La mano invisibile

Accostiamo due notizie: il varo, al G20 di Roma  (l’incontro tra i rappresentanti dei Paesi più industrializzati) della “tassa minima” del 15 per cento sulle multinazionali; un rapporto della Deloitte (è la prima agenzia al mondo di servizi e consulenza finanziaria; fa parte delle cosiddette “big four”, le quattro più grandi aziende di revisione che enunciano ciò che finanziariamente va bene o male nei singoli Stati).


Sulla “tassa minima” del 15 per cento qualche preoccupazione serpeggia nella fiscalmente generosa Svizzera: potrebbe renderla meno interessante, sia per l’insediamento di nuovi gruppi, sia per quelli già presenti che si vedranno aumentare l’imposizione fiscale. Negli ambienti ufficiali ci si affretta però a parare il colpo e a  dire ciò che quando si propone una politica di sgravi fiscali si dimentica sempre di dire: la Svizzera ha degli “atout”, forse più importanti e determinanti di quelli fiscali. E quindi si elenca: elevati investimenti pubblici, e non solo privati, nella ricerca e sviluppo; livello elevato della formazione; università e politecnici di alto livello con prestigiosi dipartimenti di ricerca; stabilità politica, sociale ed economica; certezza e sicurezza del diritto; diritto del lavoro flessibile; infrastrutture moderne; approvvigionamento energetico; qualità di vita. È vero, si aggiunge subito, prudenzialmente: un ambiente fiscale attrattivo rimane indispensabile; la concorrenza fiscale intercantonale non va limitata (quindi, se tende a venir meno internazionalmente, manteniamola tra di noi).


Sullo studio dell’agenzia Deloitte si può attirare l’attenzione su tre fatti: 1) La Svizzera rimane il numero uno mondiale nella gestione dei patrimoni: nessun altro Paese al mondo riesce ad attirare altrettanti capitali privati. In termini concreti: 2.624 miliardi di dollari di attivi internazionali. 2) Nonostante la pandemia c’è stata ancora una crescita del 7,3 per cento, grazie anche all’apprezzamento del franco svizzero sul dollaro proprio durante la pandemia (ciò che confermerebbe la stabilità del sistema politico e finanziario). 3) Con la competitività la Svizzera è sempre al primo posto, ma con due debolezze: un mercato interno ridotto; la sospensione dei negoziati con l’Unione europea indebolisce il mercato finanziario svizzero e ne complica l’accesso a quello europeo.


Qualche osservazione? È interessante notare come, di fronte a un probabile aumento dell’imposizione fiscale delle multinazionali (imposto ancora una volta dall’esterno), si scopra che la forza attrattiva della Svizzera, nel bilancio complessivo, sia minimamente fiscale. Negli altri “atout” che si elencano, che ci rendono più attrattivi, c’è di fatto tutto quello di cui le multinazionali approfittano al massimo, ma che a noi cittadini costa e molto (investimenti pubblici, imposizione fiscale, stabilità politica, qualità di vita ecc.) mentre a loro costa poco o niente, quasi concessi per grazia statale. È poi inevitabile porre l’occhio su quei 2.624 miliardi di dollari di attivi finanziari che si rifugiano in Svizzera: un primato mondiale.

 

Proviamo a chiedere loro, che certamente scelgono il nostro paese per altri “atout” ritenuti eccezionali, uno 0,5 per cento a mo’ di contributo pubblico o di solidarietà, che non intaccherebbe per niente il primato della competitività gestionale: avremmo modo di sgravare una volta tanto in senso giusto le nostre imposte, quelle che paradossalmente ora paghiamo noi per loro, per renderli sicuri e contenti dei nostri servizi.

Pubblicato il 

08.11.21
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