Come una bomba inesplosa

Ogni tanto succede che gli scavi di un cantiere in qualche città portino alla luce una bomba inesplosa proveniente dritta dritta dalla seconda guerra mondiale. È allora tutto un gran evacuare quartieri e procedere con la massima discrezione per disinnescarla. Perché se la bomba esplodesse avrebbe in una città di oggi ancor più che sessant'anni fa un effetto devastante. E l'effetto di una bomba inesplosa ce l'hanno in questi giorni le sentenze della Corte di cassazione italiana che il 4 giugno ha dichiarato ricevibili le cause per risarcimento contro la Germania di un gruppo di ex deportati italiani costretti ai lavori forzati in diverse fabbriche tedesche, fra cui la Benz, durante la seconda guerra mondiale. Non solo: la Cassazione ha pure acconsentito al pignoramento di alcuni beni appartenenti allo Stato tedesco in Italia per garantire il versamento dei risarcimenti che la giustizia ellenica ha riconosciuto ad un centinaio di sopravvissuti al massacro perpetrato dalle Ss nel villaggio greco di Distomo. Da un risarcimento effettivo si è però al momento ancora molto lontani, sia nel caso dei lavoratori coatti italiani che dei sopravvissuti greci.
Queste sentenze hanno l'effetto di una bomba innanzitutto fra i tre paesi in questione e le rispettive diplomazie, che sono alacremente all'opera dietro le quinte per cercare di disinnescarla. Tutto si vuole in Europa fuorché riaprire un contenzioso che al termine della guerra era stato assai rapidamente chiuso dagli Alleati per amor di pace (ma non solo) con accordi che implicavano la rinuncia ad ulteriori pretese di risarcimento nei confronti della Germania. Lo Stato tedesco potrebbe appellarsi alla Corte internazionale di giustizia dell'Aia per chiedere l'annullamento della sentenza della Cassazione, ma con ogni probabilità non lo farà per non compromettere i rapporti con l'Italia. Si andrà quindi verso un regolamento extragiudiziale della questione – e c'è da scommettere che le vittime di 65 anni fa non vedranno nemmeno un quattrino.
In secondo luogo le sentenze della Cassazione italiana hanno l'effetto di una bomba inesplosa perché costituiscono una nuova, profonda crepa nel muro dell'immunità degli Stati. Secondo questo principio non è ammesso fare causa ad uno Stato di fronte al tribunale di un altro Stato. Ma è un principio al quale sempre più spesso si fa eccezione quando in gioco vi sono pesanti violazioni dei diritti e della dignità umani: finora si è quasi sempre pensato a casi di crimini di guerra o di crimini contro l'umanità, tuttavia il campo d'applicazione di questa eccezione sembra si stia allargando anche ad altre, massicce violazioni dei diritti umani. Così è immaginabile che chi fosse tenuto a lavorare in condizioni prossime alla schiavitù possa un giorno fare causa contro lo Stato che non avesse fatto nulla per impedirlo, rivolgendosi ai tribunali di un altro Stato. Sappiamo, dall'Asia all'America latina, quanti milioni di bambini, donne e uomini ne potrebbero beneficiare. Siamo sicuri che gli Stati occidentali non rischierebbero nulla?

Pubblicato il

13.06.2008 00:30
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