Evitare la confusione

Sono contrari a ogni misura restrittiva e a ogni limitazione della libertà individuale, all’obbligo della mascherina e ai vaccini, alcuni negano addirittura l’esistenza del coronavirus e considerano i morti che questo ha provocato e sta provocando nel mondo un fatto trascurabile. È più o meno questo il profilo degli “scettici” e dei complottisti che da sempre affollano le piattaforme sociali ma che da qualche settimana, anche in Svizzera, portano le loro deliranti tesi pure in piazza, assumendo oltretutto comportamenti sempre più aggressivi, provocatori e irrispettosi delle persone più fragili. Erano solo alcune centinaia i partecipanti alle due manifestazioni che hanno avuto luogo a Zurigo nelle scorse settimane, ma si tratta di un fenomeno da non sottovalutare. Anche perché, nonostante il numero crescente dei contagi in diversi cantoni, l’insofferenza è destinata ad aumentare con il protrarsi della pandemia e con l’allontanarsi del ritorno alla normalità. Una “normalità” che non rivivremo prima della primavera 2022, calcolano i virologi più autorevoli a livello internazionale.


Con negazionisti e complottisti, che in sostanza rivendicano il diritto di infettarsi e di infettare, è oggettivamente impossibile dialogare e trovare dei punti d’incontro, ma è assolutamente indispensabile che le autorità diano prova di credibilità e di equilibrio. Perché ad alimentare dubbi nella popolazione non vi sono solo gli estremisti (tendenzialmente di destra) e gli squilibrati che gridano al complotto e denunciano metodi dittatoriali (riferendosi all’obbligo di portare la mascherina e non certo, per esempio alla nuova legge anti-terrorismo che consentirà in presenza di un semplice sospetto di arrestare persino i bambini).

 

Vi sono anche influenti figure del mondo economico e imprenditoriale. Come il direttore dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam), che in una recente lettera ai dipartimenti cantonali della sanità torna a contestare la “proporzionalità” delle misure di protezione: per esempio, l’obbligo di portare la mascherina nei negozi deciso dai cantoni più colpiti dalla nuova ondata di contagi «è insostenibile», afferma Bigler secondo cui la misura farebbe «scappare una parte considerevole di clienti». Eppure, a oggi, insieme alle regole d’igiene e di distanziamento, la mascherina è l’unico mezzo a disposizione per rallentare la diffusione del virus, per poterci convivere senza arrivare a un nuovo lockdown, le cui conseguenze (economiche e sociali) sarebbero enormemente più catastrofiche di quelle immaginate da Bigler in relazione all’obbligo di coprirsi bocca e naso in alcuni luoghi.


Lo scetticismo di una parte della popolazione (sicuramente più ampia di quella dei negazionisti) è anche figlio di queste uscite, così come delle affermazioni contraddittorie, dei ritardi e delle gaffes delle autorità nella gestione della pandemia, che oggi appare ancora più caotica che nei mesi passati. Soprattutto da quando la Confederazione ha passato ai Cantoni la competenza di adottare misure per il contenimento dei contagi. Con tutti i limiti che questo comporta in un paese piccolo come la Svizzera in una situazione complicata come questa: la cacofonia di regole crea confusione e disorientamento, che a loro volta alimentano sentimenti e reazioni pericolose.


Se i tempi di sparizione del coronavirus sono quelli che ci vengono prospettati, sarà inevitabile che l’autorità federale riprenda il pieno controllo della lotta alla pandemia. Anche perché non tutti i Cantoni hanno dimostrato di essere in grado di tenerlo.

Pubblicato il

24.09.2020 15:33
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