Cosa cercano le ragazze della notte

«È umano, normale, comprensibile», così ha detto ad area il commissario capo Bruno Ongaro per spiegare l’alto numero di postriboli nel bellinzonese con la presenza del cantiere Alp transit. In più c’è da dire che la prostituzione in Svizzera è totalmente legale. Ciò non toglie il fatto che la maggior parte di coloro che la praticano vivono nella totale illegalità. In Ticino sono 15 le prostitute che si sono annunciate – come loro dovere – alle autorità. Quelle censite (per difetto) invece dalla polizia sono intorno alle 350. Una bella differenza. Prostitute tutte illegali poiché esercitano impropriamente il mestiere più antico del mondo. Non perché non possono offrire le proprie prestazioni sessuali ma perché la politica d’immigrazione elvetica non gli permette di lavorare. E la prostituzione è un mestiere. Non fa differenza se sono ballerine con permesso L che “à côté” si prostituiscono, o ragazze, transessuali o gigolò ufficialmente in Svizzera come turisti. Sono storie – come dimostrano le testimonianze raccolte in questo reportage di area – di miseria e di sogni di ricchezza, sempre sul filo della clandestinità. Lua, brasiliana in periodica “visita turistica”, sogna di poter comprare la casa ai suoi figli e alla mamma e di «non far mancare loro niente». Martina invece è 100 per cento ticinese, la sua è una scelta ma «non ne voglio sapere di iscrivermi all’albo delle squillo, è solo un modo perbenista di spillarci soldi e di sapere chi siamo». Intanto, in questo clima di apparente calma sul fronte della prostituzione in Ticino – «la situazione è sotto controllo» ci ha detto Ongaro –, e dopo il “caldo 2000” in cui era stata uccisa una prostituta brasiliana in un postribolo del Cantone, associazioni come Aiuto Aids e May Day continuano a svolgere il loro lavoro quotidiano nella totale invisibilità. Eppure la legge cantonale del 2001 prevede l’obbligo per le autorità di «aiutare le persone nella condizione di sfruttamento». Ma finora, 3 anni dopo, non è ancora stato fatto nulla. Perché? La domanda l’abbiamo girata al Consigliere di Stato Luigi Pedrazzini. Lua (il nome è di fantasia) è giovane, ha solo 24 anni ma anche 3 figli. «Adesso sono lontani, li cura mia mamma», dice mentre i suoi occhi sembrano cercarli. Fa la prostituta in un postribolo ticinese ma in Svizzera è ufficialmente turista. È brasiliana, «abito vicino a San Paolo», ed è una bella ragazza. All’incontro – di giorno e lontano dal posto di lavoro – indossa dei discreti jeans e felpa rossa. «Non mi vesto mica sempre come mi hai visto l’altro giorno quando ero al bar coi clienti». Il suo lavoro inizia la sera fra i tavoli dell’osteria-bordello, «appena arrivata ero molto timida, aspettavo al banco che qualche uomo mi scegliesse fra le altre, poi guardando ho capito che se volevo guadagnare qualcosa dovevo prendere io l’iniziativa». Quanto guadagna al mese e quanto paga al giorno per la camera in affitto che divide con un’amica non lo vuole dire. «Guarda per me è già strano che ho deciso di parlare, di più non voglio dire. Sono qui per guadagnare soldi e tornare a casa dai miei figli e da mia mamma. Non voglio rischiare». Lua racconta di casa sua, o meglio di quella che grazie al franco svizzero dovrebbe diventare sua. Una casa con tutte le comodità vicino a scuola. Ai suoi figli non deve mancare niente dice con orgoglio. «Sai sono dei bambini molto intelligenti». “Ma dove va la mamma tutti gli anni?”, ha chiesto il più grandicello alla nonna. Va a lavorare nei ristoranti brasiliani in Europa dove la pagano bene, talmente bene che il resto dell’anno può restare a casa con noi. «Credo che mia mamma ha capito cosa vengo a fare qui ma fra di noi non ne parliamo mai. Lei non mi chiede niente anche se tutte le volte che parto mi abbraccia fortissimo e mi dice di fare attenzione agli uomini. Non si sa mai cosa potrebbero farti». Lua dice di non essersi mai prostituita in Brasile, lì c’è troppa violenza e poi non guadagni niente. «Nei paesi dell’Europa in cui sono stata fino ad adesso la Svizzera è quella che mi è sembrata più tranquilla, qui sto bene anche se il clima non è quello brasiliano». Agli svizzeri Lua consiglia di andare in Brasile almeno una volta nella vita, le strade non sono così pulite ma vale la pena di essere stati lì per provare la frutta. «Tu hai mai bevuto a colazione succo di papaia e mango appena spremuti? È uno dei piaceri della vita, non c’è mica solo il sesso…». Poi c’è anche la foresta d’un verde che non ritrova da nessun altra parte, anche se in alcuni giorni di nuvole basse un quadrato di bosco ticinese le ricorda la sua foresta pluviale. È stata una vecchia amica di scuola a spiegarle come avrebbe potuto guadagnare facendo il mestiere più antico del mondo nella vecchia Europa. Per le brasiliane non c’è nemmeno bisogno del visto per entrare in Svizzera, devono solo racimolare i soldi per l’aereo e avere un contatto che possa aprirle la porta di uno degli attuali 21 postriboli in Ticino. Dei “regalini” Lua non vuole parlare, dice che lei si fa pagare il giusto e che non ne vuole sapere di alcune “richieste particolari” che le fanno i clienti. «Io non ho mai avuto problemi fino ad adesso, ma delle volte devi saper dire di no ai clienti e avere fiuto per sceglierli. Certo che gli uomini che ti trattano male non mancano. Io