Donne pagate il 13 per cento in meno

A parità di lavoro, Migros Ticino paga le donne il 13 per cento in meno degli uomini. La pesante accusa è contenuta nell'istanza inoltrata martedì all'Ufficio di Conciliazione in materia di parità dei sessi del Canton Ticino dal sindacato Unia nei confronti di Migros Ticino.  

Di disparità salariale se ne sente parlare solitamente nella giornata della donna dell'8 marzo, quasi fosse una rivendicazione astratta che aleggia nell'aria durante il resto dell'anno. Si ha l'impressione che raramente dalle parole si passi ai fatti per porvi rimedio, malgrado tutti riconoscano l'esistenza del problema. Ora Unia sembra fare sul serio, mettendo sul banco degli accusati nientemeno che il maggior datore di lavoro privato della Svizzera (oltre 84 mila dipendenti, di cui il 60 per cento sono donne).
L'accusa di Unia si fonda sullo studio affidato ad uno dei più autorevoli istituti nazionali di ricerca. Per un anno, gli esperti hanno analizzato i dati su un campione di 60 dipendenti, 43 donne e 17 uomini, attivi professionalmente in diversi punti vendita (escluso il settore amministrativo) di Migros Ticino per verificare l'eventuale esistenza di una disparità salariale. Quale mese di riferimento è stato fissato marzo 2007. Rispetto alle precedenti inchieste nell'ambito della parità, l'istituto di ricerca osserva come «la particolarità dell'analisi risiede nel fatto che i dati non sono stati messi a disposizione dall'azienda, ma rilevati tramite i dipendenti e il sindacato». Per evitare che questa "particolarità" invalidasse la scientificità dei risultati, l'istituto di ricerca ha concordato l'osservanza di alcune precauzioni tecniche, quali la verifica delle copie dei conteggi salariali per ogni dipendente e l'assistenza agli impiegati di Migros Ticino nel compilare i dati da parte di una persona con formazione in scienze sociali istruita dal committente. Un'altra "particolarità" della ricerca è che gli esperti non conoscevano il nome dell'azienda sottoposta all'analisi, alfine di evitare ogni genere d'influenza. Si trattava dunque di conteggi salariali resi completamente anonimi.  
La perizia è stata allestita con un'analisi statistica dei salari, uno dei due metodi principali per l'analisi di discriminazioni salariali, adottato anche nelle procedure giudiziarie. È il metodo che la Confederazione utilizza nell'ambito degli acquisti pubblici. Un'ultima nota metodologica: gli esperti hanno tenuto conto di più criteri che potessero spiegare l'eventuale disparità di genere come il campo di attività e le funzioni specifiche nell'azienda.
I risultati, giudicati dagli esperti «robusti e affidabili» sono eclatanti: «la differenza salariale inspiegabile riconducibile al sesso è del 13 per cento». Tradotto in soldi, nel caso specifico dell'istanza, significa che se  un uomo guadagna in media 4'246 franchi lordi mensili e la donna invece ne riceve 3'715, quest'ultima dovrebbe ricevere circa 530 franchi in più per rimediare alla discriminazione salariale.
Matematicamente significa che i dipendenti maschi di Migros Ticino guadagnano il 115 per cento della paga femminile a parità di lavoro. Per questo motivo, per rimediare all'ineguaglianza salariale, si dovrebbe aumentare i salari delle donne del 15 per cento.
A termine di paragone, nella sua politica di acquisti la Confederazione rifiuta di comperare dei prodotti da ditte che presentano una differenza salariale tra i sessi superiore al 5 per cento. Nel caso di Migros Ticino si arriva a tre volte tanto. Siamo dunque in presenza di un'ipotesi di grave violazione del principio del salario uguale per un lavoro uguale, sancito dalla Costituzione federale all'articolo 8 capoverso 3.
Unia, patrocinata dall'avvocato Rosemarie Weibel, chiede che sia accertata la disparità salariale e che l'azienda parifichi da subito le paghe. L'importanza economica della vertenza giuridica intrapresa da Unia è grande: potenzialmente le circa 1'200 donne impiegate da Migros Ticino sono toccate dall'eventuale disparità salariale di 530 franchi.
A differenza della vertenza in atto a Neuchâtel (cfr. box a sinistra), nella procedura legale in Ticino non è stata chiesta la restituzione dell'eventuale discrepanza salariale degli ultimi cinque anni. Per legge infatti, solo il singolo può chiedere l'effetto retroattivo della disparità salariale accertata.
È il caso dell'ex commessa della Migros di Neuchâtel che chiede 23 mila franchi di differenza salariale accumulati in cinque anni. Unia Ticino invece non può richiedere la retroattività poiché rappresenta collettivamente i diritti delle dipendenti di Migros. Solo queste ultime, singolarmente, potrebbero intentare una causa contro il loro datore di lavoro chiedendo la retroattività. Se lo facessero tutte le impiegate di Migros Ticino, nel caso fosse accertata la disparità, l'importo complessivo raggiungerebbe alcune decine di milioni di franchi.
Senza dimenticare le conseguenze sul piano nazionale. Non c'è dubbio che nel caso di una sentenza favorevole alle dipendenti e al sindacato in Ticino, la vertenza conoscerebbe un seguito nazionale, dove le cifre in gioco sarebbero ancora più sostanziose.
Ora però siamo solo alle prime battute, cioè all'Ufficio di conciliazione cantonale. Nei contatti intercorsi nell'ultimo mese fra Unia e la direzione di Migros Ticino per trovare un accordo, quest'ultima ha dichiarato di non avere nulla da temere perché il gruppo si affida a un proprio metodo (M-Fee) che esclude la disparità salariale di genere. Chiedeva però di conoscere i nominativi dei dipendenti oggetto di presunte discriminazioni. Unia ha opposto un secco rifiuto, sostenendo che il problema è di ordine generale e non individuale.
Nel 2006, Migros nazionale aveva declinato l'invito di sottoporre i suoi salari ad una verifica sindacale proprio sulla questione della parità, contrariamente ad altri gruppi che invece avevano accettato, come Nestlé o Lindt& Sprungli (cfr. intervista a destra). Il gigante della vendita al dettaglio si era anche opposto ad utilizzare Logib, lo strumento di verifica della parità salariale di un'azienda messo a disposizione gratuitamente dalla Confederazione. Lo aveva dichiarato al Tages Anzeiger nel 2007 Martina Bosshard, l'allora portavoce di Migros, affermando ancora una volta che il gruppo faceva capo ad un proprio strumento.
Ora potrebbero essere i giudici a verificare se davvero Migros rispetta la Costituzione.

