Politica sanitaria

Sono andati e andate costantemente al di là dei loro obblighi ordinari per prendersi cura di voi, di noi. E non solo durante la pandemia. Il personale sanitario è da anni che ha superato il limite e la situazione – a un anno dalla plebiscitata iniziativa per cure infermieristiche forti – resta drammatica, nonostante i timidi segnali che giungono da Berna. «Occorre mobilitare il personale e la popolazione, perché questo è un problema di società» dice il sindacalista Enrico Borelli.


Se non è drammatico questo, che altro lo è? Il Kinderspital di Zurigo, l’ospedale pediatrico che resta un faro in Svizzera, qualche mese fa ha lanciato un “invito”: "Genitori aiutateci e prendetevi cura più che potete dei vostri piccoli ricoverati: noi non riusciamo a occuparci di tutto. Sgravateci delle mansioni che non richiedono un intervento professionistico". Suona così l’appello del nosocomio universitario: siamo nel 2023, siamo in Svizzera dove per anni abbiamo sentito la narrazione di una sanità d’eccellenza, e i curanti e le curanti non riescono più a lavorare al ritmo richiesto per mantenere gli standard? Anzi, non riescono neppure più a mantenere il ritmo? Gettando il camice in un esodo di massa che minaccia la categoria professionale e l’assistenza ai pazienti: «L’intera società, insomma».


Enrico Borelli, membro della direzione nazionale del settore terziario di Unia e co-responsabile del dossier “cure”, è un sindacalista appassionato e molto preparato, che, nel rispetto del suo modo di essere e lavorare, affronta questo dossier con partecipazione e competenza. Ed è un piacere stare ad ascoltarlo, perché ha una visione molto chiara della situazione.

Borelli, lei definisce la situazione drammatica, ma il Consiglio federale lo scorso 25 gennaio ha commissionato l’elaborazione di una nuova legge federale sulle professioni sanitarie che dovrebbe consentire di migliorare le condizioni di lavoro e altre misure per ridurre il tasso di abbandono nella professione. Ci siamo?
Si tratta di una presa di posizione che rappresenta un timido passo verso la giusta direzione. Un timido passo in risposta all’iniziativa per cure infermieristiche forti accettata con decisione e plebiscitata nel novembre 2021 con oltre il 60% del popolo svizzero, che chiedeva così di rafforzare un settore di estrema importanza per il paese. Il Consiglio federale ha annunciato anche i tempi di attuazione dei due diversi pacchetti di misure per attuare l’iniziativa, approvata più di un anno fa. Sono grida d’allarme quei 300 curanti che ogni mese in Svizzera abbandonano la professione. Nel 2029 ci sarà bisogno di ulteriori 70mila figure operanti nel sanitario: se procediamo con questo passo, sarà un obiettivo irraggiungibile. Il primo pacchetto, relativo alla formazione, entrerà in vigore a metà 2024: bisognava agire subito. Per il secondo pacchetto, nel quale saranno determinate le condizioni quadro per il finanziamento delle cure e il miglioramento delle condizioni di lavoro, se ne parlerà addirittura nel 2027... Una prospettiva decisamente troppo lontana!


E, tra un numero e l’altro che riflettono una serie di problemi, ci sono anche quei 7mila posti vacanti per i quali non si trova personale, e che caricano ancora di più chi lavora negli ospedali...
Secondo i dati degli anni compresi fra il 2014 e il 2019, il 70% degli infermieri e delle infermiere era costituito da emigranti. Non si possono occupare le posizioni con lavoratori provenienti da Italia, Francia, Germania e Austria, che hanno pagato la formazione. Noi assorbiamo la loro forza lavoro e ribaltiamo i problemi su questi paesi. La soluzione non può essere andare in Italia o in Polonia per cercare di reclutare personale, come attualmente fanno importanti strutture sanitarie tipo l’Ospedale cantonale di Argovia e quello universitario di Basilea, il gruppo Hirslanden.


Insomma, tempi troppo lunghi. Per “mettere un cerotto” l’insieme del movimento sindacale svizzero con l’Associazione svizzera infermiere/i lo scorso dicembre ha presentato delle misure. Vi hanno ascoltato?
Il documento è stato presentato da poco e bisogna ora entrare in discussione. Sono misure da applicare per cercare di arginare l’emorragia in corso. Li abbiamo chiamati Big 5, e si traducono con importanti aumenti salariali; riduzione del carico orario; aumento considerevole delle indennità in presenza di cambio repentino dei turni di lavoro; aumento delle vacanze; registrazione completa di tutto l’orario di lavoro e importanti aumenti per la custodia dei figli. Misure certamente parziali che permetterebbero di mettere un cerotto su una situazione sempre più critica. Molto delicata appare pure la questione relativa a un adeguato finanziamento delle cure che non potrà certamente passare da un ulteriore aumento dei premi delle casse malati, che avrebbe ricadute sociali inaccettabili per i lavoratori che vedrebbero ulteriormente eroso il potere di acquisto.


Se Berna temporeggia, che cosa si fa?
Ci si rimbocca le maniche e si scende in piazza a esigere condizioni migliori per curanti e pazienti. L’auspicio è che nei prossimi mesi si riesca a costruire una vera e propria giornata nazionale di resistenza di tutto il sistema sanitario che veda protagonisti/e migliaia e migliaia di salariati e salariate della Sanità e di tutte e tutti coloro che si battono per delle buone cure a favore dell’insieme della popolazione. Buone cure che non possono prescindere da condizioni di lavoro dignitose!

 

Pubblicato il 

02.02.23
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