Gli abolizionisti della legge cosiddetta antifumo la stigmatizzano senza mezzi termini. Parlano di legge “liberticida”, di interferenze istituzionali nella sfera privata il granconsigliere Jacques Ducry e il professor Franco Zambelloni, docente di filosofia, eletti co-presidenti del comitato “Basta divieti – più libertà” che si oppone al divieto generalizzato di fumare negli esercizi pubblici ticinesi. Due nomi che vengono a rinforzare le fila di coloro – con in testa il presidente della Lega dei ticinesi Giuliano Bignasca – che vedono nella nuova normativa lo spettro dell’incostituzionalità. Di certo i toni si sono alzati alla vigilia del voto, con Bignasca che distribuisce con generosità l’epiteto di talebano a destra e a manca, al presidente di GastroTicino Claudio Belloli così come ad Alberto Polli, presidente della sezione ticinese dell’Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo, due dei numerosi organismi che hanno aderito al Comitato a favore dell’articolo 57 della Legge sugli esercizi pubblici. Dal canto loro, i sostenitori della Legge interpretano questi motti del comitato oppositore come l’ultimo colpo di coda di chi sa di aver perso la partita. Tra loro lo stesso Polli, che è convinto che «il popolo risponderà in maniera schiacciante a chi propone di bloccare la normativa sui servizi pubblici». «Noi sappiamo – ci dice Alberto Polli del comitato che sostiene la legge – che la maggior parte della popolazione e degli esercenti si sono detti a favore. Stiamo continuando ad impegnarci nella campagna di sostegno ma siamo stanchi di replicare a Bignasca che usa argomenti che non hanno fondamento nella realtà. Un esempio? Continua a dire che negli ambienti di GastroTicino sono solo i vertici ad essere favorevoli alla legge quando è a verbale che tutte le sezioni dell’associazione, a maggioranza, hanno espresso il loro sì. E sempre più arrivano adesioni di esercenti che ritengono che l’introduzione della nuova normativa sia un bene anche per i loro affari». E qui Polli sembra perdere le staffe per un argomento tirato fuori dai detrattori della legge a sproposito: quello della perdita di guadagno. «Secondo la testimonianza raccolta da Luigi Clerici nel sito www.senzafumo.ch, su questo tema il responsabile dell’Associazione Provinciale Commercio Turismo e Servizi della provincia di Como, il dott. Capizzi ha affermato che nel corso dell’anno [2005, ndr] sono state registrate solo cinque contravvenzioni al divieto di fumare negli esercizi pubblici del territorio lariano quando gli esercenti soci sono ben 1’800. Sono dati che trovano corrispondenza anche negli altri paesi europei dove è stata introdotta una normativa che bandisce il fumo dai luoghi di lavoro e dagli esercizi pubblici». Finora i paesi europei in cui sono già in vigore leggi che tutelano dal fumo i posti di lavoro sono Italia, Finlandia, Malta, Svezia e Gran Bretagna (in Scozia il divieto di fumare nei posti di lavoro sarà in vigore a breve, dal marzo 2006, mentre in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord dalla metà del 2007). In questo quadro, se il Ticino non farà un passo indietro, fungerà da apripista per il resto della Svizzera. Il perché dell’urgenza di introdurre un divieto generalizzato poggia sulla constatazione comune che le malattie cardio-vascolari e respiratorie siano in aumento anche nei cosiddetti fumatori passivi. Gli anti-proibizionisti sono convinti che l’autoregolamentazione, con adeguate campagne di sensibilizzazione, sarebbe più che sufficiente a limitare il fumo. Ma un esame di realtà li sconfessa: quanti bar o ristoranti fino ad oggi hanno introdotto il divieto? «L’autoregolamentazione non funziona», ha dichiarato di recente Morgan Johansson, il ministro svedese della sanità che ha ben capito come una limitazione volontaria e preponderante non è realistica. Sulla libertà di scelta, poi c’è da chiedersi cosa mai potrebbero fare per proteggersi tutti i dipendenti degli esercizi pubblici che non possono che subire il fumo per intere giornate. Sono proprio loro – così assenti dalle argomentazioni degli oppositori alla legge antifumo – a subirne le conseguenze più gravi e senza che vi sia alcuna norma che li protegga. Lo stesso Segretariato di Stato dell’economia (Seco) nel commentario sull’Ordinanza 3 concernente la legge sul lavoro, afferma in merito all’articolo 19 sulla “Protezione dei non fumatori” nei posti di lavoro che «nella maggioranza dei casi, è possibile prendere delle misure di protezione sufficienti. Talvolta, però, queste misure non possono essere realizzate, o realizzate solo parzialmente. È il caso dei dipendenti esposti al fumo di terzi, come il personale di servizio in molti ristoranti». Intanto il comitato contro la legge è fiducioso in un buon risultato e continua a sfoderare, quale marchio di qualità, la trasversalità della sua compagine – che annovera figure come Ducry e Zambelloni – scesa in campo a difesa delle libertà individuali (si vedano riquadro e rubrica in pagina). «Il professor Franco Zambelloni – interviene ancora Polli – si trova davvero in una posizione equivoca: ha accettato di essere il copresidente di un comitato contrario ad una legge che tutela la salute pubblica e che al contempo aiuta la prevenzione pur continuando a ricoprire al contempo la carica di presidente di “Radix” un’associazione che promuove la prevenzione… tiri lei le sue conclusioni. Riguardo poi all’incostituzionalità della legge, come sostiene Ducry, basta leggerla la Costituzione svizzera per scoprire che non contempla da nessuna parte il “diritto di fumare”. Senza dimenticare che l’articolo n. 57 della Legge dà la facoltà agli esercenti di riservare dei locali, debitamente areati e separati dagli altri, ai fumatori. Smettiamola dunque di dire che la Legge è anticostituzionale e totalmente proibizionista».

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24.02.06

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