Neuchâtel, la lunga battaglia di Catherine

C'è un precedente a livello nazionale su una presunta disparità salariale denunciata da una ex dipendente di Migros.
Catherine Ried ha lavorato nella filiale di Neuchâtel del gigante arancione per dodici anni, dal 1994 al 2006. Nel 2003 scopre che un suo collega a pari mansioni, arrivato da 3 anni, senza diploma né esperienza, guadagna 3'700 franchi lordi, cioè 300 franchi più di lei.
Ne parla con la commissione del personale, ma non riceve risposta.
Nel 2004, le viene diagnosticata la sclerosi a placche. Due anni dopo è costretta a lasciare il lavoro a causa della malattia.
Da allora vive con la rendita Ai calcolata sul suo modesto salario Migros. Nel 2008, sostenuta dal sindacato Unia, incarica l'avvocato Jean Michel Dolivo di avviare la procedura legale affinché le sia versata la differenza salariale degli ultimi cinque anni, come previsto dalla legge, equivalente ad un importo complessivo di 23 mila franchi.
Nel marzo di quest'anno, le parti si sono incontrate presso l'ufficio di conciliazione del Canton Neuchâtel.
Non si è arrivati ad un accordo poiché Migros ha contestato di praticare qualsiasi  discriminazione. Ora la vertenza sarà giudicata dal tribunale cantonale di prima istanza in materia di diritto del lavoro.

«Migros ha sempre rifiutato il dialogo»

