La mano sinistra della Svizzera ignora a volte quello che fa la sua mano destra. Questa la constatazione emersa nel corso della Piattaforma diritti umani delle Ong, alla quale collaborano oltre 80 organizzazioni non governative, tenutasi a Berna il 19 giugno. Anche se la Costituzione federale definisce la promozione del rispetto dei diritti umani come uno degli obiettivi della politica estera svizzera, il nostro paese manca di coerenza nella sua applicazione.


Spesso la Svizzera fa la morale agli altri Stati in materia di diritti umani, raccomandando loro di abolire la pena di morte o insegnando come meglio rispettare le minoranze. Tanto meglio! Ma quando si tratta di perseguire criminali di guerra che trovano rifugio nel nostro paese, quando vanno prese decisioni sull’esportazione di armi svizzere verso paesi implicati in sanguinosi conflitti, o quando le nostre autorità si chiedono se sia opportuno bloccare i fondi di dittatori custoditi nelle nostre banche, allora constatiamo troppo spesso che gli interessi economici e finanziari hanno la meglio sui diritti fondamentali.


Non è certo una novità: da oltre 25 anni la società civile critica questa incoerenza. In documenti strategici, esperti interni ed esterni all’amministrazione e al Consiglio federale stesso, reclamano una politica estera più coerente. Purtroppo i progressi si fanno attendere. Oggi come in passato, non c’è una strategia globale e mancano risorse sufficienti, indispensabili per la messa in atto di un processo che obblighi a portare avanti una politica estera più coerente in materia di diritti umani.


Certo, finalmente dall’anno scorso esiste una “strategia diritti dell’uomo” in materia di politica estera svizzera, ma questa rimane limitata al Dipartimento federale degli affari esteri. Tutte le questioni di competenza degli altri dipartimenti non sono quindi sottoposte al rispetto di questa strategia.


La persona che succederà a Didier Burkhalter agli Affari esteri avrà quindi il difficile compito di convincere i colleghi in Consiglio federale che la difesa dei diritti umani è una questione che li riguarda tutti e non unicamente il suo dipartimento. Ma prima della sua partenza, il neocastellano ha compiuto un passo importante in questa direzione, ponendo in consultazione un avamprogetto di legge per la creazione di un ente nazionale per i diritti umani, attesa da oltre quindici anni!


Se creeranno finalmente questa istituzione, i nostri Sette saggi dimostreranno che la difesa e la promozione dei diritti umani sono responsabilità di tutti gli ambienti politici svizzeri e che il rispetto di questi stessi diritti ci riguarda tutti.

Pubblicato il 

06.07.17
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