preferisco i ragazzi giovani, di solito sono ancora un po’ ingenui, nel senso buono. Ci sono comunque molti che vogliono farlo senza preservativo, ma io non voglio rischiare. Chi li cura poi i miei bambini? Ci sono ragazze che sono rimaste incinte per guadagnare magari solo 50 franchi in più. Poi devono andare ad abortire, ma da clandestine non è mica facile e in più costa, almeno 1’000 franchi mi hanno detto. Io senza non lo faccio e basta. Con il gerente cerco sempre di mantenere il rapporto sul livello degli affari. Ti do i soldi ma non mi toccare gli dico…». Di Marcia Caron – la prostituta brasiliana sgozzata da un cliente in una camera dell’albergo Gabbiano a Lugano-Loreto nel 2000 – Lua non ne sapeva niente e «non ne voglio sapere niente» dice accendendosi rabbiosa la sigaretta. Guarda la mobilia del locale e gli altri clienti ai tavoli respirando a fondo. «Io non ho visto molto del vostro paese. Non esco quasi mai, lavoro duro e cerco di guadagnare quando sono qui. L’anno scorso però avevo conosciuto un ragazzo simpatico al bar. Mi aveva portata a San Bernardino, un paesino in montagna. Mi aveva dato 1’000 franchi per passare due giorni con lui. La sera avevamo cucinato insieme, gli ho fatto qualcosa del mio paese. Poi con calma avevamo acceso il camino e lui mi aveva parlato della sua vita. Che freddo che faceva per una brasiliana. La mattina a letto mi aveva portato il caffè. C’era uno strano silenzio, lui ha aperto le tende, c’era la neve. Era la prima volta in vita mia che vedevo la neve, le montagne erano enormi torte bianche. Al locale il ragazzo non si è più fatto vedere, forse è tornato da sua moglie. Avevano litigato». «Sono nata e cresciuta in Ticino, ho deciso di fare questo mestiere al posto di fare la segretaria o la casalinga. Tutto qui», dice Martina (il nome è di fantasia) nella penombra dell’appartamento che ha preso in affitto per incontrare i propri clienti. «Chi me lo fa fare di andare in ufficio tutte le mattine, lavoro 4 giorni a settimana e guadagno il doppio di un impiegato di banca, e a me va bene così». Martina fa la prostituta da prima del 2001, anno in cui la legge sulla prostituzione del Canton Ticino ha sancito l’obbligo di annuncio per «ogni persona dell’uno o dell’altro sesso che compie atti sessuali o atti analoghi o che offre prestazioni sessuali d’altro tipo ad un numero indeterminato di persone, allo scopo di conseguire un vantaggio patrimoniale o materiale». Martina però non si è annunciata e non ha intenzione di farlo «non voglio pagare le tasse a questo Ticino e quello che mi offrono non vale la candela. Chi mi assicura che avrò davvero la pensione? Io non ci guadagno niente, anzi. Non è altro che un atto di moralismo, sono curiosi di sapere chi siamo. In realtà vogliono solo prendere una parte dei nostri soldi, quelli che mi guadagno grazie al mio corpo». Secondo Martina creare un albo per le prostitute non aiuta le ragazze a uscire dalla clandestinità e reputa “gocce nell’oceano” le recenti notizie che hanno visto coinvolta una prostituta spagnola e uno gigolò svizzero che si sono ufficializzati. «Nessuna nuova invasione di prostitute, non vi preoccupate. In realtà ci sono già solo che fate finta di non vederle. Forse cambierà qualcosa quando ci sarà la libera circolazione delle persone anche per i 10 nuovi paesi dell’Est dell’Unione europea. Attualmente ci sono parecchie ragazze dell’Est in Ticino, ma non si sa mai. È una specie di moda, oggi le brasiliane, ieri le colombiane e domani le lettoni. Tutto dipende dai canali che si aprono a livello politico e di giro della prostituzione. Mi ricordo che all’indomani delle retate della polizia del 2000, in cui il Ticino pensava di aver scoperto la prostituzione, erano sparite le lettoni e ritornate le brasiliane». I suoi clienti sono uomini di tutti i tipi racconta con una punta di malizia seduta sul divano. «Da me vengono politici, imprenditori e giornalisti ma anche semplicemente chi si vuole concedere un’ora di relax. Sono cara, ma è solo così posso che guadagnare. Mica come quelle poveracce al night che ricevono 2-3 mila franchi al mese e che in più devono pagare affitti stratosferici. Una cosa che ho notato in questi anni è che quello che lega questi uomini è la voglia di parlare, di farsi ascoltare. Mi raccontano di tutto. Dalla ragazza che non li vuole, o che dicono non li capisce, alle loro paure infantili. Io li ascolto, li coccolo. Meglio di una psicologa... È così che mi guadagno il pane. Non mancano però neanche quelli che vogliono fare sesso senza parlare, senza un “ciao”. Spogliati e basta, non mi guardano neanche in faccia. Questo a volte mi fa paura». Cosa farà una volta che non avrà più l’età per questo mestiere Martina ci ha già pensato, «mi godrò i soldi che metto da parte. Guarda però che io sono un caso raro, una prostituta di lusso, non ce ne sono molte altre in Ticino. La maggior parte sono straniere in cerca di fortuna. A volte ho malinconia della mia infanzia. Guarda questo appartamento, con tutti questi aggeggi e le videocassette per i clienti più esigenti. A me non piace mica, è ridicolo. Chi mai vivrebbe con questa roba in giro? Ma questo non lo dico mica agli ometti, io sono il loro sogno erotico, almeno per l’ora che hanno pagato».

Pubblicato il

29.10.2004 02:30
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