Grecia, un paese in ginocchio

La democrazia abolita nel paese che l'ha vista nascere. Una democrazia annientata dal ritmo incessante dell'approvazione di centinaia di decreti legge voluti dal governo per soddisfare le condizioni imposte dalla Troika (Ue, Banca europea e Fondo monetario internazionale). Senza le quali, nessun secondo pacchetto d'aiuti da 130 miliardi di euro.

Il risultato è la cancellazione della contrattazione collettiva, di forti tagli ai salari e alle pensioni, nel nome della stabilità del sistema finanziario del paese e dell'eurozona.
Nel dettaglio, le misure sono le seguenti. Nel 2012, la soppressione di quindicimila posti di lavoro nel settore pubblico andrà di pari passo con l'abolizione del posto fisso nelle società a partecipazione statale. Per quanto riguarda il salario minimo fissato per legge, non solo è stato ridotto del 22 per cento, ma è stata data la possibilità alle aziende private di abbassare gli stipendi anche in forma retroattiva. L'abolizione dei contratti nazionali, settoriali e aziendali si tradurrà in una contrazione complessiva dei salari fino al 40 per cento. Sia le pensioni regolari che quelle integrative sopra i 1'200 euro sono state tagliate del 20 per cento. Infine, i cittadini pagheranno anche la ricapitalizzazione delle banche senza aver diritto di voto nei consigli di amministrazione.
Globalmente, è il più grande taglio alla spesa di un paese in tempo di pace. Con un triste risultato: la popolazione non attiva supera quella attiva.
Oggi in Grecia ci sono 1,3 milioni di disoccupati, che supereranno il milione e mezzo entro la fine dell'anno. In un paese di undici milioni di abitanti. I greci si preparano dunque a passare il quinto anno consecutivo di recessione. La Commissione europea ha stimato per il 2012 una flessione economica del 4,4 per cento.

La democrazia commissariata

Il secondo pacchetto di misure volute dall'Ue alimenta la rabbia della gente, conducendo la Grecia verso un'esplosiva crisi sociale che travolgerà il sistema del bipartitismo corrotto del paese. Le elezioni in aprile sono invocate da più parti. Se dovessero aver luogo malgrado le forti pressioni della Troika per impedirle, il voto dei greci sarà fortemente condizionato. «Se dopo le elezioni in Grecia governeranno dei politici che vorranno abbandonare il programma di aiuto, lo abbandoneremo anche noi"» ha avvertito Jean-Claude Juncker il presidente dell'Eurogruppo.
Antonis Samaras, leader dei conservatori di Nuova Democrazia, chiede ripetutamente le elezioni, convinto che una sua immediata vittoria sarà sufficiente a fermare l'emorragia interna degli elettori e annientare lo storico partito rivale, il socialdemocratico Pasok. Nessun commentatore però si azzarda a scommettere che i due partiti tradizionalmente al potere avranno ancora i numeri per governare. La grande maggioranza dei greci vuole sì la permanenza del paese nella eurozona, ma chiede altre politiche per la diminuzione del debito.
L'incognita politica accompagna ormai da tempo quella economica. Questa volta non riguarda esclusivamente la crescita dei tre partiti di sinistra (i comunisti di Kke, la coalizione della sinistra radicale Syriza e la più moderata Sinistra Democratica), che tanta paura incutono alla troika, agli investitori e ai banchieri.
Ora ci sono nuovi soggetti. I deputati espulsi dai due partiti maggioritari perché contrari alle misure di austerità hanno dato vita a nuove organizzazioni politiche. Una mossa che non avrà ripercussioni negative solo per i conservatori di Nuova Democrazia e i socialisti del Pasok, ma anche per i tre partiti di sinistra finora unici beneficiari dei voti persi dai socialdemocratici. In ogni caso, si tratta di nuovi partiti che rafforzeranno il fronte del rifiuto della politica dei diktat dell'Ue.

Urne tra incendi e bombe

I tre partiti di sinistra hanno vinto la battaglia morale contro i partiti tradizionali e la troika. Ora ambiscono a incassare nelle urne la resistenza espressa dal movimento pacifico che ha portato nelle piazze milioni di greci. Gli atti di violenza e gli incendi di negozi, aiutati anche da "incappucciati" provenienti dalle forze dell'ordine, non hanno placato il forte risentimento contro la macelleria sociale in atto. Le cariche della polizia e i gas non mettono paura a chi perde il lavoro, a chi hanno decurtato lo stipendio o la pensione. Il governo "tecnico" di Papadimos confonde un grave problema sociale con l'ordine pubblico. La bomba, per fortuna inesplosa, trovata recentemente in un treno della affollata metropolitana di Atene fa crescere i timori di una strategia della tensione. Meglio contare le teste nelle urne che tagliarle.

Pubblicato il

02.03.2012 04:00
Argiris Panagopoulos
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