Gli omicidi di Obama e le guerre di Hollande

Erik Hobsbawm, il grande storico marxista recentemente scomparso, in una delle sue ultime interviste dava un giudizio molto duro sulla sinistra odierna: «Non ha più niente da dire, non ha un programma da proporre» ed aggiungeva che ormai rappresentava soprattutto gli interessi di una parte della classe media. Se ce ne fosse ancora stato bisogno, recentemente in Francia uno studio della Fondazione Jaurès dimostra che ormai non più del 25 per cento della classe operaia si sente rappresentata dai socialisti.

 

Come è capitato in Germania quasi 100 anni or sono, quando improvvisamente il glorioso partito socialdemocratico con un gran voltafaccia votò i crediti per lo scatenamento della prima guerra mondiale, anche ora questi “cedimenti” dei dirigenti della “sinistra” (ma forse sarebbe più giusto parlare di tradimenti) si manifestano macroscopicamente a livello della politica internazionale. Prendiamo Obama, che ancora più di Bush sta usando l’arma delle uccisioni mirate con i droni per eliminare presunti terroristi: le vittime giustiziate senza nessun processo si contano già a centinaia. Anche tra i miei conoscenti, molti stentano a credermi, quando racconto loro che un paio di volte al mese Obama, in base ad una lista fornitagli dalla Cia, semplicemente tira una riga su qualche nome, ciò che corrisponde ad una sentenza di morte. Ed invece è proprio così: ancora il 5 gennaio scorso l’Herald Tribune si scandalizzava in un editoriale, ma non tanto per la procedura disumana, quanto per il fatto che un giudice aveva negato l’accesso alle informazioni segrete sul caso di una di queste vittime – un certo Awlaki - che avendo un passaporto statunitense ha suscitato l’interesse di alcuni gruppi di difensori dei diritti civili.


Ma anche Hollande non scherza, proprio ora che si prepara a calare le braghe per quanto riguarda la politica sociale e fiscale. Il “noioso François”, come ormai tutti lo definiscono, si dà da fare per copiare in questo campo il suo mediatico predecessore Sarkozy. Quest’ultimo, sia per cercare di vincere le elezioni sia per accaparrarsi il petrolio, aveva scatenato la guerra libica, con i risultati che ora vediamo. Hollande, rimettendosi il casco dell’ex-impero coloniale, si è lanciato in una guerra in Mali, che probabilmente finirà come quella dell’Afghanistan. Anche in Siria ha aumentato il suo appoggio ai ribelli, molti dei quali jihadisti (contro i quali invece si combatte in Mali!) e ciò non tanto per le nefandezze di Assad, ma soprattutto per sostenere il piano anglo-israelo-statunitense contro l’Iran. In compenso gli Stati Uniti gli stanno dando appoggio logistico in Mali.

 

Eh sì… non solo l’ondata neoliberista ci ha riportato le regole economiche che dominavano nel 19° secolo, ma anche sul piano internazionale ci risiamo col colonialismo e con la politica delle cannoniere. Ma poi perché meravigliarsi più di quel tanto, quando Tony Blair – che la vulgata socialliberale considera sempre ancora di sinistra – è stato uno dei maggiori responsabili di quell’enorme crimine di guerra rappresen-
tato dall’invasione dell’Iraq?

 

Pubblicato il

07.02.2013 15:58
Franco Cavalli
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