Christine Michel, responsabile di Unia nazionale per l'uguaglianza, come si articola la politica sindacale per risolvere la disparità salariale?
Su tre livelli. Sensibilizzare e azioni politiche sono il primo campo d'intervento. In secondo luogo, l'obiettivo è dialogare con le imprese per collaborare nell'analisi e correggere le eventuali distorsioni. Infine, sosteniamo le vittime nella difesa dei loro diritti, tra le quali è inclusa la via della denuncia legale.
L'avvocato patrocinatore dell'ex impiegata di Migros di Neuchâtel ha affermato che si tratta di uno dei rari casi di denuncia di disparità salariale inoltrata da una donna. C'è ancora molta paura nel rivendicare i propri diritti per via giudiziaria?
Rimediare all'ineguaglianza salariale ripone ancora troppo sulle spalle delle vittime. Nella maggioranza delle denunce si tratta di ex impiegate. Osserviamo inoltre che ci sono meno casi nell'economia privata che nel pubblico. Riteniamo sia dovuto al timore maggiore di perdere l'impiego. Per questo motivo chiediamo alle imprese di discutere direttamente con i sindacati e di concordare un controllo della parità salariale.
E funziona?
Nel 2006 e 2007 abbiamo chiesto a molte grandi aziende di analizzare insieme la loro situazione salariale sul fronte della parità.  E nel caso si fossero riscontrati dei problemi, di studiare congiuntamente le misure da adottare. Alcune imprese hanno accettato, come Nestlé e Lindt& Sprungli. Purtroppo nessuna ditta del commercio al dettaglio ha accettato, neanche Migros.
Migros e altre grandi aziende della vendita rifiutano di verificare la loro condizione sulla parità attraverso Logib, il metodo elaborato dalla Confederazione, sostenendo di disporre già  di un proprio metodo che esclude la disparità. Migros ad esempio ha elaborato il suo sistema M-Fee.
Se pensano che il loro sistema sia buono, che lo testino pubblicamente. Da un punto di vista scientifico bisogna precisare che un sistema analitico per valutare i salari, com'è il caso di M-Fee di Migros, non esclude la disparità. Quando Migros lo ha introdotto nel 1999, Unia ha chiesto di poterne verificare il rispetto della parità salariale. Migros ha rifiutato.
Nel caso della ricerca svolta in Ticino, è stato difficile trovare delle lavoratrici e dei lavoratori disposti a parteciparvi?
Sì. La paura di perdere il posto di lavoro per rappresaglia è molto forte. In Ticino è stato possibile realizzare l'inchiesta solo perché il sindacato è ben radicato e gode della fiducia delle lavoratrici. Sanno che Unia garantisce loro l'anonimato e hanno quindi accettato di confidare dei dati molto personali qual'è la busta paga.
Qual è il valore per Unia di questa vertenza aperta in Ticino se trasportata sul piano nazionale?
Noi vogliamo aiutare le venditrici ad ottenere i loro diritti ed esigiamo che la Migros rimedi a questa discriminazione. Inoltre, speriamo in un effetto domino sulle altre imprese. Oltre che al maggiore datore di lavoro privato in Svizzera, stiamo parlando del numero uno del paese della vendita al dettaglio; un settore dove i salari sono generalmente bassi e sono attive professionalmente molte donne. La percentuale di differenza salariale inspiegabile di genere risultata dall'analisi è la stessa cifra che si riscontra nelle statistiche nazionali nel ramo della vendita, ossia del 12 per cento. Ciò dimostra che il problema è stato centrato.
Se la disparità salariale fosse riconosciuta, e ipoteticamente tutte le dipendenti chiedessero con effetto retroattivo la differenza salariale, l'importo sarebbe vicino all'utile netto del gruppo Migros del 2008.
È chiaro che la posta in gioco è molto alta. E quindi non sorprende che Migros assuma una posizione di chiusura. Ma si tratta del rispetto di un principio sancito dalla Costituzione. Anche per le donne, la posta in gioco è molto alta. La perdita del reddito di una donna nel corso di tutta la vita a causa della discriminazione salariale ammonta a centinaia di migliaia di franchi. L'analisi dell'esperto sulla situazione di Migros Ticino dimostra il sospetto statisticamente fondato che a parità di requisiti le donne guadagnavano circa il 13 per cento in meno degli uomini. Noi abbiamo chiesto un incontro al direttore di Migros Ticino che non ha voluto entrare in materia. La procedura giudiziaria si è dunque imposta. Ciononostante, Unia non si oppone ad un dialogo con Migros per arrivare ad una soluzione concertata sul tema della parità se ciò significa dei concreti miglioramenti per le donne.

Migros: «applichiamo le pari opportunità»

Per conoscere la posizione di Migros Ticino sulla presunta disparità sollevata da Unia, abbiamo rivolto un paio di domande alla portavoce di Migros Ticino, Francesca Sala, che  ci ha così risposto via mail. Sulla base di uno studio di un autorevole istituto di ricerca, Unia sostiene che Migros Ticino versa a parità di lavoro il 13 per cento in meno alle donne rispetto agli uomini. Qual è la vostra risposta?
Smentiamo categoricamente questa affermazione. Migros Ticino applica la parità di opportunità e di condizioni di lavoro tra uomo e donna. Da anni si è dotata di uno strumento (M-Fee) supportato da un applicativo informatico che permette di gestire la questione in modo professionale e sistematico: un sistema già usato da parecchie aziende importanti e la cui metodica è stata verificata da istanze autorevoli, tra le quali l'Ufficio federale per l'uguaglianza fra uomo e donna (Ufu).
Nel passato il gruppo  Migros ha declinato l'invito di Unia di verificare congiuntamente il suo metodo salariale (M-Fee), così come si era opposta ad un controllo del rispetto della parità attraverso il metodo Logib della Confederazione. Quali le ragioni?
Non prendiamo posizione su questioni che riguardano le oltre 50 aziende che costituiscono la comunità Migros. Per quanto concerne invece Migros Ticino e Unia, quest'ultima ha mosso rimproveri generici. Malgrado la richiesta di indicazioni precise in due distinte lettere di Migros Ticino, Unia non ha risposto alla domanda.


Pubblicato il

15.05.2009 02:30
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