da gioco non è che noi l’abbiamo voluta a tutti i costi. Ricordo che è stata una decisione forzata in quanto gli azionisti privati continuavano a remare contro il consolidamento e la crescita del casinò, e questo per i loro interessi personali di bottega. Il Municipio è allora intervenuto con decisione proprio per poter distribuire alla città quello che la sua casa da gioco stava producendo. Questi privati che adesso piangono e si lamentano hanno provato fino alla fine a mettere i bastoni fra le ruote. La domanda: la Commissione federale delle case da gioco ci ha lodato come primi della classe nella lotta al riciclaggio del denaro sporco. Non solo, da noi c’è Annamaria Sani che è responsabile della prevenzione per il gioco patologico. È una studiosa riconosciuta a livello internazionale che ha fatto fare passi avanti nella ricerca e che noi abbiamo l’onore di avere nella nostra squadra. Ancora una volta possiamo dire di essere fra i migliori. Leggeri: sì ma Giovanni, se andiamo nel privato ci sarà ancora interesse a spendere soldi per questo? Cansani: e con quale coraggio si tirerebbero indietro su quello che è stato fatto? Restano comunque i federali come cani da guardia, marcia indietro non la potranno fare. Piuttosto sarei preoccupato per i posti di lavoro, i privati di sicuro non ci penseranno due volte a snellire l’organico. E nonostante ciò lei mi sembra convinto che si dovrà cedere il pacchetto azionario ai privati. Allora pubblico o privato? Cansani: la storia deve pesare come un macigno su questa vicenda. Il casinò è stato voluto dalla città per due motivi. È stato fatto sì perché si voleva ampliare l’offerta turistica ma anche e soprattutto per la cultura luganese. Adesso vendendo, affittando, cedendo la casa da gioco o comprandola tutta si devono mantenere gli obiettivi originari. Ognuno mette in evidenza ciò che gli interessa, noi del Municipio vogliamo rispettare lo spirito che ha mosso la creazione della Casinò e, come si chiamava prima, Teatro Kursaal. Quel “teatro” non è da dimenticare. Ma non si deve essere estremisti neppure in questo, il casinò produce anche per la cultura ma non solo per quello. Perché la nostra casa da gioco non deve entrare anche nel sociale ad esempio? Vallo a dire ai privati però. Non ne vogliono sapere. Loro che finora hanno avuto solo benefici senza volerci mettere dentro niente. Leggeri, si dice che la vendita ai privati porterà una somma di 120-130 milioni di franchi nelle casse della città. L’esercizio del solo 2003 ha dato 67 milioni di incassi. I primi sei mesi di quest’anno ben 56 milioni. Il Ps di Lugano è d’accordo di vendere la “gallina dalle uova d’oro”? Cansani: scusa ma la domanda non è impostata correttamente. Di quei 67 milioni sono 10 che vanno alla città, questo bisogna specificarlo. Leggeri: credo che la sa più lunga Cansani di me sul casinò. Questo non toglie il fatto che i socialisti di Lugano non sono mai stati particolarmente entusiasti dell’impegno della città in prima persona in una casa da gioco. Se guardiamo ai risultati attuali direi di no. Cioè il casinò non è da vendere perché è una gallina dalle uova d’oro da tenere stretta. Se invece guardiamo in una prospettiva più lunga di 10-15 anni forse è meglio, come dice Giovanni, prendere il malloppo oggi e usare quei soldi per la cultura luganese. In merito ai controlli da Berna non sono però così sicuro che sono sufficienti Giovanni, il Ps vorrà delle garanzie in questo senso. Su una cosa però non cederemo: lo stabile deve restare di proprietà della città. Giovanni Cansani, dopo il “mea culpa” ora come intendete proseguire? Leggeri: con un presidente dimissionario è un po’ dura… Cansani: al direttore della casa da gioco abbiamo imposto una scelta a breve termine, basta con i ruoli ad interim. Il direttore della Casinò (Marco Baranzelli, ndr) entro la fine dell’anno deve dirci chi sarà il nuovo direttore dei giochi, noi vorremmo che venisse dall’interno dell’azienda. Questa posizione finora è stata vacante, in realtà doveva essere coperta dallo stesso Baranzelli. È stata invece affibbiata di fatto a Cappelletti. Sono stati inoltre creati dei gruppi di lavoro che vigileranno sui tre compiti della casa da gioco che ha ricordato prima Alberto: cioè quello di prevenire il gioco patologico, la lotta contro il riciclaggio oltre al puro risultato aziendale. A questi gruppi di lavoro potranno partecipare sia il presidente del Cda che il direttore di modo che i contatti con le problematiche interne diventino più stretti. Infine tutte le fatture da ora in avanti andranno vidimate dal presidente, questo anche perché il responsabile delle finanze della Casinò non sembra averlo fatto finora con la dovuta attenzione. Mi lasci dire un’ultima cosa, io sono fiducioso nel lavoro che stiamo facendo con la casa da gioco. Non vorrei che da questa intervista restassero solo impressioni negative.

Pubblicato il

25.11.2005 02:30
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